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La storia

La lunga attesa di un esame: “Apparecchiatura rotta: non si sa quando sarà riparata”

Il racconto e lo sfogo di un 77enne di Maglie che, per fare la Pet a causa di un carcinoma prostatico, si è visto costretto a fronteggiare lungaggini e disservizi sanitari sul territorio

MAGLIE/LECCE – Avere necessità di andare in fretta ed essere proprio malgrado costretti ad attendere per colpa di un disservizio prolungato nel tempo, sperando proprio che il tempo sia dalla propria parte: le storie della malasanità sono ormai all’ordine del giorno e raccontano di un sistema che, negli anni, si è nutrito del bisogno di salute dei cittadini, alimentando disparità e contraddizioni. La sanità pubblica, attraverso le gestioni che cambiano negli anni, annuncia costantemente la volontà di ridurre le liste d’attesa che la ingolfano: a parole, perché poi nella concretezza dei fatti, si viaggia ancora a due livelli.

Da un lato, tempi biblici per un esame anche vitale per le condizioni di salute di un cittadino; dall’altro, la possibilità di abbattere quei tempi biblici con visite private e ovviamente pagando di tasca propria il "peso" della necessità. È la perversione di un sistema che nasce come pubblico, ma che si dirige inesorabilmente verso una visione totalmente privata, camuffandosi nella buona volontà che deve fronteggiare l'enormità delle richieste, ma che purtroppo contribuisce ad acuire le distanze e le disuguaglianze sociali. Perché, se puoi pagare, è un conto. Se non puoi, si finisce in un vortice di incertezza. Se ne parlava già oltre venticinque anni fa con l'idea di una riforma, che mettesse fine all'equivoco di una medicina che opera nel pubblico ma poi vive essenzialmente di privato: naturalmente fu affossata, perché il sistema stesso remò contro, sostenuto da buona parte della classe politica, l'altra realtà che ha le proprie responsabilità sullo stato delle cose. Ma il discorso sarebbe lungo e articolato.

Nella storia di Vincenzo, pensionato quasi 77enne di Maglie, c’è il disagio di numerosi cittadini: si ha a che fare, proprio malgrado, con l’esigenza di curarsi e si entra in un limbo di attesa, che attesta tutte le contraddizioni della sanità locale.

L’uomo, nell’agosto scorso, ha scoperto di avere un carcinoma prostatico. Da lì è partita una lunga trafila di accertamenti clinici, rigorosamente a pagamento (perché ormai purtroppo funziona così e nessuno sembra voler davvero risolvere il problema), che ha portato, vista l’urgenza del caso, l’uomo a girare l’Italia in cerca di risposte, passando da Bari, Roma e Milano, e ad affrontare una terapia ormonale di ultima generazione. A consigliargliela è stato il professor Camillo Porta, direttore di oncologia al Policlinico di Bari.

Il medico, tra l'altro, nel febbraio scorso, ha consigliato al suo paziente di fare la Pet al “Vito Fazzi” di Lecce, sapendo dell’esistenza del macchinario per il sofisticato esame particolarmente importante per la diagnostica nel reparto di medicina nucleare del nosocomio leccese; con una raccomandazione: l’esame in questione deve essere svolto entro la prima quindicina di aprile, per via dell’urgenza della situazione. Due mesi, in fondo, possono sembrare un tempo sufficiente per attrezzarsi e programmare. Ma la realtà è diversa quando si ha a che fare con la sanità.

Già, perché aprile è praticamente alle porte e l’esame non è ancora stato programmato e probabilmente non potrà esserlo per i tempi concordati dal paziente col proprio medico curante. Motivo? L’apparecchiatura sarebbe rotta da un mese e non ci sarebbe certezza sui tempi di riparazione. Questo è quanto testimonia il protagonista della vicenda, che spiega di aver telefonato in reparto subito dopo la raccomandazione del medico e di aver ricevuto, in prima istanza, come risposta di dover compilare con l'ausilio dello specialista un modello di richiesta dell’esame da allegare alla prescrizione dell’oncologo, perché quest’ultima, da sola, non sarebbe bastata.

Una piccola questione burocratica che si potrebbe sbrigare in tempi brevi, senza complicare le attese di un esame. E, infatti, di gran lena, Vincenzo è riuscito ad inviare tutta la documentazione necessaria il 9 febbraio, senza ricevere nell'immedito alcuna comunicazione sulla data prevista per la Pet. Sono passate settimane da quell'azione e la comunicazione sulla programmazione dell'esame non è mai arrivata. Anche l’oncologo, durante l’ultima visita di controllo a fine marzo, ha chiesto novità al diretto interessato senza che che l'uomo potesse darne.

Così il protagonista di questa tortuosa vicenda ha deciso di richiamare il reparto per saperne di più, scoprendo che “l’apparecchiatura per la PET è rotta da un mese e non sappiamo dirle quando sarà riparata" e ricevendo come sola rassicurazione che avrebbero comunque conservato la prenotazione.

È evidente che se Vincenzo non avesse chiamato, nessuno, tra l’altro, lo avrebbe avvisato dell’inconveniente, a dimostrazione di qualcosa che è inceppato nel meccanismo generale e non solo nelle macchine, che si possono rompere e che non è giustificato che stiano ferme così a lungo, quando dovrebbe funzionare, perché di primaria importanza per la diagnostica sul territorio. Non ci si può sorprendere allora se i cittadini continuino a provare sfiducia e poca speranza nel sistema sanitario, soprattutto quando sembra che faccia di tutto per non dare risposte concrete e immediate ai bisogni dei pazienti.

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