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Salute

Percorsi nascita in pandemia: l'allarme di "Rinascere al Naturale"

L'associazione è nata in Puglia nel 2012. L'emergenza sanitaria, si sottolinea nel contributo che segue, ha esasperato il ricorso a prassi molto rigide, in contrasto anche con le raccomandazioni di Oms e Iss

LECCE - Portare avanti una gravidanza, in tempi di pandemia, comporta un supplemento di difficoltà. Le restrizioni dovute all'emergenza sanitaria hanno determinato situazioni complicate che l'associazione "Rinascere al Naturale" monitora e segnala. Sin dal 2012, del resto, l'associazione di occupa di sensibilizzazione sulla necessità di percorsi nascita rispettosi per madri e bambini. Di seguito il contributo, a firma di Valeria Nicoletti, che abbiamo ricevuto*.

"Anche per i punti nascita e le maternità, così come per altri settori, la pandemia è stata un faro acceso sulle condizioni reali e sulle criticità interne agli ospedali di Puglia, rivelando o spesso accentuando cattive prassi e il non rispetto delle raccomandazioni dell’Oms. E, anche a distanza di quasi due anni dall’inizio dell’emergenza, con l’attuale aumento dei contagi, le donne tornano a vivere momenti da incubo in quello che dovrebbe essere uno dei giorni più intensi e importanti della propria vita. Una donna con Covid19 dovrebbe essere sostenuta ad allattare in maniera sicura, a praticare il contatto pelle a pelle con il proprio neonato e a tenerlo in stanza con lei: sono le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Oms e in Italia si conoscono già dall’inizio dell’emergenza sanitaria".

“In alcuni ospedali pugliesi, purtroppo, succede tutt’altro - afferma Denise Montinaro, presidente dell'associazione -. Donne sole nelle stanze, che dopo un cesareo non riescono ad alzarsi per prendere il vassoio del cibo; padri che hanno rivisto i figli dopo giorni; bambini separati dalle mamme perché positive al Covid. Da quando è iniziata l’emergenza sanitaria, le partorienti hanno vissuto l’incertezza di non sapere come sarebbe andata la propria esperienza di parto in ospedale, e alcune delle testimonianze che ci sono arrivate parlano di gravi violazioni di diritti. Purtroppo, se tutto ciò era in qualche modo immaginabile all’inizio dell’emergenza, dopo quasi due anni, che si continui a violare i diritti delle madri è inaccettabile”.

"Nonostante la campagna vaccinale in corso, in nome della sicurezza, sono periodicamente e ripetutamente applicate vere e proprie restrizioni sui diritti delle mamme e dei bambini nelle maternità. Porta la data del 20 luglio 2020, la prima circolare regionale, cui ne sono seguite altre, invano, che richiamavano gli ospedali pugliesi al rispetto delle raccomandazioni nazionali, dopo le numerose segnalazioni pervenute. La presenza di una persona di fiducia durante il travaglio e il parto e la possibilità di tenere il bambino con sé per le mamme positive sono state procedure adottate nelle regioni più colpite dalla crisi sanitaria anche durante i periodi di lockdown e zona rossa. Perché non è avvenuto in Puglia? Come avvenuto nel 2020, anche nel 2021 l'associazione ha raccolto testimonianze caratterizzate dalle stesse parole e dallo stesso dolore: in questi ultimi mesi, con l’aumento dei contagi, le prime a pagare con violazioni dei propri diritti sono state le partorienti e i loro figli".

"A Galatina, nonostante i tamponi eseguiti ripetutamente prima del parto, la presenza del padre è autorizzata solo un’ora al giorno, e dalle testimonianze emerge una lunga separazione dei neonati dalle madri, poco o scarso accompagnamento all’allattamento e un’offerta quasi immediata di latte artificiale, pratica ufficialmente sconsigliata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Al Miulli di Acquaviva delle Fonti, considerato ospedale d’eccellenza nella regione Puglia, è prevista la presenza di un accompagnatore ma la separazione madre-neonati subito dopo il parto è regolare amministrazione. Stessa pratica endemica, anche prima della pandemia, al Vito Fazzi di Lecce dove, negli ultimi giorni, è stata nuovamente negata la presenza di un accompagnatore o dei papà anche durante la fase espulsiva del parto, le madri che hanno subito un taglio cesareo sono lasciate da sole senza assistenza e la separazione madre-neonato è prassi, nelle partorienti positive ma anche per quelle negative."

"Per quanto riguarda gli altri ospedali, dalle testimonianze raccolte dall’associazione, emergerebbe che a Gallipoli e a Scorrano sia stata sospesa solo l’assistenza notturna e la presenza del papà sia consentita, sebbene non in tutti i casi e sempre previo tampone da eseguire in autonomia. L’associazione, punto di riferimento da nove anni, riceve quotidianamente testimonianze di madri, ma anche di numerose ostetriche e personale sanitario che, dall’interno degli ospedali e dei punti nascita, è consapevole delle criticità interne dei protocolli e tenta di cambiare le cattive pratiche consolidate e le abitudini, facendo piccoli ma significativi passi. Le testimonianze arrivate all’associazione in questi due anni sono state raccolte per la prossima pubblicazione di un report, destinato a una maggiore sensibilizzazione e divulgazione, anche per le stesse istituzioni, per evidenziare la necessità di adottare presto protocolli coerenti nella totalità dei punti nascita e rispettosi dei diritti di madre e bambino".

*Valeria Nicoletti, giornalista, fa parte della Onlus "Rinascere al Naturale"

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