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Giovedì, 28 Marzo 2024
Politica

Tira e molla sulla Colonna. Brindisi fa sul serio

La disputa sulla Colonna regalata 4 secoli fa a Lecce è ancora accesa. Il sindaco Mennitti ha convocato una commissione di dodici esperti che dovrà studiare il caso. A fine anno le conclusioni

Brindisi non molla. Il sindaco Domenico Mennitti non si arrende di fronte alle risposte un po' piccate del primo cittadino Paolo Perrone e degli stessi cittadini di Lecce. Anzi, sul caso della Colonna che quattro secoli fa i brindisini regalarono ai leccesi in onore di Sant'Oronzo, il quale, secondo la leggenda avrebbe preservato le due città da una terribile epidemia di peste, parte con un contrattacco deciso. Questa mattina ha infatti convocato nel Municipio una commissione di esperti. Dodici accademici illustri ai quali è demandato uno studio sulla questione e, di conseguenza, anche la possibilità di dirimere la controversia. E piuttosto accorato è apparso lo stesso intervento di Mennitti, che ha ricordato come "quello della collocazione delle colonne romane non rappresenta un problema banale o comunque legato a convinzioni di tipo campanilistico".

Il sindaco di Brindisi ha menzionato i vari interventi su una sponda e sull'altra a difesa delle diverse tesi ed ha ricordato di aver contattato personalmente ordinari universitari e personalità del mondo della cultura, "proprio per capire se la mia richiesta di riportare a Brindisi la colonna romana che oggi è ubicata a Lecce fosse dettata da un mio convincimento personale o se, al contrario, avesse qualche fondamento". Ecco, dunque, la nascita della Commissione, un seminario di studio che avrà il compito di approfondire il dibattito, in "un confronto ad altissimo livello", ha ricordato Mennitti. E al termine dell'anno, sarà indetto indire un convegno nel quale saranno illustrati i risultati degli studi.

La commissione è composta da: Nino Bevilacqua, ordinario di Architettura dell'Università di Palermo; Aldo Bonomi, sociologo, fondatore e direttore del Consorzio Aaster (Associazione agenti di sviluppo del territorio); Giacomo Carito, direttore dell'Ufficio beni culturali dell'Arcidiocesi Brindisi-Ostuni; Pierluigi Cerri, architetto-designer della Triennale di Milano; Claudio D'Amato, ordinario di Disegno industriale del Politecnico di Bari; Francesco D'Andria, ordinario di Storia dell'arte greca e romana dell'Università del Salento; Massimo Guastella, docente di Storia dell'arte contemporanea dell'Università del Salento; Fabio Lacinio, dirigente del Settore beni monumentali del Comune di Brindisi; Francesco Mancuso, ordinario di Architettura dell'Università di Venezia;
Maurizio Marinazzo, funzionario del Settore beni monumentali del Comune di Brindisi; Maria Pia Pettinau Vescina, Storica del tessile antico e della moda; Davide Rampello, presidente della Triennale di Milano. La presidenza del gruppo di studi è affidata allo stesso sindaco ed ai lavori parteciperà anche il presidente della Provincia Michele Errico.

La disputa sulla proprietà di una delle due Colonne terminali dell'antica Via Appia, quella ceduta a Lecce e sulla quale successivamente è stata posta la statua del santo patrono locale, è antica quasi come la sua cessione stessa. Ciclicamente torna di moda e quest'anno, a dare nuova linfa alla discussione fra vicini di casa è stato proprio Mennitti, che il 18 settembre scorso ha avanzato formale "reclamo" via lettera al sindaco di Lecce. "La richiesta mi sembra un po' grottesca e soprattutto è una martellata alle aspirazioni di quel Grande Salento che pretende anche buon senso e grande collaborazione tra gli enti territoriali", ha commentato a conclusione di una missiva di risposta Perrone, quel giorno stesso (https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=3681). Ma la controversia, piuttosto che bloccarsi lì, si è alimentata con nuove polemiche, tanto che Perrone è immediatamente ritornato sul caso, facendo riferimento, in una più lunga e articolata lettera, ricca di elementi storici, ad una "'scortesia storica'" da parte di Brindisi "sulla base della considerazione che, trattandosi di un dono e non di un oggetto defraudato o acquisito illegalmente o frutto di bottino di guerra, richiederne la restituzione appare una sorta di sgarbo proprio a quella comunità che volle ringraziare il nostro Santo Patrono in quel modo". Insomma, la vicenda è tutto, fuorché archiviata.

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