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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Anno nuovo, vecchio Lecce. Ed il pareggio è di rigore

Finisce 0 a 0 il confronto con il Messina. Salentini mai incisivi e peloritani chiusi in difesa, pronti a ripartire in contropiede. E Valdes, nel finale, si fa parare un tiro dagli undici metri

Anno nuovo, vecchio Lecce. Ovvero, l'arte di fare due passi in avanti ed uno indietro. Il Bologna trucida il Mantova con un 3 a 0 senza appello, il Pisa si sposta in casa dello Spezia a bordo di uno schiacciasassi e lo riduce in polvere (1-4), il Chievo incontra il Grosseto e lo liquida con il più classico dei 2 a 0. I salentini restano invece ancorati al ricordo dei successi dicembrini, e perdono quota in classifica. Un 3 a 0 sull'Albinoleffe, poi quattro palle sotto appese sull'albero di Natale nella memorabile sfida di Bari. Si ferma all'ultimo scorcio di 2007 il conteggio dei gol. Con il Messina, in casa, il Lecce resta fermo al palo. Ed il pareggio a reti inviolate, alla fine, sarà di rigore. Da prendere alla lettera. Valdes nel finale si presenta sul dischetto per il più sacrosanto dei tiri dal dischetto mai accordati nella storia del calcio, ma si fa stregare da super-Manitta, uno che da queste parti c'è passato giovanissimo, per fare il vice di Chimenti.

La vittoria ci poteva pure stare, certo. Il Lecce, in fin dei conti, ha cercato di regalarsi il primo gol del 2008 con qualche sporadica sortita lucida nel torpore generale delle idee. Almeno nel primo tempo. Perché la ripresa resta fra le peggiori della stagione. Sospesa sul filo di un'abulia alimentata dalla lentezza della manovra. Il Messina ringrazia: Di Costanzo trova le misure giuste a centrocampo per impedire ai salentini di superarne il cerchio e accarezza, di tanto in tanto, il sogno di un colpaccio a suon di contropiedi e velenosi lanci di Cordova. Chiusi, certo, come dice Papadopulo, i siciliani. Ma onore lo stesso all'avversario. A Lecce senza mezza squadra (D'Aversa, Biancolino, Parisi fra tutti) ha fatto buon viso a cattivo gioco e se n'è uscito a testa alta e con un punto che fa anche morale. Si sa, sono proprio le trasferte il neo del Messina.

Tiribocchi, prima di questa gara, aveva assicurato la piazza: il Lecce sta bene, il lungo stop non ha spezzato il ritmo. Pura diplomazia pretattica, perché in realtà non è del tutto vero, e già nel test con il Taranto le gambe erano apparse pesanti. Lo stesso Tir è sembrato a tratti con le ruote sgonfie. Ha lottato come suo solito, ma senza incidere più di tanto. Anche perché circondato da una gabbia peloritana ritagliatagli addosso ad hoc. Mossa studiata a tavolino e azzeccata, anche perché buona parte del gioco del Lecce si basa sulle verticalizzazioni per il bomber romano. Se poi si sommano un Zanchetta ancora in deficit, un Munari oggi fuori condizione, un Ardito tenace in fase di interdizione, ma evanescente in avanti, il quadro è completo. Con una linea mediana tagliata fuori e le fasce usate solo di rado, lo zero a zero finale è servito.

Già, le fasce. Il Lecce le ha sfruttate poco, nonostante le indicazioni di un Papadopulo scatenato sulla panchina. Eppure è proprio da lì che sono arrivate le migliori occasioni. Mihoubi è stato abbandonato da tutti sulla fascia sinistra. Servito poco dai compagni, lasciato senza copertura dal Messina. Il fatto inedito è proprio questo: dai piedi del franco-algerino, ultima scelta possibile viste le assenze concomitanti di Ariatti (squalificato) e Giuliatto (influenzato), sono partiti i palloni più preziosi. Incisivo, ma solo a tratti, anche Angelo, del quale va però detto che ha corso praticamente per tutti gli altri.

Il primo tempo inizia con un'estenuante fase di studio. Abbruscato va in gol pescato dal Tir dopo pochi secondi, ma il fuorigioco è netto. Qualche angolo, rimpalli a centrocampo, e il Messina che fa capire di non voler solo guardare. Pestrin al 19' tira dalla distanza, Benussi (confermato per la terza gara di fila), si allunga e blocca a terra. E' al 23', quando il Lecce sembra che abbia iniziato finalmente a carburare, che Manitta si arrampica in cielo con uno strepitoso scatto di reni, salvando il risultato. Mihoubi crossa morbido e di precisione di sinistro al centro dell'area e dalle retrovie, completamente dimenticato dalla difesa messinese, svetta Cottafava che incorna di prepotenza. Ma l'ex portiere del Lecce ha un riflesso felino e devia in angolo. Due minuti più tardi è Abbruscato a presentarsi in area, ma il diagonale, fra le sue specialità, è debole e Manitta può bloccare prima che da dietro faccia irruzione il Tir.

Si chiude senza altri scossoni un primo tempo che non passerà alla storia, seguito da una ripresa che finirà nel dimenticatoio. La prima impressione, al ritorno in campo, è che il Lecce abbia già finito le batterie. Quello che manca, rispetto ad altre uscite, è la tipica partenza a razzo. Il Lecce resta chiuso e un po' frustrato nella propria metà campo, e l'andazzo si percepisce fin dalle battute iniziali. Cordova sfiora la traversa con un malizioso calcio di punizione dalla distanza, ed è appena il primo minuto. Davanti a poco meno di 7mila spettatori, i padroni di casa scompaiono lentamente dalla gara. Solo al 20' il Tir trova un corridoio per Angelo che s'invola sulla fascia, ma il cross al centro del brasiliano è intercettato dalla difesa. Un Zanchetta sempre più opaco supera il centrocampo solo al 23'. Visto che non ispira la manovra, prova a mettere una firma sulla gara con una fiondata dalla distanza. Ma Manitta c'è. Solo un minuto più tardi, il Messina conquista l'ennesima punizione sulla tre quarti. Calcia Cordova che trova la testa di Stendardo. L'incornata non è di quelle che spaccano il mondo, ma la traiettoria beffarda. Benussi deve smanacciare in corner.

Inizia a piovere qualche fischio di disappunto, mentre il capitano abbandona la nave e Papadopulo inserisce, un po' a sorpresa, Valdes. Che non va a fare l'attaccante, ma il regista. Al 28' ci prova anche il Tir, e sempre dalla distanza, perché entrare nell'area avversaria è ormai un tabù. Palla forte e tesa, che però cozza contro i cartelloni pubblicitari. Il minuto 38 segna la possibile svolta. Mihoubi, sempre solitario sulla sinistra, mette al centro un traversone che Stendardo intercetta con la mano. L'arbitro Tommasi ci pensa qualche secondo, poi accorda il rigore. Dagli undici metri si presenta il "pacarito", che in barba alla sua tradizionale soluzione di precisione e a mezza altezza, sceglie il tiro di potenza semi-rasoterra. Ma già dalla rincorsa si capisce dove Valdes calcerà, e Manitta può volare sul lato destro e respingere il pallone con la mano aperta. Porta stregata, e sintomo che sul tavolo verde del "Via del Mare" ormai "rien ne va plus". Sulla roulette la pallina si ferma sullo zero, e neanche in zona Tulli (al posto di Abbruscato) la soddisfazione di prendere la posta.

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