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Giovedì, 28 Marzo 2024
Scuola

Casi Covid nelle residenze: "Adisu obbliga al rientro a casa"

"Il rientro presso la nostra residenza non è garante dell’incolumità dei nostri familiari. Questo è tuttora fonte di grande preoccupazione e senso di responsabilità nei loro confronti"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di LeccePrima

Pochi giorni addietro il nostro sindacato studentesco, Studenti Indipendenti- UDU Lecce è stato contattato da alcuni/e ragazzi/e assegnatari/e di posto alloggio in una delle residenze leccesi, che hanno voluto raccontare quanto sarebbe accaduto a seguito dell’applicazione dei protocolli di gestione del rischio Covid, emanati da Adisu. Giorni fa, alcuni/e ragazzi/e hanno iniziato a manifestare dei sintomi strani, mal di testa, debolezza, perdita dell’olfatto e del gusto, che facevano chiaramente ricondurre ad una possibile infezione da Covid 19.

Presi/e dalla preoccupazione, si sono recati/e immediatamente dal personale della residenza al quale hanno comunicato il sospetto di aver contratto il virus. Il personale si sarebbe dimostrato incapace ai loro occhi di gestire tale situazione, tant’è che gli/le stessi/e ragazzi/e riferiscono di aver assistito a veri e propri “attimi di panico”, a seguito dei quali sarebbero “stati/e invitati/e da parte del personale a recarsi nella stanza covid” di contenimento, nella quale avrebbero trascorso la successiva ora in totale assenza di informazioni ed assistenza.

Il Protocollo di gestione di contagio da Covid 19 prevede che lo studente che sviluppa sintomi, confinato nella stanza predisposta dalla Direzione per il contenimento, debba trovare all’interno della stessa, guanti monouso, termometro a infrarossi e una bottiglietta d’acqua sigillata e che chiunque giunga a soccorrere l’infermo debba constatarne la temperatura corporea, le condizioni generali e debba tranquillizzare la persona. Nonostante tale previsione, però, i/le ragazzi/e riferiscono di aver trovato solo una confezione di guanti monouso e di essere stati/e soccorsi/e da “un ragazzo, loro convivente nella residenza”, il quale ha fatto pervenire loro alcune bottigliette d’acqua ed ha posto alcune domande sul loro stato di salute. Del termometro per poter constatare l’effettiva temperatura, però, non ce ne sarebbe stata neanche l’ombra.

Attimi di preoccupazione per il proprio stato di salute, sommati al panico del personale, non avrebbero garantito al meglio la tranquillità dei/delle ragazzi/e; così come l’interlocuzione affidata ad assegnatario, come loro, del posto alloggio, avrebbe dato prova dell’assenza di controllo dell’intera situazione da parte della Direzione. Il Protocollo prevede, inoltre, che l’infermo, a seguito degli interventi preliminari, debba essere invitato per iscritto, dalla Direzione, a contattare il proprio Medico di Medicina Generale o il Servizio di Continuità Assistenziale e che la copia ricevuta di tale comunicazione debba essere firmata dalla persona interessata e custodita dalla Direzione della Residenza Universitaria, ma i/le ragazzi/e non avrebbero ricevuto alcun tipo di comunicazione scritta.

“Solo una richiesta scortese di fornire su un foglio bianco i contatti telefonici dei loro Medici di Medicina Generale”. A seguito delle comunicazioni scritte, mai avvenute, il Protocollo prevede che il soggetto, se è autonomo, è tenuto al rientro a casa, evitando l’utilizzo di mezzi di trasporto pubblici. Tuttavia, in assenza di alcuna comunicazione scritta, i/le ragazzi/e sarebbero stati/e chiamati/e telefonicamente dalla Direzione che li/le avrebbe invitati/e a lasciare la residenza universitaria al più presto. Entro poche ore, i/le ragazzi/e sono stati/e prelevati/e dai propri genitori e sono rientrati presso i loro paesi di residenza.

