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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Inquinamento dell’aria, arriva la cartina-sensore. "Nel Salento emissioni inquinanti”

L’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr, col Dipartimento di fisica, alle prese con un’idea low cost per monitorare aria e salute dei salentini

LECCE – L’inquinamento atmosferico nel Salento e gli effetti sulla salute sempre più al centro dell’attenzione degli scienziati.  A breve, in provincia, potrebbero essere individuate con precisione le sorgenti di sostanze contaminanti più nocive per l’uomo.  Si intitola “Paper” ed è l’acronimo di Paper analyser for particulate exposure risk: un progetto dell’Isac, Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr in collaborazione col Dipartimento di fisica dell’ateneo salentino. Sarà presentato nella mattinata di giovedì, presso la sede del rettorato leccese, ma vi forniamo un’anteprima dell’iniziativa. La questione ambientale è sempre più fonte di preoccupazione sul territorio: l’idea dei ricercatori, coordinati dal professor DaContini-2niele Contini, responsabile dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (in foto), è ora quella di coniugare gli studi sulle conseguenze del clima alla ricerca medica - e perché no? - anche allo sviluppo economico. Come? Creando nuovi sensori in laboratorio per il monitoraggio della qualità dell’aria.

Tramite un bando regionale, che durerà 18 mesi ma che potrà eventualmente essere prorogato, gli studiosi del Cnr e i fisici dell’ateneo creeranno dei sensori ”low cost”, diversi da quelli utilizzati fino ad ora, in collaborazione con una cordata di imprenditori, spin-off e start-up.

L’idea, tutta da studiare, è quella di tradurre i sensori in braccialetti, badge, apparecchi fruibili che, in un secondo momento, potrebbero ad esempio essere “adottati” da Arpa e Asl per un campionamento e un monitoraggio capillari del territorio. Essendo delle cartine a lettura colorimetrica, simile per così dire a un test di gravidanza, o alle cartine per la misurazione del tasso di acidità o di nitrati negli acquari, se ne potranno utilizzare n quantità, poiché realizzati a costi ridotti e più innovativi rispetto ai sensori già esistenti che si basano, invece, su supporti elettronici. Questi sensori da creare nell’ambito del progetto “Paper” saranno sensibili a gruppi di metalli e sostanze organiche presenti nell’aria, senz’altro più tossici di uno specifico gas.

Saranno infatti delle cartine “indossabili”, piccoli dispostivi attivati per certi gruppi di sostanze. Cartine plastificate per rilevare, ad esempio, nitrati o nitriti esistono già nel panorama scientifico. Ora si tratterà di "convertire" questo tipo di sensori già collaudati e utilizzarli anche nella rilevazione di particolato atmosferico. Mentre i gas sono delle sostanze “pure”, tipo il metano o l’ossido d’azoto, il particolato, più nocivo, è la somma di particelle solide o liquide che si formano dall’aggregazione di sostanze e che contengono metalli, diossine, sali e black carbon. Tecnicamente ci sono migliaia di composti, molti dei quali ancora ignoti. Rispetto al gas, il particolato ha però una densità maggiore: può depositarsi al suolo, essere inalato, poggiarsi sulla peluria del viso o insinuarsi all’interno dell’apparato respiratorio.osservatorio 2-2-2

Professor Contini, mentre pare che l’inquinamento del sottosuolo, delle falde, sia maggiormente monitorato, di quello presente nell’aria respirata dai salentini sappiamo molto meno.

"L’inquinamento atmosferico si basa su dinamiche differenti rispetto a quello presente nel suolo: gli inquinanti atmosferici vengono infatti spostati anche a diverse centinaia di chilometri, a seconda degli eventi metereologici. Nell’area del capoluogo salentino, il nostro Istituto raccoglie i dati a partire dal 2014 poiché la stazione locale fa parte di una rete mondiale sugli studi climatici. Raccogliamo una mole notevole di dati per poi identificare, attraverso l’analisi statistica, le sorgenti che hanno generato la concentrazione di inquinanti di un determinato luogo".

Vi sono delle cause conclamate di inquinamento atmosferico nel Salento? Per esempio nell’area di Galatina, nella quale è presente oltre all’impianto della Colacem anche un aeroporto, avete rilevato particolari dati?

"Noi, come Istituto, siamo concentrati sulla rilevazione del particolato, soprattutto Pm 10 e Pm 2,5, nell’area della città leccese. A determinare l’incremento di inquinamento dell’aria sul territorio ci sono sicuramente le combustioni di biomasse (in parte di natura agricola) e, in inverno, tra le principali sorgenti va annoverato anche il riscaldamento domestico. Altre sorgenti sono il traffico dei veicoli e, per alcuni punti percentuali, incide sicuramente l’attività industriale di alcuni luoghi del Tacco. Quanto all’aeroporto, la situazione non è critica. Nei grandi scali,  di solito si registra la presenza di gas, più che di particelle.  Normalmente, negli aeroporti, non sono tanto i velivoli a preoccupare (quelli emettono gas ad alta quota), quanto tutto ciò che ruota attorno ai voli: i camion per i trasporti, i bus per accompagnare i passeggeri, ecc. L’aeroporto di Galatina è troppo piccolo per incidere in maniera consistente. Sono semmai più pericolosi i porti, si pensi al traffico navale di Brindisi. Il contributo delle navi, in termini di inquinamento, è infatti molto più preoccupante: emettono direttamente particolato, gli arei invece gas".

Scongiurato il rischio aeroporto, restano però gli effetti “ombrello”  di Ilva, Cerano, Colacem…

"Abbiamo effettuato diversi studi su queste realtà industriali. Su Cerano, in particolare, vi sono dei dati recenti. Noi dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr abbiamo sviluppato una metodologia, resa nota nel 2016, con la quale abbiamo osservato le emissioni della centrale di Brindisi in relazione a quella a carbone di Civitavecchia (che è seconda alla Federico II). Lo scopo è quello di investigare su queste due principali stabilimenti, per mettere a confronto le concentrazioni di inquinanti. "L’impatto di Cerano esiste e chiaramente, anche per proporzioni, il suo contributo al PM10 ed ai solfati è maggiore rispetto alla centrale laziale. Dal suo camino fuoriescono gas e particolati, alcuni dei quali fortunatamente dispersi molto in alto, che vanno poi diluendosi su un'area molto vasta. I nostri recenti studi indicano che il contributo al PM10 nell'area di Lecce di queste emissioni sono di alcuni punti percentuali. Situazione differente per l’impianto Colacem: il suo camino, più basso e più vicino al suolo porta ad avere una dispersione più localizzata nell'area intorno all'impianto rispetto alle emissioni di camini più alti. I venti da Nord e Nord ovest, inoltre, fanno giungere anche gli inquinanti dell’Ilva. Quello che stiamo studiando nel tempo, è la distinzione dei componenti chimici, per chiarire con precisione la provenienza di questo o quell’inquinante: alcune particelle sono in comune tra emissioni Ilva, Cerano e Colacem e diventa difficile distinguerne l’origine. Il solfato, per esempio, può anche provenire dalle navi che transitano nell’Adriatico. Bisogna utilizzare un approccio avanzato ed è quello che noi studiamo quotidianamente. Per le centrali a carbone abbiamo sviluppato un sistema per distinguere un carbone dall’altro e siamo ora in grado di stabilire se arrivi da una centrale o da un’altra. Ma si parla di “collinearità delle sorgenti”: ciò che viene emesso dal carbone per esempio è molto simile al materiale crostale (quello delle sorgenti minerali) e le fonti vanno dunque studiate nell'insieme".

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