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Dal progetto alla falegnameria: nel carcere spazio all'arredo di interni

Dopo la realizzazione del prototipo per rendere più vivibili le celle, si punta a coinvolgere la falegnameria del penitenziario

LECCE – Il rispetto dello spazio e la qualità degli ambienti negli istituti di pena, a partire dalle celle, non sono temi popolari tra l’opinione pubblica. Quello che accade una volta varcato il cancello di un carcere, del resto, non sembra interessare quasi a nessuno, se non ai familiari dei detenuti, a qualche avvocato, al personale sanitario, amministrativo che ci lavora, agli agenti di custodia.

Senza scomodare la costante giurisprudenza comunitaria che condanna l’Italia per trattamento penitenziario inumano e degradante, basta pensare all’articolo 27 della Costituzione che nella seconda parte recita:

“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”

Ci sono persone che al dettato dei padri costituenti ci credono e ogni giorno si impegnano affinché il carcere diventi un luogo di buone prassi e, se possibile, di bellezza. In questo senso va letto il concorso nazionale “Six Square Meters – Una nuova idea di arredo per gli spazi detentivi”.

Il primo premio è stato attribuito al progetto “Taac” degli architetti Fabio Gigone e Angela Gigliotti di Udine. Il secondo è andato a “Riabilitazione cellulare di Irene Peron e Valentina Covre, da Vicenza; il terzo a “Orizzonte di speranza” di Enrico Bona ed Elisa Nobile, di Milano. Poi ci sono state menzioni speciali, a pari merito, per “Fourteen square meters” di Cesare Burdese, da Torino; per “Cluster” di Fabio Sgaramella, di Corato e infine per “Six square meters_persone, luoghi, dingità” di Luigi Molla da Massa Lubrense (Napoli).

I progetti vincitori sono stati valutati da una giuria tecnica e presentati oggi nel corso di una conferenza stampa presso il rettorato dell’Università del Salento. L’ateneo, infatti, ha aderito all’iniziativa promossa dall’Ordine degli architetti e sostenuta dalla Direzione della casa circondariale di Lecce, dalla fondazione “Giorgio Primiceri” della Banca Popolare Pugliese che ha messo a disposizione i premi in denaro, da Ance Lecce e con il patrocinio di Regione Puglia, Comune di Lecce e dal Consiglio nazionale degli Architetti.

Il prossimo passo consisterà nella realizzazione del prototipo della proposta vincitrice e la produzione degli arredi nella falegnameria della casa circondariale di Borgo San Nicola, come già previsto da un protocollo d’intesa sottoscritto. “Grandi e profonde sono state la dialettica e la discussione che hanno portato all’emanazione del concorso, ma il significato sociale dell’impegno e del lavoro condotto non potrà non essere foriero di più alte azioni comuni che saranno a breve realizzate, per dare il giusto senso ad un progetto unico del genere, che prende il via da eccellenze che vivono il nostro territorio fino alle periferie più complicate e problematiche, com’è il carcere” ha commentato la direttrice della casa circondariale, Rita Russo.

Rocco De Matteis, presidente dell’Ordine degli Architetti per la provincia di Lecce ha sottolineato l’elevato numero di partecipanti: “Un dato importante perché questo concorso portava con sé anche una riflessione sul ruolo sociale della nostra professione e sulla centralità che l’architettura deve riconquistare se abbiamo veramente a cuore la natura e l’autorevolezza del nostro ruolo e la qualità degli spazi che siamo chiamati a progettare, di qualsiasi natura essi siano”.

Il rettore Vincenzo Zara ha ricordato la centralità dell’uomo e “il suo bisogno di esprimersi, così che lo spazio cessi di essere neutro per divenire personalizzato e ricco di potenzialità di espressione. Per il Comune di Lecce erano presenti l’assessore all’Urbanistica, Rita Miglietta e l’assessore alle Politiche Sociali, Silvia Miglietta. “Un progetto innovativo – ha commentato la prima – che non intende fermarsi all’ideazione ma unisce al disegno la sua evoluzione in produzione dentro la falegnameria della casa circondariale. “Il carcere non è un luogo altro rispetto alla comunità che lo ospita e sono felice che la collaborazione tra i tanti soggetti che hanno partecipato a questa iniziativa stia a rafforzare questo concetto”, ha detto la seconda.

“La Banca Popolare Pugliese non è mai venuta meno – ha dichiarato il presidente della fondazione, Vito Antonio Primiceri - a quello che ha ritenuto un dovere sociale, partecipando a molte iniziative ritenute in grado di aiutare la comunità a elevare il suo grado di sviluppo, non solo economico ma, appunto, civile e sociale”.

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