I/le ragazzi/e dichiarano: “purtroppo, fin dal primo momento, non solo il nostro diritto alla privacy ed alla riservatezza non è stato rispettato, ma sono state fatte anche numerose insinuazioni da parte del personale, volte a danneggiare la nostra persona agli occhi dei coinquilini. È stato davvero amareggiante, in una situazione delicata come questa, ricevere messaggi contenenti calunnie invece di sostegno morale da parte di molti dei nostri conviventi. Così come è stato paradossale, apprendere attraverso dei messaggi, che la residenza avesse ricevuto i referti dei nostri tamponi ancor prima di noi.” In merito alla gestione complessiva dell’emergenza aggiungono, inoltre: ”anche nei confronti dei nostri coinquilini, questa situazione è stata gestita con scarsa organizzazione. Spesso, ad esempio, è stato dimenticato di consegnare il pasto ad alcuni ragazzi isolati nelle proprie camere (essendo persone venute a contatto con noi), lasciandoli digiuni per ore.

Il rientro presso la nostra residenza non è garante dell’incolumità dei nostri familiari. Questo è tuttora fonte di grande preoccupazione e senso di responsabilità nei loro confronti. Probabilmente se avessimo avuto la possibilità di scegliere, avremmo trascorso l’isolamento presso la nostra Residenza universitaria, nel massimo rispetto di tutti”. “Ringraziamo UDU per averci dato la possibilità di raccontare la nostra esperienza, augurandoci che, semmai dovessero ripresentarsi situazioni analoghe in futuro, vengano gestite in modo più adeguato”, concludono i/le ragazzi/e. Studenti Indipendenti- UDU Lecce, nella serietà che contraddistingue il ruolo di sindacato studentesco, chiede alle autorità competenti di fare luce sulla vicenda. Tanti sono gli interrogativi che destano preoccupazione, qualora gli eventi si siano succeduti così come riferito dai/dalle ragazzi/e.

Già allo scoppio della pandemia in Marzo, abbiamo temuto che la condizione degli studenti ospiti nelle residenze leccesi, rischiasse di precipitare da un momento all’altro, quando la Direzione ha intimato agli assegnatari di lasciare le proprie residenze universitarie, allo scoppio del lockdown totale. Abbiamo temuto che episodi del genere si potessero verificare anche ora, in presenza di un numero di contagi ancor più elevato di allora nella nostra Regione. Ci chiediamo se, alla luce del DPCM 3 Novembre 2020, sia opportuno mantenere un Protocollo, emanato in data 23 Settembre 2020, che preveda che gli assegnatari di posto alloggio debbano, in presenza di sintomi, tornare nei paesi di residenza.

Ci chiediamo se sia stata opportuna l’assenza di una comunicazione scritta, se il personale fosse adeguatamente formato ad affrontare l’emergenza, se sia stato prestato tempestivo soccorso agli studenti conviventi con le persone che hanno manifestato i sintomi da Covid 19. Ci chiediamo anche dove sia finito il rappresentante degli studenti leccesi in seno al Consiglio di Amministrazione Adisu, ruolo di garanzia e tutela di tutti i beneficiari dei servizi ADISU, grande assente ormai da anni. Abbiamo deciso di non rivelare nomi e generalità degli/delle studenti/esse coinvolti/e, ritrovatisi, già ampiamente, ad essere bersaglio degli insulti e delle gravi violazioni avvenute ai danni del loro diritto alla privacy. A loro va tutta la nostra solidarietà perché contrarre il Covid non deve essere un capo d’accusa che legittima l’esposizione alla pubblica gogna, ma motivo di aiuto, vicinanza e solidarietà in soccorso alle vittime.

Apprendiamo in queste ore che parte degli studenti ospiti nella stessa residenza, in preda al panico, hanno effettuato i tamponi, privatamente, a loro spese e che solo dopo una settimana dall’accaduto sia giunta l’Asl ad effettuare la restante parte degli stessi gratuitamente. Chiediamo ancora che Adisu e Regione diano risposte a tutte le nostre domande e che si chiarisca se l’assegnazione di un posto alloggio in una residenza Adisu, possa legittimare a disporre lo spostamento tra comuni di persone che già presentano i sintomi tipici del Covid, mettendo così a rischio la salute dei familiari. Sciogliere ogni dubbio è necessario affinché tutti gli studenti all’interno delle residenze possano essere garantiti da una gestiona pronta, efficiente e competente ed il panico generale non possa più incanalarsi in processi di ricerca del capro espiatorio.

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