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Se la Taranta brucia in mezzo alla Fòcara

In un futuro di beni immateriali, ci sarà ancora spazio da parte dei politici per pensare ai problemi materiali? La Fòcara, un'altra tradizione locale che sta diventando puro business. Per pochi

Sono anni, ormai, che si fa un gran parlare di radici. Spesso, però, ci si dimentica di chi ha piantato radici nel terreno dell'affarismo annaffiato di politica trasversale che tutto divora, dove la tradizione esce fuori dal suo guscio paesano al grido di facciata "internazionalizzeremo il Salento". Seduti intorno ad un tavolo, ad ingrassare, sempre i soliti, mentre al resto del mondo non resta che rosicchiare le briciole. Si parla di arricchimento economico e culturale, ma a conti fatti, la mattina dopo, ci si sveglia da anni, ormai, sempre alla stessa maniera: l'alito di vino scadente della fiera ed il solito bus che passa fuori orario sotto casa. Inizia un'altra giornata di lavoro (per chi ce l'ha) e intorno, nel Salento, non è cambiato nulla. Imbellettarci per la festa e urlare "viva il Salento", chiudendo gli occhi davanti alle discariche che traboccano, alla voragine del buco sanitario, alle tasse che si alzano. E' questo il gioco, per un futuro fatto di beni immateriali, mentre intorno si moltiplicano i problemi materiali.

La trasformazione di un rito in spettacolo per la massa famelica, con tanto di marchiatura a fuoco di evento doc degno di fotogrammi da sparpagliare in mondovisione, sta diventando il vero culto locale, in cui la classe politica nostrana, mai sazia di presenzialismo, cavalca la scena e si gode la sua ora di (vana) gloria, per l'ennesima volta non richiesta. Taranta docet. Ma attenzione. Nessuno vuol toccare la "Fòcara", anche perché si rimarrebbe invariabilmente scottati. Il rito antichissimo è sempre un piacere da gustare, il fuoco che arde e attorno al quale si raggruppa un'intera comunità, quella di Novoli, in questo caso, è il segno più tangibile di un mondo contadino - quello sì, realmente fedele al suo folklore - che non vuole perdere il solco tracciato dagli antenati.

Maestoso il monumento di viti secche intrecciate dalle mani sapienti dei maestri che brucia nello stesso modo da secoli. Un gigante di 23 metri, quello di quest'anno, che ha illuminato incandescente la notte. E bellissimo anche lo spettacolo musicale "Il terrone, lo zingaro, l'ebreo", intorno al quale si è accalcato il grosso del pubblico giunto a Novoli per ascoltare la fusione di sonorità fra le note di Roy Paci, Boban Markovic e Frank London. Quello che non piace sono le forzature commerciali che trasformano ormai ogni cosa nella plancia di "Monopoli" da colonizzare, dove di salentino spesso c'è ben poco, e con costi stratosferici che gravano sulla comunità per mettere in piedi un colossale baraccone con un ritorno effettivo, per quella stessa comunità che ha sborsato, dubbio, se non addirittura aleatorio. Proprio come quel fuoco che arde vivo e dopo il quale non resta che cenere, solo e soltanto cenere.

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