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“Dal 9 dicembre più costi, ma meno treni”: infuria la protesta fra i pendolari salentini

In circa 200, fra lavoratori di ospedali, atenei, aziende e uffici, in un comitato. Ogni giorno in viaggio verso Bari e Foggia tra mille difficoltà

LECCE – Il divario tra Nord e Sud sembra ampliarsi e i lavoratori pendolari del Salento si "mobilitano". Sfibrati non soltanto dai viaggi quotidiani, ma ora anche dalle evoluzioni in senso peggiorativo delle loro condizioni. Circa 200 dipendenti di ospedali, uffici regionali, Università e aziende, costretti per tutta la settimana a spostamenti con mezzi pubblici per raggiungere da Lecce il proprio posto di lavoro su Bari e Foggia, si sono costituiti in un comitato: stanno raccogliendo le firme per scrivere a Trenitalia e Regione Puglia, lamentando il destino che toccherà loro in sorte a partire dal 9 dicembre.

Data in cui gli orari dei treni FrecciaBianca subiranno modifiche sostanziali e, in alcuni casi, anche soppressioni. I mezzi a lunga percorrenza, le "Frecce" appunto, consentono di coprire la distanza Bari-Lecce in un’ora e 23 minuti (quando il treno è in orario, quanto meno), a fronte delle quasi due ore che invece ci impiegherebbero i convogli regionali, di fatto molto più scomodi e lenti. Allo stato attuale i treni per rientrare nel capoluogo salentino, partendo dalla stazione barese, sono i seguenti: uno alle 14,25, poi alle 15,25, dopo due ore un terzo treno, alle 19,25 l’altro e, infine, un convoglio li riporta a Lecce alle 20,25. Il costo mensile dell’abbonamento è di 170 euro. Ma dal 9 dicembre, le cose cambieranno. Il primo viaggio, quello delle 14,25, è confermato, mentre il treno delle 15,25 si fermerà a Bari, senza proseguire a sud.

Il convoglio delle 17,25 non sarà più FrecciaBianca, bensì un FrecciaRossa, dunque di categoria superiore e quello delle 20,30 sarà addirittura cancellato. Resteranno, dunque, soltanto quello delle 14,25 (che partirà dal 9 dicembre alle 14,29) e quello delle 19,25. Le modifiche riguarderanno mezzi e orari indispensabili per i lavoratori che, intanto, hanno organizzato la protesta anche su una pagina Facebook, perché il social network funga da cassa da risonanza per far giungere la portata del disagio collettivo a chi di dovere. Da quella fatidica data, i pendolari saranno costretti ad abbonamenti a categorie superiore, quindi ai FrecciaRossa: ma pagando una trentina di euro in più al mese, non risolveranno in ogni caso i propri problemi logistici. Alcune fasce orarie, infatti, resteranno comunque scoperte. Stanchi dei disservizi che un lavoratore meridionale è costretto a subire rispetto alla rete dei trasporti pubblici di cui gode un lavoratore al Nord, i pendolari del comitato chiedono ora risposte urgenti dagli amministratori locali e della società Trenitalia.

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