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Via Brenta, il Pd: "Perrone sapeva sin dall'inizio"

Rotundo e Torricelli sulla transazione ottenuta dal Comune: "Soddisfatti sì, ma per anni si sono voltati dall'altra parte e non hanno dato risposte". E ancora: "Il risanamento dei conti non esiste"

LECCE - Se c'è qualcuno che recita due parti in commedia, cercatelo a Palazzo Carafa. Da via Tasso, sede provinciale del Partito democratico, il messaggio parte forte e chiaro. Destinatario in sindaco di Lecce, Paolo Perrone. A mandarglielo Antonio Rotundo, Antonio Torricelli e tutto il gruppo consiliare che alla "favola di via Brenta" proprio non vuole prestarsi. Presenti anche il segretario provinciale, Salvatore Capone, quello cittadino, Fabrizio Marra, e la parlamentare Teresa Bellanova.

Dopo l'annuncio dell'accordo, presentato in conferenza stampa, tra il Comune e la "Selmabipiemme" (https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=30198), i consiglieri di opposizione hanno aperto i loro fascicoli sotto gli occhi dei cronisti per riportare tutti gli attori della vicenda al ruolo che gli spetta nel copione. Ribadita la soddisfazione per la transazione ottenuta - "questo perché abbiamo sempre improntato la nostra azione all'interesse generale", ha premesso Rotundo - il capogruppo ha rivendicato la coerenza con cui il partito ha denunciato prima e seguito poi la vicenda legata ai palazzi giudiziari. Se anzi, l'amministrazione attuale e quelle precedenti - in cui Perrone è stato prima assessore al Bilancio e poi vicesindaco con delega ai lavori pubblici - avessero dato ascolto ai rilievi della minoranza e risposto a tutti gli atti amministrativi e politici presentanti nel corso degli anni per capire cosa stesse davvero succedendo, invece di voltarsi dall'altra parte, il Comune di Lecce avrebbe risparmiato molto di più.

E così sono comparse sul tavolo di via Tasso le interpellanze - a partire da quella di Carlo Benincasa del 2005 -, i resoconti delle conferenze stampa - come quella di Carlo Salvemini, sempre del 2005-, i sit-in ripetuti negli anni in via Brenta fino alle interrogazioni parlamentari di Teresa Bellanova. Insomma, questo il senso dell'intervento di Antonio Rotundo, il centro sinistra di ieri come quello di oggi ha fatto per intero la propria parte, ed è stata sempre la stessa. Con l'obiettivo di mettere gli amministratori di centrodestra davanti all'evidenza del torto che si stava consumando, in quell'operazione, ai danni della città. E invece, ha sottolineato il leader della minoranza, c'è stato bisogno di una imponente indagini della guardia di finanza per "costringere" il Comune ad attivare l'azione giudiziaria in un'ottica di autotutela: "Solo allora è partita la rincorsa di Perrone".

Correva l'anno 2001 quando Antonio Torricelli, rispose all'allora sindaco Adriana Poli Bortone con un articolo dal titolo "Ecco qui tutta la verità sul palazzo di via Brenta", quello che il Comune avrebbe potuto riscattare dopo il primo anno di leasing per la stessa cifra (13 miliardi di lire) che avrebbe pagato con i canoni, acquisendo al proprio patrimonio una sede per l'espletamento di servizi fondamentali. Poi venne il secondo edificio, "per il quale l'amministrazione ha corrisposto il canone per tre anni prima ancora che venisse utilizzato". Il consigliere, che è stato coordinatore del partito proprio da quell'anno fino al 2006, ricorda le enormi pressioni istituzionali che furono fatte perché la magistratura - "che ha i suoi tempi" - si attivasse.

Collegando infine la vicenda specifica al discorso generale dei conti pubblici di Palazzo Carafa, gli esponenti del Pd hanno smontato la teoria del risanamento, mantra del sindaco e dell'assessore al Bilancio, Attilio Monosi. "Il risanamento fittizio lo sta pagando il contribuente onesto di questa città, il cittadino che paga regolarmente l'Irpef e le addizionali". Ma i debiti del passato e del presente, di pochi giorni addietro la denuncia di un saldo negativo di 49 milioni scaricato sulle amministrazioni che verranno (https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=30195), piomberanno come macigni sulle spalle dei leccesi di domani: "Arriveremo al punto - ha concluso Torricelli - in cui la spesa corrente dell'ente sarà ingessata dai debiti da pagare".

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