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Diffamazione all’ex generale Marrocco: condannato 55enne di Gagliano del Capo

Un anno e tre mesi di reclusione e 300 euro di multa è la pena comminata a Walter Petese al termine del processo di primo grado

LECCE - Puntò la sua penna contro il generale dei carabinieri Giovanni Marrocco (oggi in congedo), accusandolo di aver avuto condotte illecite nelle indagini sul delitto di Aldo Moro, “di aver minato le basi della nostra democrazia insieme ad una classe politica dedita al malaffare”, di aver agevolato le carriere militari e imprenditoriali di alcuni giovani. Questo e molto altro è contenuto nelle carte dell’inchiesta che, cinque anni fa, portò al banco degli imputati per diffamazione Walter Petese, 55 anni, residente a Gagliano del Capo. Il processo di primo grado nei suoi riguardi si è concluso nei giorni scorsi davanti al giudice Valeria Fedele che lo ha condannato a un anno e tre mesi di reclusione (pena sospesa), più 300 euro di multa, e al risarcimento in separata sede dell’ex generale (parte civile con l’avvocato Francesco Vergine).

 In particolare, nella sua rubrica  nel sito www.giulianodilecce.com,  il 31 maggio 2011, Petese scriveva: “Nella serata del 1 ottobre 1978 il tenente colonnello Marrocco è stato visto da Bozzo fotocopiare le carte di Moro, prelevate in via Monte Nevoso dal capitano Bonaventura, prima ancora che fossero esaminate dal magistrato… fatto gravissimo perché si cominciava così a gettare ombre e depistaggi su quell’omicidio alterando in seguito ogni aspirazione o desiderio di verità e giustizia che hanno costellato la Storia della nostra discutibile Repubblica”. Già un anno prima, Petese aveva puntato il dito contro il generale, sempre nella sua rubrica: “Sono sempre stato incuriosito dalla figura del Generale Giovanni Marrocco e del suo prodigarsi, secondo le sue indipendenti proposte o le richieste che otteneva dalla popolazione in difficoltà, di introdurre i nostri ragazzi nelle file dell’arma dei carabinieri per garantire loro un futuro, ma forse anche un pesante silenzio sulla nostra terra e i suoi problemi”.

Nel luglio 2010, l’articolo “Forme di inaudita violenza: ombre su Leuca, spintarelle & ballacconi”, a firma di Petese, pubblicato dal sito www.leucaworks.com, conteneva quanto segue: “… nell’umile tentativo di dimostrare le cause e la tesi di partenza, al fenomeno della raccomandazione conosciuto e riconosciuto come cronico e di costume del nostro intero paese Italia. E per dare quel punto di inizio al dibattito possibile, sicuramente necessario, si è scelto un soggetto pubblico, che per anni è stato a Leuca e dintorni uno dei più importanti riferimenti di questa pratica, se non l’unico importante: l’ex generale dei carabinieri Giovanni Marrocco il quale per sua fortuna poteva decidere liberamente dove e come facilitare le carriere ai nostri ragazzi, uscendo dal ruolo istituzionale, alterandolo, e combinando anche un po’ di pasticci… Il nostro interesse non è rivolto alle azioni di quest’uomo, che comunque oltremodo rimasero penalizzanti dello Stato civile e democratico, bensì degli effetti che si sono ripercossi tra le nostre genti, e niente popodimeno, tra coloro da questi facilitati nelle carriere militari e anche nella imprenditoria locale… Questi ultimi si sono dovuti ben presto rendere conto che un alto prezzo bisognava pagare per la spintarella: scoprire che avere avuto relazioni con il generale Marrocco a Leuca, nella e per la propria carriera, era più un demerito, una sorta di “tatuaggio” sulla pelle, che condizionava o ha condizionato la vita pacifica e professionale dei nostri bravi ragazzi, allorquando per forza di cose lo si notava negli spogliatori (passatemi la metafora). Oggi il nome di questo signore, che oramai ha una certa età e dovrebbe dare l’esempio di un impegno alla ricerca della bellezza, compare sistematicamente ancora una volta nelle aule giudiziarie, ora contro l’uno, ora contro l’altro. La sua arroganza la si vede anche nei cantieri che allestisce a Leuca, contro ogni norma di sicurezza fondamentale, ma questo, come dicevo, non è interessante quanto i suoi effetti, il resto saranno sicuramente affari suoi”. E ancora, in un altro articolo “Fine” pubblicato ne “La Spina de Pizzu”, il 14 agosto del 2010, si leggeva: “sentirsi legati a vita per aver pagato “denaro” per collocare un proprio figlio nella Benemerita o in qualche altro corpo attraverso un Generale dei carabinieri”.

In un esposto inviato a diverse e numerose autorità amministrative e giudiziarie, il 20 settembre del 2010, Petese metteva nero su bianco che: “A Giugliano presso la  Caserma dei Carabinieri vi siano state in passato, ma chissà… riguardo a tali fatti riferiti, forzature e influenze da parte di persone di un certo rilievo sociale e militare legate da obblighi morali con l’ex generale dei carabinieri Giovanni Marrocco per il raggiungimento di meschini obbiettivi. Una sorta di giustizia fai da te”. E non finisce qui. Dieci giorni dopo, in una e-mail del 30 settembre 2010  inviata alla ditta Piccola Nautica: “Finisce la sua carriera di generale dei carabinieri Giovanni Marrocco di Gagliano, frazione di Castrigano del Capo, diventando prima la garanzia di ingenti capitali di Stato, vedi scandalo della Federconsorzi dove stranamente risulto uno dei liquidatori?? Poi una vergogna nazionale per aver concorso a minare sapientemente e con metodo le basi della nostra democrazia insieme ad una classe politica dedita al malaffare e principalmente agli interessi privati e di casta creata ad hoc tra ignari, ingenui, affaristi, politici, etc”. Alla luce di queste pesanti accuse, il generale querelò l’autore, ottenendo così la sua condanna.

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