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Case popolari, la Procura insiste: Pasqualini merita il carcere

Si sono affrontate oggi, in un’udienza fiume, davanti al Tribunale del Riesame accusa e difesa nell’inchiesta sugli alloggi assegnati in cambio di favori

LECCE - Si è appena concluso davanti al Tribunale del Riesame il braccio di ferro tra difesa e accusa nell'ambito dell'inchiesta sulle case popolari assegnate in cambio di voti: da un lato, i pubblici ministeri Roberta Licci e Massimiliano Carducci hanno chiesto ai giudici l'inasprimento delle misure applicate ad alcuni degli indagati e il riconoscimento di alcuni capi d’imputazione “cassati” dal gip Giovanni Gallo; dall’altro, gli avvocati difensori hanno puntato a ottenere la revoca dell'ordinanza di custodia cautelare eseguita lo scorso 8 settembre. A rischiare di più, è l'ex assessore ed ex consigliere comunale Luca Pasqualini, presente in aula con l'avvocato Giuseppe Corleto.

Per lui i pm insistono perché vada in carcere, istanza respinta dal giudice Gallo che aveva optato per i domiciliari, ai quali sono sottoposti anche gli altri due politici coinvolti nello stesso procedimento, Antonio Torricelli (difeso dall’avvocato Covella) e Attilio Monosi (assistito dagli avvocati Luigi Covella e Riccardo Giannuzzi), e il funzionario Pasquale Gorgoni  (che era già ai domiciliari nell'ambito dell’inchiesta sull’Antiracket), che oggi (attraverso l’avvocato Amilcare Tana) ha depositato una memoria difensiva. Per questi ultimi due, la Procura mira a ottenere l’approvazione di alcuni capi d’imputazione, mentre per Pasqualini valuta che la misura più idonea a salvaguardare le esigenze cautelari sia quella più dura, anche alla luce dei numerosi contatti avuti dallo stesso con esponenti della criminalità organizzata, appartenenti alla Sacra Corona Unita, di un certo spessore. Poco importa, inoltre, per i magistrati che all’indomani dal suo arresto, l’ex assessore si sia dimesso da consigliere, perché non si può escludere che quelle conoscenze maturate negli anni nel Comune di Lecce potrebbero ritornargli utili a commettere altri illeciti anche da “estraneo”.whatsapp-image-2018-09-10-at-17-40-39-3-2-2

L'accusa è per tutti la stessa: associazione a delinquere dedita alla corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, all’abuso d’ufficio, corruzione elettorale e falsi in atto pubblico. L’appello della Procura è finalizzato anche a ottenere il carcere, dove si trova già ma per un’altra causa (per questa è ai domiciliari), Andrea Santoro, il 27enne leccese accusato di aver partecipato al pestaggio dell'uomo che con la sua denuncia mise in moto la macchina della giustizia, e i domiciliari per altre quattro persone: le due leccesi, Monica Durante, 41 anni, e Monia Gaetani, 49, che avrebbero raccolto voti in cambio di favori, attualmente all'obbligo di dimora, per Rosario Greco, oggi D’Elia, detto Andrea, 49 anni, di Lecce, ritenuto collettore di voti a pagamento, e per Diego Monaco, 39, quale rappresentante del “comitato degli abusivi”, anche questi di Lecce. Ora, non resta che attendere la decisione del tribunale del Riesame, composto dal presidente Silvio Piccinno e dai giudici Anna Capano e Pia Verderosa.

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