L'eremita della Pasturizza

Sembra accadimento di ieri, eppure ben diciassette calendari si sono succeduti dal mio passaggio, diciamo così, a vita privata, dopo circa un quarantennio d’attività lavorativa, e dal contemporaneo ritorno nel minuscolo e defilato mondo, dove sono nato.

Pasturizza sta per denominazione del fondo su cui insiste la mia casetta con pineta, dimora stabile in primavera e d’estate, approdo del weekend durante le restanti stagioni. E’ Pasturizza per tutti i compaesani, giacché su questo triangolo di terreno, gli antichi proprietari, fino a mezzo secolo fa, solevano mandare a pascolare la loro piccola mandria, in gergo dialettale murra, di ovini.

Per la precisione, ve n’erano quattro, di murre, facenti capo ad altrettante famiglie benestanti, materialmente affidate a “pecorari”, i quali ultimi, in contropartita della cura continuativa agli armenti, ricevevano – unico loro salario – una quota (non ricordo se la metà o una misura diversa) del formaggio prodotto dalle mandrie e del ricavato dalla vendita della lana e degli agnellini.

Serbo ancora vivi nella memoria i volti e i nomi dei “pecorari”, Rocco, Saverio, Luigi e compare Tommaso, anche se i medesimi, da un bel po’, si sono insediati su pascoli posti assai più in alto, ma sempreverdi.

Da quando ho scelto di divenire eremita – tale, almeno per via dell’isolamento e della lontananza dai figli – ho avvertito un nuovo bisogno, ossia a dire avere costantemente la compagnia d’un gatto. Ragion per cui, se ne sono già alternati nove, maschi e femmine, in prevalenza di pelo nero e occhi da favola, e, però, con tre eccezioni, esemplari parimenti fantastici, rappresentate da un persiano e due certosini.

Non impongo un nome ai miei gatti, sono e li chiamo semplicemente micio o micia; do loro, bensì, affetto, attenzione, cura, assistenza e, a dichiarare la verità, i cari amici mi contraccambiano oltre misura. Alla loro presenza e vicinanza, ho trascorso momenti lieti e meno, ho visto ovviamente venire alla luce micetti e ho sofferto di qualche misteriosa sparizione e/o epilogo tragico.

Mentre, in precedenza, erano i miei figli e i nipotini più grandi – durante le vacanze estive – a partecipare alla coabitazione con i simpatici e giocherelloni felini della Pasturizza, ora, nella casetta al mare, sono presenti anche due batuffoli biondi, le nipotine ultime nate, le quali hanno festeggiato, rispettivamente, le candeline numero sei e cinque.

E soprattutto, è immediatamente e con naturalezza spuntata una bella, semplice e simpatica amicizia, intesa e complicità fra E. e E. (sono uguali, le iniziali del nome di battesimo delle  piccole) e l’attuale amico a quattro zampe, dal pelo color grigio-beige e dotato di due vispissime pupille verdi.

Di conseguenza, gli occhi del ragazzo di ieri che scrive, adusi nel tempo ad allietarsi di fronte a cascate di fusa, salti, scalate agli alberi, rincorse, capriole, goffi e avventurosi agguati alle farfalle, hanno al presente un ulteriore motivo, speciale, per tendere a sorridere e illuminarsi, ciascun mattino segna una nuova e insolita scoperta di compagnia e giocosità.

In detta cornice, è scivolata via, oramai da un pezzo, anche l’estate 2015, aggiungendo un nuovo petalo al già consistente bouquet di stagioni calde e piene che si trovano alle mie spalle. Nondimeno, per buona sorte, la vita racchiude ancora un senso e un significato: valori che avverto e percepisco dentro, con eguale intensità e nitidezza, come specchiati sulla trasparente distesa di questo mare che dà la sensazione di volerti parlare e sullo sfondo blu intenso del cielo, particolarmente alle prime luci dell’alba e tra i lumicini scintillanti della sera.

27 gennaio 2016

Rocco Boccadamo

Lecce