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L’Arma apre il suo scrigno naturalistico: la riserva biogenetica di San Cataldo

La campagna “Riserva Amica”, a livello nazionale, organizzata dai carabinieri forestali. Nella marina leccese, un’area di 26 ettari con tre piante in via di estinzione

SAN CATALDO (Lecce) – Da un lato i parcheggi invasi dalle auto e la spiaggia coi primi bagnanti. Dall’altro, il muro che circonda la stazione dei carabinieri forestali di San Cataldo. E quasi non si percepisce da dove provengano quegli odori tipici della macchia mediterranea. Eppure, è appena dietro quella recinzione che si nasconde uno scrigno naturale, con un piccolo agrumeto “segreto” e un bosco tanto fitto da creare persino una barriera di silenzio e quiete. In occasione dell’iniziativa  nazionale “Riserva amica”, alla sua quinta edizione, i forestali salentini, guidati dal maresciallo Leonardo Antonaci, hanno esibito al pubblico il proprio gioiello ecologico. Hanno infatti messo a disposizione del pubblico la possibilità di percorsi guidati, di circa un paio d’ore, in compagnia degli operatori forestali sull’intera area di circa 26 ettari.

La riserva protetta del borgo adriatico - “sorella” di quella che sorge poco più in là, in località Le Cesine e curata dal Wwf - viene aperta soltanto in via straordinaria: o per scopi scientifici, quindi di ricerca da parte di accademici ed istituzioni, o per motivi didattici, legati ai progetti di educazione ambientale, così come programmato nel corso di questa mattina. La vasta area boschiva, come la maggior parte dei litorali salentini, è stata strappata all’acqua: ex paludi bonificate durante gli anni della dittatura fascista, nella quale furono eseguiti diversi interventi sui litorali come la sistemazione delle dune costiere e le piantumazioni delle attuali specie a cui siamo abituati: pini d’Aleppo ed eucalipto ai quali ora si sta cercando di accostare anche le specie autoctone come lentisco, rosmarino, mirto, corbezzolo e altri esemplari comuni.

Oltre a puntare al recupero di quelle specie, però, la riserva ha il compito di custodire e preservare dalla mano dell’uomo tre tipologie di pianta, elencate nella cosiddetta “lista rossa”, ovvero quella che contiene gli esemplari a maggior rischio di estinzione. Si tratta della Periploca graeca, della Quercus ithaburensis e della Ophrys fuciflora. La prima è una rara liana, dunque rampicante,IMG_6423-3-2 la cui presenza è stata riscontrata soltanto in Puglia, Lazio, Toscana e Liguria. La seconda, una quercia del Mediterraneo orientale, si ritrova nella marina leccese a seguito di opere di rimboschimento. Infine, la colorata orchidea è presente esclusivamente sul territorio salentino. Oltre ad alcune prerogative faunistiche, vi sono anche quelle faunistiche, rettili in primis, ma godono di minor prestigio rispetto agli esemplari vegetali presenti nell’oasi.

La  riserva naturale biogenetica di San Cataldo è stata istituita sin dal 1977 ed è unica in tutto il Salento: affidata da subito al Corpo forestale dello Stato (ora confluito nell’Arma dei carabinieri), è tuttora interamente gestita e sorvegliata dai militari. A differenza della vicina oasi protetta de Le Cesine, affidata al Wwf, ma sorvegliata sempre dai forestali. Tra l’Arma e l’associazione internazionale a difesa delle specie in via di estinzione esiste tuttavia una convenzione. Un accordo per potenziare il controllo sull’ecosistema, difendendolo dagli abusi che, sempre più spesso, vengono registrati nel Salento.

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