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Giovedì, 28 Marzo 2024
Politica

"Vendo volume tecnico". E niente oneri verso il Comune

Giovanni D'Agata di Italia dei Valori punta l'indice contro un "business di massa": gli annunci che indicano la cessione di volumi tecnici. "Spesso si tratta di opere abusive. I Comuni controllino"

Quante volte sarà capitato di imbattersi in un annuncio come questo? "Attico/Mansarda in vendita a Lecce" e con descrizione di questo tipo: "Vendesi volume tecnico di mq 40 più terrazzi composto da ingresso, angolo cottura letto, bagno"? "Un'indagine del Dipartimento tematico "Urbanistica ed Edilizia" di Italia dei Valori della Provincia di Lecce - spiega il componente nazionale Giovanni D'Agata - rivela l'ultima fonte illegittima di lucro: il nuovo business dei volumi tecnici delle abitazioni come veri e propri mini-appartamenti". Da qui, la richiesta ai Comuni: "Sono necessari più controlli". Anche perché ad essere raggirati sono proprio loro, i Comuni. Che non vedono entrare oneri in cassa. "A Lecce, e non solo - prosegue D'Agata -, è divenuta abitudine diffusa la vendita di volumi tecnici, da parte di singoli privati e di numerose agenzie immobiliari". Si tratta di annunci sparsi spesso su Internet, ma "che si possono tranquillamente reperire su riviste specializzate per la vendita-affitto di immobili e nelle vetrine delle agenzie immobiliari. Il regolamento edilizio del Comune di Lecce - spiega ancora l'esponente di Idv - prevede l'esistenza dei volumi tecnici come vani accessori all'abitazione stessa".

Il regolamento spiega infatti che "…dal computo delle altezze massime dei fabbricati e delle singole fronti, sono esclusi i volumi tecnici destinati a contenere le apparecchiature ed installazioni occorrenti per le esigenze degli impianti tecnici dell'edificio o le scale di accesso e di sicurezza, purché non abbiano altezza maggiore a metri 3,00…". Dal computo dei volumi sono esclusi "….i volumi tecnici contenuti nei limiti stabiliti nel comma precedente". Secondo D'Agata, "queste specifiche stanno a significare che, non essendo i volumi tecnici computati come volumetria, sono esclusi anche dal pagamento degli oneri di costruzione. L'abitudine di posizionare detti volumi sopra il tetto e collegati con l'edificio stesso, porta all'utilizzo degli stessi come ulteriori vani dell'abitazione (utilizzandoli come cucine, letto, bagni collegati all'appartamento con scala interna) oppure, quando le superfici sono consistenti, a creare veri e propri mini-appartamenti".

"La vendita-affitto dei volumi tecnici produce fonte di reddito senza che sia pagato nessun onere al Comune", sbotta D'Agata. Che rincara la dose citando il decreto ministeriale Sanità del 5 luglio 1975. Il quale, sul tema delle "modificazioni alle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 relativamente all'altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali di abitazione" all'articolo 1 dice: "L'altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione è fissata in m 2.70, riducibile a m 2.40 per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti ed i ripostigli." Spiega ancora D'Agata: "In genere i volumi tecnici hanno un'altezza non superiore ai 2,40 metri, altezza che appunto li rende per legge non abitabili. E', quindi, assolutamente scorretto ed oltremodo ingannevole immettere sul mercato tali vani con annunci come quelli suddetti. Peraltro, non è un azzardo sostenere che la realizzazione di un volume tecnico composto da "ingresso, soggiorno, angolo cottura, letto, bagno", implica, di fatto, che il proprietario abbia commesso un abuso edilizio, spesso non a conoscenza degli acquirenti o dei potenziali conduttori". Secondo D'Agata, si ravvisa una sorta di "abuso di massa" al quale i Comuni dovrebbero dunque porre in qualche modo un argine.

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