Rassegnarsi o ribellarsi?
Gli ultimi sviluppi della complessa crisi greca mi causano un senso di generale impotenza,oltre che di gran amarezza.Il ricorso allo strumento del referendum,istituto principe della democrazia,ed il netto pronunciarsi di quel Popolo contro il diktat dei soliti padroni del vapore avevano fatto fiorire in molti la speranza che una scelta maturata a gran maggioranza avrebbe finalmente potuto determinare se non una sconfitta almeno un ridimensionamento incisivo dei meccanismi a mio avviso perversi con i quali il cartello burocratico finanziario da Bruxelles condiziona la nostra vita.
Non è accaduto;il piano di Atene redatto con la consulenza di esperti francesi ha praticamente stravolto in senso nettamente peggiorativo quanto deciso dalla gente nelle urne.Tsipras,il quale aveva provveduto a dimssionare il Ministro Varoufakis sgradito ai mandarini europei per la sua intransigenza lucida e coerente,ha ceduto accettando condizioni che definire capestro sarebbe un eufemismo.Sostiene,il Premier greco,di non aver avuto altra scelta.Non è vero,in assoluto.Non ha avuto il coraggio politico di farla una scelta diversa.Ha preferito di fatto cedere al ricatto,alle minacce e magari senza rendersene conto ha condannato il suo Paese al ruolo di mera colonia per soddisfare i creditori.
Questa faccenda mi suggerisce che alla fine la cosiddetta voce del Popolo sovrano in questa farsa di Europa conta nulla,che le scelte vengono imposte dai soliti noti ed eseguite pedissequamente da Governi locali senza se e senza ma.Anche se si son verificate defezioni importanti tra i membri del Governo ellenico,anche se Syriza si è spaccata come un frutto troppo maturo, alla fine ci rimane soltanto il fatto di aver creduto di poter,con il voto,contare qualcosa.
A questo punto,restano due le scelte possibili:
- rassegnarsi a vivere sotto il tallone di un oligopolio burocratico finanziario,che implementa politiche di sempre maggior recessione con il risultato di impoverirci da tutti i punti di vista,di relegare masse di giovani nel limbo del lavoro nero o precario,costringendo la stragrande maggioranza dei pensionati e dei milioni di poveri ad una vita molto grama,subendo la grande oltraggiosa beffa di un Renzi tronfio ed arrogante gloriarsi di una crescita del PIL stimata a fine anno di un meraviglioso 0,6%.Con la spudoratezza di rivendicarlo come un gran successo,quando chi mastica un tantino di economia sa benissimo che,per dottrina comunemente accettata,occorre che Il PIL cresca almeno del 2% annuo per poter iniziare a riassorbire la disoccupazione e stimolare concretamente consumi e crescita.
Allora,ove non volessimo accettare supinamente questo stato di cose,dovremmo ribellarci.Senza violenza.Unica maniera efficace in grado di mettere in crisi non solo i politici incapaci e collusi ma un intero sistema di classe dirigente.In massa,pacificamente gandhiani,rifiutiamoci di pagare i tributi,lasciamoli senza foraggio.Non potranno perseguirci se saremo in tanti a farlo;ritiriamo i risparmi dalle banche,vendiamo i titoli di stato,attrezziamoci per resistere.Loro cederanno e crolleranno prima,ne son sicuro.
E quando saranno stati condannati dal nostro generale ostracismo,allora potremo sperare di ricostruire una compagine sociale,una economia,una democrazia nuove e vere.
Dr Antonio Ancora