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Giovedì, 18 Aprile 2024
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La vertenza Mps Salento sbarca a Roma. Depositata l’interrogazione parlamentare

L'intera delegazione parlamentare locale, prima firmataria Teresa Bellanova, sollecita l'intervento dei ministri del Lavoro e dell'Economia, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali. 182 persone coinvolte nel processo di ristrutturazione aziendale

LECCE – La vertenza dei lavoratori salentini, interessati dal provvedimento di esternalizzazione delle attività di back office disposto dalla Banca Monte dei Paschi di Siena, viene portata all’attenzione del governo nazionale. Il deputato del Pd, Teresa Bellanova ha infatti sottoscritto un’interrogazione parlamentare che si pone un obiettivo preciso: sollecitare i ministri del Lavoro e dell’Economia all’apertura di un tavolo interministeriale con tutti i soggetti coinvolti nel percorso di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale,  per “individuare ogni possibile strada che abbia come interesse preminente la salvaguardia dei livelli occupazionali”.

L’interrogazione presenta la firma dei deputati dell’intera delegazione parlamentare salentina Raffaele Fitto, Salvatore Capone, Roberto Marti, Rocco Palese, ma si tratta di una sollecitazione non nuova dal momento che, come la stessa Bellanova ricorda, già “nel luglio 2012 si è posto il problema dei dipendenti dell’istituto di credito che aveva annunciato un processo di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, con il Piano di impresa 2012-2015, facendo emergere non poche preoccupazioni tra i lavoratori operanti presso il gruppo”.

L’interrogazione ripercorre gli ultimi diciotto mesi e salda intorno all’esternalizzazione del back office annunciata dalla banca i “paradossi” della vicenda, tra cui la particolare penalizzazione del territorio salentino e le informazioni, in un primo tempo diramate dalla banca, circa “una nuova società in partnership con un nuovo soggetto, e che avrebbe visto il Mps come azionista”, funzionale all’esternalizzazione, smentite poi successivamente dal concatenarsi dei fatti.

“L’attuale situazione - si legge nell’interrogazione -, vede come unici soggetti interessati a divenire azionisti di questa nuova società due aziende non bancarie, Bassilichi e Accenture”. “La banca - proseguono i firmatari -, si è di fatto defilata, e se per un anno ha sostenuto con mercato e lavoratori che non avrebbe esternalizzato, ma solo ‘societarizzato’, mille dipendenti con le relative attività, oggi a pochi giorni dalla realizzazione del progetto scopre le carte e scompare della compagine azionaria del nuovo soggetto”.

Non solo. “Dalle informazioni raccolte dai lavoratori - prosegue l’interrogazione - sembrerebbe che le società interessate all’acquisizione delle attività oggetto di esternalizzazione non siano nelle condizioni di offrire garanzie adeguate in una prospettiva di lungo termine. Nello specifico, infatti,  Bassilichi sarebbe un gruppo composto, ad oggi, da circa mille e 100 dipendenti per i quali pare siano in atto procedure di riduzione dell’orario di lavoro, di cassa integrazione e solidarietà.  Accenture sembrerebbe essere una società da anni interessata ad operazioni di outsourcing che pare abbiano portato alla precarizzazione di molti lavoratori (ad esempio la vertenza lavoratori Tess)”.

Per quanto riguarda, nel dettaglio, la situazione della provincia di Lecce, è bene ricordare come l’operazione avesse inizialmente previsto il coinvolgimento potenziale di una platea di 2mila e 58 lavoratori, tutti appartenenti alla divisione denominata Daaca, allocati su 7 diversi poli (Siena, Lecce, Milano, Padova, Roma, Firenze e Mantova).

Successivamente l’istituto, come riportato da una nota scritta dagli stessi dipendenti, ha successivamente definito il perimetro dei soggetti da esternalizzare: mille e 85 unità, il 52 percento del totale. Il dato più preoccupante riguarda proprio il territorio salentino nel quale, la percentuale delle persone interessate dalla cessione, raggiungerebbe quasi il del 70 percento. Quindi sarebbero182 su 267 i lavoratori salentini che fuoriuscirebbero dall’istituto e tanti quelli che sarebbero a rischio licenziamento a causa dell’età media, che a differenza degli altri poli coinvolti, risulta essere piuttosto bassa (circa 45 anni) e quindi lontana da prepensionamenti. 

A giusta ragione dunque, sostengono i parlamentari “i lavoratori lamentano che non si parla di piano industriale, ma semplicemente di taglio dei costi operato solo sul personale e chiedono, come sia possibile che Mps ceda le attività ed i lavoratori che le svolgono ad una nuova società che promette di fornire a Bmps le stesse attività, con lo stesso personale, dietro il pagamento di un canone ben più basso del costo del personale stesso”.

Ecco dunque la necessità di un’azione forte e autorevole che porti allo stesso tavolo tutti i soggetti coinvolti nella vicenda. Come sottolinea proprio Teresa Bellanova: “Il Salento non può permettersi la perdita neanche di un solo posto di lavoro, ormai. Faremo tutto quello che è in nostro potere per scongiurare un’offensiva di questa portata”.

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