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"Attuti, curnuti e cacciati de casa". Il vuoto della politica, senza distinzioni

L'auspicio da parte del premier dell'intervento della magistratura per aiutare a fermare i lavori per il gasdotto suona come dichiarazione di impotenza che però non assolve nessuno dei protagonisti

LECCE – Non è necessario aspettare l’arrivo della Adhemar de Saint Venant al largo di località San Basilio per constatare il decesso della politica o di quel che ne rimaneva in questa epoca di totale sudditanza alle geometrie variabili dell’interesse finanziario del capitale globale.

La certificazione, involontaria, è infatti in uno stralcio del commento che il sindaco di Melendugno, Marco Potì, ha inserito sul suo profilo all’alba di oggi, solo alcune ore dopo l’incontro con il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, e con i ministri Barbara Lezzi e Sergio Costa sul gasdotto che prevede l’approdo a San Foca:

“E poi c’è Conte che ha auspicato più e più volte l’intervento della magistratura inquirente, anche per essere facilitato come governo nell’azione di blocco del Tap. Su questo si basano le nostre speranze future. Sul rispetto della legge e della legalità”.

Se è vero quanto riportato dal primo cittadino No Tap, si resta basiti all’idea che un premier invochi l’intervento della procura della Repubblica. Volendo, ha pure i servizi segreti a disposizione, oltre ad una serie articolata di strutture ministeriali, per verificare se ci sono elementi tali da ritenere politicamente un errore l’inerzia del suo governo dinanzi al procedere dell’iter progettuale oramai alle soglie della fase realizzativa più impattante. Meglio sperare che quella di Potì sia stata una trasposizione approssimativa, dettata dalla concitazione e dalla speranza di vedere ancora la luce in fondo al tunnel.

Nell’esecutivo, del resto, Potì aveva riposto delle speranze e, ancora ieri, al termine dell’incontro, il primo cittadino ha riconosciuto una apertura e una disponibilità all’ascolto che i predecessori di Conte avevano negato. Quando il premier e Potì si congedarono al termine del primo confronto, quello del 2 di agosto, l’impegno era di rivedersi una volta concluso l’approfondimento tecnico che il capo del governo riteneva di dover esperire. Secondo il “metodo Ilva”, si disse allora. Gli esponenti locali del suo partito, è cosa nota, sono sempre stati genuinamente contrari al progetto e su questa posizione, rinforzata dalle incursioni di leader a livello nazionale, è stato costruito il travolgente successo elettorale nei territori più direttamente interessati dal gasdotto.

La convocazione giunta domenica sera, quindi, ha fatto ritenere, per logica, che si fosse giunti a una conclusione. Altrimenti perché convocare il sindaco? Certo, le indiscrezioni trapelate la scorsa settimana sull’imminente ripresa dei lavori – da giorni una nave lunga 95 metri è in banchina nel porto di Brindisi - devono aver suggerito un’accelerazione dei tempi. Anche perché un altro nodo per il governo in carica è la gestione del dissenso, della “piazza”, evitando quella tendenza a infierire dal punto di vista repressivo su un movimento e più in genere su una comunità che si è ritrovata, senza alcune esperienza politica specifica, nei panni di Davide contro Golia. La saggezza popolare viene in soccorso: “Attutu, curnutu e cacciatu da casa” si dice da queste parti per rendere più colorita l’espressione “oltre il danno, la beffa”.

I resoconti e le dichiarazioni registrati nella tarda serata di ieri non hanno consegnato però un punto finale, ma hanno rimandato di uno o due giorni l’ufficializzazione di un verdetto che soltanto un colpo di scena clamoroso può ulteriormente rimandare: sembra quasi che nessuno se la senta di dire che l’opera si farà. Ecco, dunque, l’evocazione della “magistratura inquirente” e di ulteriori verifiche su aspetti considerati opachi, come quello relativo alla presenza della posidonia, pianta acquatica tutelata a livello comunitario. La scelta dell’approdo di San Foca, infatti, è maturata anche perché è stato escluso che ci fossero concentrazioni rilevanti nel mare di San Foca interessato dal tracciato.

Un altro aspetto discusso della vicenda, a dirla tutta, è quello del diniego dell’assoggettabilità alla normativa Seveso - sul rischio di incidenti rilevanti - del progetto del terminale di ricezione del gas. Escludere l’applicazione di quelle regole ha consentito di evitare un nuova e più complessa procedura di valutazione ambientale. Ma, in entrambi i casi, si tratta di questioni note da molte tempo, eppure le procedure seguite sono state validate dagli apparati ministeriali mentre ricorsi, esposti e accessi agli atti sono stati sostanzialmente neutralizzati in tutte le sedi, anche giudiziarie.

Per il governo dunque, più che la scelta in sé, che ritiene di fatto politicamente irreversibile ed economicamente troppo onerosa in quanto eredità consolidata degli esecutivi precedenti, appare complessa la gestione della comunicazione, anche in vista della campagna elettorale per le elezioni europee e degli impegni presi in quella, di primavera, per le politiche. Non bisognerebbe mai promettere ciò che non si può mantenere. Per fare il possibile si deve intanto volerlo davvero, ma è comunque diverso dal dire "lo fermeremo in due settimane".

Senza dubbio, è bene sottolinearlo, l'affaire gasdotto va molto oltre le recenti scadenze del voto e non segna la sconfitta di questo governo in particolare, ma la resa generalizzata della dimensione politica, senza soluzione di continuità e senza distinzioni di colore. Una questione enormemente complessa che concerne il concetto stesso di democrazia, rispetto alla quale auspicare l'intervento della magistratura sarebbe come arginare una falla con un tappo di sughero.

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