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Imposta di soggiorno: Uil dice sì se utile ad un fisco più equo

Il sindacato ripercorre le tappe dell'introduzione di questa tassa. Il segretario Loy: "I proventi siano utilizzati per rimettere in moto l'economia locale delle mete turistiche"

LECCE - Correva l’anno 2010, quando fu istituita nella capitale per ripianare il deficit comunale; fu poi introdotta strutturalmente per tutti i Comuni dal governo Berlusconi, con il decreto legislativo sul fisco municipale, in attuazione del federalismo fiscale. Parliamo dell’imposta di soggiorno e dell’imposta di sbarco, tassazioni facoltative (di carattere locale) applicate a carico delle persone che alloggiano nelle strutture ricettive situate in località turistiche o città d’arte. Storicamente non è una novità: in Italia fu istituita per la prima volta nel 1910 per le località termali e balneari e poi nel 1938 estesa alle città d’arte. Fu abolita nel 1989 alla vigilia dei mondiali di calcio del 1990. Ma come funziona? L’imposta di soggiorno, da istituirsi con regolamento comunale approvato dal Consiglio, può essere applicata da 10 centesimi a un massimo di 5 euro per notte di soggiorno (fa eccezione Roma dove l’imposta può arrivare a 10 euro per notte); mentre la tariffa per la tassa di sbarco sulle isole minori è di 1,50 euro a persona. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, di manutenzione, fruizione e recupero di beni culturali e ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali.

Le modalità di applicazione sono diverse e vanno dal versamento di un importo fisso a un importo variabile a seconda delle stelle della struttura. La maggioranza dei comuni ha scelto di diversificare le tariffe in base alle “stelle” attribuite alle strutture. Si paga per una o più notti in albergo, ma anche campeggi, bed and breakfast e agriturismi sono toccati dall’imposta. Se nel 2011, anno di esordio di tale imposta, prevista dal decreto sul federalismo municipale, i Comuni che avevano optato per l’imposta si contavano sulle “dita di una mano” (Venezia, Roma, Firenze, Catania, Padova, Vieste, Villasimius e pochi altri). A queste città o località turistiche se ne sono aggiunte, nel tempo, molte altre.  Ad oggi, nel 2016, secondo il servizio politiche territoriali della Uil, sono 650 i Comuni che applicano l’imposta di soggiorno, dato stabile rispetto al 2015 e in aumento del 14 percento rispetto al 2014. Per quest’anno, anche questa tassa, come le altre imposte locali, è soggetta al blocco degli aumenti decisi a livello nazionale con la legge di Stabilità.

Non solo le grandi città , ma dal mare alla montagna, dalle località termali alle località sui laghi, vale a dire le cosiddette località turistiche, i comuni hanno introdotto il balzello: tra queste figurano anche le pugliesi Vieste, Ostuni, Alberobello, Gallipoli, Otranto, e Ostuni. E così, secondo un’analisi del sindacato Uil, a Roma per una notte in un albergo 3 stelle si paga 4 euro, per un albergo di lusso 7 euro, in un B&B 3,50 euro, in agriturismo 4 euro e in campeggio 2 euro. In generale si tratta di un’imposta che nel 2015 ha generato un gettito per le casse dei Comuni di oltre 431 milioni di euro, in aumento del 20,5 percento rispetto al 2013, quando i comuni incassarono 342 milioni di euro (più 89 milioni di euro).

In particolare, a Roma nel 2015 l’imposta ha prodotto un gettito di 123,1 milioni di euro; a Milano 61 milioni di euro; a Venezia 27,5 milioni di euro; a Firenze 26,7 milioni di euro; a Rimini7 milioni di euro; a Torino 5,9 milioni di euro; a Napoli 4,5 milioni di euro. “In linea generale - conclude Guglielmo Loy, segretario confederale Uil - non siamo contrari a priori a questa imposta, preferibile all’aumento delle addizionali Irpef o della Tari e, quindi, meglio ricorrere a questa leva fiscale, purché essa sia propedeutica a disegnare un fisco locale più equo e, soprattutto, se i proventi di questa “tassa” siano utilizzati per creare, soprattutto in quelle località ad alto impatto turistico, quel circolo “virtuoso” in grado di mettere in moto l’occupazione locale attraverso investimenti nelle opere infrastrutturali turistiche. Quindi una vera e propria tassa di scopo che dovrebbe essere finalizzata al miglioramento della qualità dei servizi della città”.

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