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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Politica Melendugno

"Tap, un'alternativa a San Foca": parte ufficialmente il tavolo tecnico

Dopo le dichiarazioni d'intenti e l'incontro faccia a faccia con Renzi nel corso della Fiera del Levante, oggi a Bari, prima riunione fra Vendola e sette sindaci salentini. Critiche da Mazzei di Forza Italia: "In ritardo di tre anni". E intanto Tap cresce con l'ingresso della spagnola Enagás

BARI – Si è svolto oggi a Bari un incontro fra il presidente della Regione, Nichi Vendola, e i primi cittadini di alcune comunità salentine. Tutti insieme, per avviare insieme un tavolo tecnico volto a presentare un sito differente, rispetto alla marina di San Foca, per l’approdo del terminale del gasdotto Trans Adriatic Pipeline.

Con Vendola, oggi, erano presenti: Marco Potì, di Melendugno, il comune sotto il quale ricade la giurisdizione di San Foca; Luca De Carlo, di Vernole, il cui territorio è confinante; Costantino Giovannico, di Lizzanello; Andrea De Pascali, di Castrì di Lecce; Giancarlo Mazzotta, di Carmiano; Fernando Leone, di Guagnano; Antonio Giuseppe Coppola, di Tricase.

“Si è stabilità una straordinaria sintonia tra l’amministrazione regionale e le comunità dell’intero Salento”, ha dichiarato Vendola in una nota, a margine, riportata sul sito della Regione. “Abbiamo condiviso un giudizio che è drasticamente negativo sulla localizzazione a San Foca, nel comune di Melendugno, dell’approdo del gasdotto Tap. Ed è questo un parere negativo che non è frutto di un pregiudizio ideologico, bensì di un giudizio scientifico condiviso da un’amministrazione centrale dello Stato come il ministero dei Beni culturali”. Un leit-motivi, quest’ultimo, che si riallaccia alle parole già espresse dal presidente Vendola nel corso dell’inaugurazione della Fiera del Levante, a Bari, il 13 settembre scorso.

In quell’occasione, una cinquantina di sindaci salentini si erano recati nel capoluogo proprio nella speranza di poter parlare della questione con il primo ministro Matteo Renzi. Una piccola delegazione, composta dai sindaci Potì e De Carlo, e integrata dal presidente regionale dell’Anci, il senatore Luigi Perrone, era riuscita alla fine a farsi accogliere, per un breve colloquio, durante il quale era emersa la ferma intenzione del premier di andare avanti con il progetto del gasdotto, ritenuto strategico per l’Italia, pur suggerendo di muoversi in tempi rapidi, onde individuare un’alternativa valida alla località della provincia di Lecce come approdo del gasdotto.     

“Abbiamo contestato - ha continuato Vendola - una localizzazione in un sito di pregio naturalistico culturale, archeologico, paesistico eccezionale e crediamo che questa individuazione sia completamente sbagliata”.

“Noi abbiamo dato la disponibilità a lavorare per la ricerca di siti alternativi. E per questo abbiamo deciso che da oggi parte un tavolo tecnico congiunto che si occuperà delle alternative localizzative”. Si tratterà, ha sottolineato il presidente regionale, di “un tavolo congiunto con Regione, sindaci e Anci”, così come aveva espressamente auspicato proprio Potì, al termine del breve incontro con Renzi.

“Io m’impegno – ha aggiunto Vendola -, da presidente, a garantire un atteggiamento di accompagnamento leale e determinato nella rivendicazione di un modello di sviluppo rispettoso delle caratteristiche di questa regione. Farò – ha sottolineato - tutto quello che è nelle mie competenze affinché il governo nazionale cambi opinione. E, ribadisco, non siamo sul terreno della contestazione ideologica. Le comunità che oggi si ribellano sono amministrate da governi sia di centrodestra che di centrosinistra”.

“Infine vorrei dire a Renzi – ha concluso Vendola – che in Puglia non c’è la sindrome di Nimby”, anche queste parole già proferite durante la Fiera del Levante. “Noi abbiamo detto tanti sì, ma vogliamo che questi sì siano compatibili con il nostro territorio, con la sua cultura e la sua storia. Da oggi Regione e sindaci sono come un solo uomo impegnati affinché il governo faccia una scelta saggia, cambiare cioè la localizzazione del gasdotto”.

Caustico, sul tema, il consigliere regionale di Forza Italia, Luigi Mazzei, salentino. “L’incontro di oggi – ha commentato - avviene soltanto con qualche anno di ritardo. La Regione doveva farlo dal 2011, anno in cui si presentò il progetto definitivo che prevedeva la localizzazione dell’opera proprio a San Foca. Doveva farlo quando la Tap aveva presentato una rosa di siti idonei alternativi per avere il coraggio di scegliere in concertazione con il territorio il luogo migliore. Sicuramente i sindaci avrebbero avuto la sensibilità di contribuire alla scelta migliore, cercando di trarre il massimo vantaggio per le loro comunità”, ha aggiunto. 

Mazzei, dunque, rincara la dose e addita anche Sergio Blasi e Antonio Maniglio che, a suo dire, “tentano di smarcarsi dalle loro responsabilità quando, invece, sono complici a tutti gli effetti insieme all'intero Partito democratico, che ricordiamo è guidato da Michele Emiliano, della situazione difficile in cui oggi il Salento si trova con una scelta fatta sulla testa dei cittadini e degli amministratori”. Critiche, ovviamente, anche a Renzi, accusato di passare “sopra ogni spinta territoriale” decidendo “dispoticamente di dare avvio ai lavori in Azerbaigian”.

Diversamente la pensa il senatore di SeL Dario Stefàno, secondo cui “l'incontro di oggi ha confermato la totale sintonia e unità d'intenti tra la Regione Puglia e le comunità sulla tormentata questione del gasdotto Tap che qualcuno nel corso di questi mesi ha provato in più modi a mettere in discussione". Per Stefàno, dunque, si "apre una fase nuova nel procedimento, quello previsto dal Dpr 327/2001, che conferma quanto da mesi stiamo dicendo: la Puglia e il Salento dicono no alla Tap sulla base di motivazioni tecniche robuste".

Tutto questo, mentre proprio oggi Trans Adriatic Pipeline annuncia l’ingresso nel progetto di Enagás. La compagnia spagnola detiene ora una quota del 16 per cento dell’azienda. Nel contempo, Fluxys ha incrementato la sua quota dal 16 al 19 per cento. Un assetto – spiega la holding – che è la conseguenza dell'acquisto da parte di Enagás e Fluxys del 19 per cento di azioni in precedena nel portafoglio di E.On (9 per cento) e Total (10 per cento). Ad oggi, dunque, l'azionariato di Tap è oggi composto da Bp (20 per cento), Socar (20 per cento), Statoil (20 per cento), Fluxys (19 per cento), Enagás (16 per cento) e Axpo (5 per cento).

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