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Sabato, 27 Aprile 2024
Moi te nde ticu quattru

"Il filobus, l'inutile e scalcagnato mezzo che tutti devono provare"

Articolo semiserio dell'avvocato Alessandro Gallucci, delegato Aduc di Lecce. Un delizioso resoconto di un giro sul mezzo elettrico. "Tragitto in circa 7 minuti. Più o meno lo stesso tempo che occorrono con i minibus a metano"

 

Nulla di quello che racconterò qui di seguito era in programma; ho improvvisato. Un giorno lavorativo qualunque, un po’ per caso, un po’ per curiosità, mi sono cimentato in un’impresa unica e irrepetibile nel suo genere. In pochi temerari, in città, c’hanno provato; alla fine però ho capito che devo consigliarlo a tutti. La sensazione è stata quella di svolgere un servizio per i tanti utenti dello scalcagnato trasporto pubblico leccese, ma non solo; credo di aver fatto un qualcosa che mi ha fatto crescere come persona e come cittadino. E’ naturale, allora, darne conto. La data rimarrà impressa per sempre nella mia memoria e nella storia dell’associazione: 15 marzo 2012 ore 10.25. Dopo circa due mesi dalla sua prima corsa anche noi abbiamo deciso di salire sul filobus per provare l’opera pubblica più costosa (e ritardataria) della storia di Lecce.

Ore 10.25. Via Francesco Calasso: prima fermata direzione Stazione Fs. Passo là vicino e proprio in quel mentre si ferma il filobus. Esito un attimo ma poi non ho dubbi: devo fare un giro. Mi sento un po’ in imbarazzo: non ho nemmeno un pasticciotto con me (1). Saliamo in tre. L’autista del filobus accoglie l’utente con un sorriso appena abbozzato. Indossa la giacca d’ordinanza ed un occhialone da sole che non lascia trasparire lo sguardo. Non si capisce se è stranito per la gente che sale, o ormai, è abituato al fatto. Sta di fatto che annota, credo, il numero di passeggeri. Li conto anch’io, per curiosità: siamo in dieci e stiamo larghissimi. Non si paga il biglietto. La Sgm, fin dall’inaugurazione, ha tenuto a far sapere che per i primi tre mesi il servizio è completamente gratuito. Insomma salire sul mezzo senza dover pagare, toglie al viaggio quel pathos che ogni “portoghese”, anche il più consumato, prova.

Passa un minuto ed alle 10.26 inizia il viaggio.

Il filobus e’ silenziosissimo, quasi nessuna vibrazione; il rumore è quello tipico dei mezzi elettrici. Non si parla al conducente, ma un signore, piazzato sul primo posto, chiacchiera ed esprime giudizi. Alla rotatoria vicino al Bar commercio – luogo in cui si narra che il filobus rimase incagliato per fare l’inchino agli avventori del bar – le sue prime osservazioni tecniche: il signore parlava come se ne capisse, come se fosse un consumato progettista di opere pubbliche. Se la linea verrà potenziata, penso, deve presentare il curriculum. La prima fermata, quella all’imbocco di viale De Pietro è deserta: il bestione elettrico tira dritto. L’atmosfera a bordo è serena; qualcuno parla, altri si godono il tragitto, uno si prepara a scendere. Il tasto per prenotare la fermata funziona benissimo e ce ne sono tanti; niente acrobazie per utilizzarlo. Ad un certo punto parte una musica, la riconosco subito: è Maracaibo. Pensavo che il Comune avesse fatto una selezione musicale per allietare il viaggio ma, purtroppo, non era così: solamente la suoneria di un cellulare. E’ stata l’unica delusione!

Ore 10.28: fermata viale De Pietro vicinanze Tribunale. Sale una signora con un valigione formato “starò fuori per mesi”. Il progettista, improvvisatosi facchino, l’aiuta. Non ho capito se per gentilezza o per la mini gonna. Forse sono troppo malizioso. Lei ringrazia in anticipo e dice: “Grazie, per fortuna che non è pesante”. “Insomma!”, esclama il tuttofare con un sorrisino. L’autista osserva, prende nota, chiude le porte e riparte. Nemmeno una macchina sulle corsie preferenziali: incredibile!

Ore 10.31: due signore prenotano la fermata in via XXV luglio, vicino alla prefettura. Loro scendono e sale un tizio sospetto. Viso smunto, capi grigiastri radi, barba grigia incolta, occhio leggermente rosso, cappotto con il bavero alzato e mani in tasca. Si siede quasi in fondo. Pochi dubbi: se non è un alcolizzato, è il famoso sabotatore di filobus che si aggira in città. Potrebbe essere entrambi. Peccato che non ho il cellulare di Gianni Peyla (2), altrimenti l’avrei subito chiamato. Il mezzo procede lento per il traffico e le macchine che, di striscio, impediscono di camminare spediti. Mi godo il viaggio e sono emozionato. Sembra di essere a Milano, mancano solo i monitor pubblicitari.

Ore 10.33: qualcuno prenota la fermata alla fine di via XXV luglio, di fronte al Castello Carlo V. Mi rendo conto che sto esagerando, non posso completare tutto il percorso. E’ come quanto apre una pasticceria nuova: si prova tutto ma un po’ per volta. Le scorpacciate non fanno mai bene. Decido di scendere. Nel frattempo un signore domanda: “Riparte subito?”. “No, tra quattro minuti”, risponde l’autista. Una sosta, penso, che potrebbe essere utilizzata per metterlo a disposizione della cittadinanza, come si fa per gli alberghi appena aperti che lasciano visitare le stanze. Nel frattempo mi allontano soddisfattissimo e felice.

Ho dovuto aspettare 1707 giorni dalla data prevista per la consegna dell’opera – oltre a qualche disagio, un paio di arresti per tangenti, rogatorie internazionali, strappi e ricuciture politiche grottesche, 23 milioni di euro spesi e non si sa quanti debiti per le casse comunali – per percorrere il tragitto in circa 7 minuti. Più o meno lo stesso tempo con i minibus a metano che funzionano da qualche tempo e sono costati molto meno. Ce ne vogliono 15 a piedi, 9 in bicicletta: a costo zero. Ne vale la pena usarlo! Il filobus è bello, silenzioso ed efficiente. Il personale è cordiale e per un altro mese le corse sono gratuite (magari prorogano la promozione, ci sono le elezioni in vista ed il presidente, pare, si ricandidi per sostenere il sindaco uscente); insomma, viaggiare sul filobus ti mette di buon umore. Non vedo l’ora di riprenderlo e completare il percorso. Eppoi non si sa quando inaugureranno altre due linee: che bello! Usiamolo tutti!

(1) All’inaugurazione della linea 29 (l’unica a tutt’oggi attiva) il presidente della Sgm (società che gestisce il trasporto locale in città), Gianni Peyla, portò a bordo pasticciotti per tutti i giornalisti.

(2) Il presidente della società, ipotizzò, salvo poi sorvolare in seguito sulle sue stesse affermazioni, che alcuni inconvenienti occorsi al filobus (del tipo macchine parcheggiate sulle corsie preferenziali) fossero opera di alcuni sabotatori.

* delegato Aduc-Lecce

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