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Un candidato per condominio

Ottocento candidati alle comunali di fronte a 78.920 votanti. A conti fatti, c'è un candidato ogni 100 elettori, che ora rischia di vedersela con il capo-condomino. A chi giova tutto questo?

Ottocento candidati in tutto, dalle cinque circoscrizioni passando per le 23 liste che sostengono i cinque nomi che prenotano la poltrona di sindaco a Lecce. Un esercito di uomini e donne con la divisa di benefattori, di altruisti, che al posto di starsene a casa con le rispettive famiglie, sui propri posti di lavoro, nei propri studi professionali, sono disposti a sacrificare molto del loro prezioso tempo per il bene degli altri, per rendere la città più funzionale, moderna e vivibile. Sono dei volontari, pensateci bene, un esercito di volontari che ambiscono a Palazzo (Consiglio comunale) o alla percorrenza dello scorrimento veloce verso quelle sale (presidenti e consiglieri delle circoscrizioni, un specie di gavetta per chi vuol intraprendere la carriera politico-amminstrativa). Ottocento. Che scendono sotto i colori della politica per passione e per "missione".

Non è stato imposto loro dal medico di famiglia, e poi che ragionamenti sono, qualcuno dovrà pur farlo, no? Sono volontari, appunto. E a Lecce decidono di diventarlo in 800, tutti armati di buoni propositi. Ci mancherebbe. Ma a differenza dei volontari, quelli veri, che non chiedono nulla per dare una mano agli altri, questi qualcosa te la chiedono: il voto. Un "segno" di fiducia, con la promessa che, poi, una volta eletti e dentro il Palazzo, faranno bene.

Ora la domanda sorge spontanea: 800 candidati non è forse un numero sproporzionato, eccessivo, inadeguato, invadente, sconveniente non solo per l'esercito degli aspiranti ma per l'immagine della città? Guardate quanto è piccola Lecce, leggete questa cifra: 78.920. E' il numero dei votanti che il 27 e 28 maggio andranno alle urne, tanti quanto sono in un quartiere di Roma. Ciò significa che a Lecce si presenta un candidato ogni 100 persone. Come dire, un candidato per condominio.

Rendiamo ancora tutto più concreto e con un tocco di fantasia sforziamoci di materializzare gli 800 "santini". Immaginate l'esercito della destra, della sinistra e del centro darsi appuntamento in piazza Sant'Oronzo. I cinque candidati sindaci con i piedi sull'ovale della Lupa e intorno, uno vicino all'altro, gli altri 795. Senza bandiere, senza proclami. Senza parole: arrivano sotto i portici del Mc-Donald's, si espandono tra le due edicole della piazza… sono davvero tanti, perdindirindina. E sono lì, in religioso silenzio, nemmeno un mormorio, una parola, nulla. Poi, da via dei Templari, sbuca un pensionato, con in mano una confezione di cioccolata che ha comprato per i nipotini. Se li ritrova davanti, gli ottocento. Un scena da film alla Hitchcock. Capisce che sono loro, quelli che si sono candidati, e gli viene da chiedere a tutti: perché dovrei votarvi, perché mi chiedete il voto? Apriti cielo. A chi dare retta.

Ecco la domanda di questo vagheggiare: a chi dar retta se un candidato dovesse parlare lasciando da parte il partito di appartenenza? e quanto tempo abbiamo a disposizione per conoscere 800 candidati, per scoprire cosa hanno da raccontarci, per capire qual è il loro valore di persone sopra la demagogia, il qualunquismo, gli interessi di bottega, la finzione diffusa, come quella magistralmente rappresentata dal personaggio di Antonio Albanese, "Cetto La Qualunque".

Ottocento candidati cosa cercano veramente con il voto di Lecce? Quale "guerra" c'è da vincere e per conto di chi? Cosa volete da noi, semplici elettori, che staremo sempre da quest'altra parte, dove nessuno, mai, si sognerebbe di candidarsi? Perché dobbiamo votarvi? Ditecelo con il cuore.

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