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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Report “Vista mare” di Legambiente: troppo cemento su metà delle coste pugliesi

Dal Gargano al Salento urbanizzati ben 454 chilometri di costa con seconde case, strutture ricettive e turistiche, ville di lusso

BARI - Oltre la metà dei paesaggi costieri pugliesi, dal Gargano al Salento, hanno perso la loro naturale conformazione trasformata ora dalla presenza di case, ville di lusso, porti, o strutture ricettive. Processi di profonda metamorfosi tutt'ora in corso nonostante l'introduzione delle norme di tutela. Col risultato che oltre la metà dei litorali di Puglia, così come accade con la stessa portata per il resto della penisola, è stato trasformato e invaso dal cemento. In Puglia infatti su un totale di 810 chilometri di costa, dal Comune di Marina di Ginosa sul mar Ionio al Comune di Marina di Chieuti sul mare Adriatico, 454 chilometri (ovvero il 56 per cento) risultano urbanizzati e dunque trasformati da interventi antropici legali o anche abusivi. È questa la fotografia scattata da Legambiente e che viene raccontata nel libro “Vista mare. La trasformazione dei paesaggi italiani costieri”, una sorta di dossier e di ricerca approfondita delle aree costiere e che, con analisi fotografiche e numeriche e contributi scritti, fa il punto sulle migliaia di chilometri di costa minacciati dal cemento, ma anche dall’erosione costiera e dai cambiamenti climatici. E anche lo spaccato sulla Puglia e sul Salento invita a tenere sempre alto il livello di guardia anche se la stessa Regione del Tacco d’Italia è l’unica, insieme a Toscana e Sardegna, nella quale è in vigore il Piano paesaggistico che fornisce, se applicato con dovizia e rigore, una tutela concreta dei territori costieri ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio.

Tra il 1988 e il 2012 le trasformazioni del territorio costiero pugliese sono pari a ottanta chilometri e sono avvenute per l’espansione dei centri urbani, sia grandi sia minori, che si susseguono lungo la costa, per la nascita di nuovi insediamenti turistici, ma anche per una edificazione sparsa in tratti in cui non sono presenti nuclei abitativi. I centri in cui si registrano le trasformazioni più rilevanti sono Ischitella, la periferia di Rodi, la periferia di Peschici, Santa Cesarea Terme, San Gregorio e Lido Marini. Risultano quasi raddoppiati i suoli occupati lungo i litorali di Torre Mozza, Baia Verde e Sant’Isidoro, per la creazione di insediamenti turistici. Diversi sono gli interventi infrastrutturali, che hanno riguardato la trasformazione delle foci di alcuni fiumi e l’ampliamento di diversi porti: Ischitella, Rodi, Vieste, Bisceglie, Molfetta, Mola di Bari, Santa Maria di Leuca.

Il report cartaceo e fotografico (attraverso una serie di scatti satellitari ravvicinati) di Legambiente sottolinea anche la crescita di centri che sono alle spalle della costa e che hanno influenzato la trasformazione di tratti costieri sui quali insistono, con costruzioni lungo le strade di accesso. Questi processi sono evidenti sia lungo la costa adriatica che ionica. Per esempio, c’è un fenomeno rilevante di consumo di suolo alle spalle della riserva naturale del Lago di Lesina, nel foggiano, e alle spalle del tratto di costa che va da Santa Maria di Leuca a Taranto. A preoccupare è inoltre l’aumento del cemento in tratti originariamente naturali e agricoli, come a Peschici e Molinella, Zapponeta, Ippocampo e Margherita di Savoia. La Puglia ha visto scomparire in questi 24 anni, oltre cinquanta chilometri di aree agricole lungo la costa, a favore di seconde case, strutture ricettive, turistiche e ville di lusso. Il cemento dunque in Puglia e in oltre la metà dei litorali italiani ha continuato deliberatamente ad invadere i litorali anche in barba alla Legge Galasso, in materia di tutela paesaggistica, approvata nel 1985 e che prevede un vincolo di tutela per le aree costiere fino a 300 metri dalla linea di costa.          

“In Puglia sono stati urbanizzati ben 454 chilometri di costa, trasformata da interventi antropici legali ma anche abusivi” dice Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia, “e ovviamente ci preoccupa l'aumento del cemento in tratti originariamente naturali e agricoli, a favore di seconde case, strutture ricettive, turistiche e ville di lusso. È importante che i comuni pugliesi, recependo le indicazioni del Piano paesaggistico regionale, cambino modello di sviluppo puntando a guidare le trasformazioni lungo le coste verso la riqualificazione edilizia e a valorizzazione i paesaggi rimasti ancora integri. Inoltre occorre un radicale cambio di marcia sul fronte dell'abusivismo edilizio, puntando alla demolizione dei tanti edifici non a norma presenti sul territorio costiero così da dare un chiaro segnale di cambiamento rispetto al passato”.

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