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Mister Bollini, un addio più che un arrivederci: "Qui la filiera è troppo sgranata"

Il tecnico del Lecce, che pure avrebbe un altro anno di contratto, domani ordinerà il rompete le righe. In conferenza stampa ha voluto ribadire molti dei concetti già espressi, invitando l'ambiente tutto a mettersi in sintonia con la dimensione della Lega Pro

LECCE – Più che un arrivederci, è suonato come un addio. Alberto Bollini lascia Lecce con un carico di amarezze, per non aver conseguito il risultato sportivo che si era prefissato, ma anche con la consapevolezza di aver fatto una scelta, quella di venire nel Salento, che rifarebbe anche conoscendone l’esito negativo. Perché qui – ha detto il tecnico in conferenza stampa – ha lavorato in un gruppo di persone appassionate e competenti, che ha voluto ringraziare una per una, disponendole in una sorta di formazione ideali con dirigenti al seguito.

In porta Roberto Vergallo, (preparatore dei portieri). In difesa, da destra a sinistra Cristinel (fisioterapista), Graziano Fiorita (fisioterapista), Paolo Micelli (magazziniere), Francesco Negro (preparatore atletico). In mediana c’è Francesco Lillo (team manager), nel ruolo di interni Antonio Faita e Giovanni Rizzo (i medici sociali). Esterni offensivi Paolo Redavid (preparatore atletico) e Andrea Ferrante (addetto stampa), falso nueve Giovanni Fasano (magazziniere). In panchina l’allenatore Giuseppe Marcadante (dirigente accompagnatore), il team manager Franco Marchello (magazziniere), addetto ai campi Antonio Giannuzzi (custode) e Fernando Fiorita nel suo storico ruolo di massaggiatore.

Ha voluto terminare così, con la citazione di tutti coloro che ogni giorno, in maniera silenziosa, si sono prodigati con generosità e professionalità per onorare la maglia giallorossa. Alberto Bollini, con lucidità e serenità, ha incontrato, probabilmente per l’ultima volta, i cronisti nella sala stampa del “Via del Mare” prima di un rompete le righe che arriverà domani al termine dell’allenamento in programma alle 9.30 allo stadio. Intanto in piazza Mazzini, sede del club, sono in corso incontri con i giocatori: alcuni rescinderanno il contratto, altri no.

Ma la vera incognita è quella che grava sul futuro del calcio professionistico a Lecce, stante la volontà della famiglia Tesoro di disimpegnarsi: “Se i contatti che ci sono stati non sono andati a buon fine – ha detto – non è certo a causa dell’attuale proprietà, che non vuole certamente arricchirsi dalla cessione”. Parole che confermano come i tanti personaggi in cerca di autore che in queste settimana hanno conquistato le pagine di molti giornali non siano stati in grado di offrire, almeno al momento, le minime garanzie richieste. E forse qualcuno aspetta che il titolo societario venga messo nelle mani del sindaco, per poi rilevarlo a costo zero.

Per quanto riguarda il proprio futuro, l’allenatore, che pure avrebbe un altro anno di contratto, è stato sufficientemente esplicito: con questo o con un rinnovato corso societario, rimarrebbe “con un programma fatto di pochi punti, ma chiari”. D’altra parte, la sensazione con la quale si accinge a lasciare la guida di una squadra che ha conquistato 28 punti in 15 partite – con una media punti che proiettata sull’intero campionato avrebbe significato 71 punti – è quella di una “filiera sgranata”, dove cioè gli ingranaggi non sono ben collegati.

Bollini, su questo concetto, è tornato alle parole utilizzate nelle sue prime uscite pubbliche come allenatore del Lecce: “C’è troppa delusione per gli anni precedenti: purtroppo la serie A non c’è più. Ci sono ancora dei parametri sbagliati, bisogna che tutti si sintonizzino sulla mentalità della Lega Pro”. Dal punto di vista tecnico non ha mostrato dubbi: “Servono giocatori di categoria, soprattutto in questo girone dove si affermano squadre poco spettacolari ma che sanno approfittare degli errori altrui”.

Il tecnico di Poggio Rusco si è tolto, con grande garbo, qualche sassolino dalla scarpa anche riferendosi ai giornalisti: con riferimento alla carta stampata e alla tv ha stigmatizzato il fatto che venga concesso uno spazio abnorme a personaggi che non hanno mai visto personalmente una sola partita del Lecce; ai cronisti che lavorano sul web ha consigliato di indugiare con più pazienza nella lettura della prestazione e non solo del risultato. D’altra parte sono note le difficoltà di contesto nelle quali si è sviluppata la vicenda calcistica di questo triennio, soprattutto nella sua seconda metà: parte dell’ambiente è stato pregiudizialmente ostile alla famiglia Tesoro per questioni di campanilismo o di interessata nostalgia della gestione precedente (responsabile del doppio declassamento). O anche solo per irrefrenabili tentazioni di protagonismo che sulla Rete trovano un palcoscenico e una ribalta in altri tempi improponibili.

Al contempo sono stati diversi gli errori nella conduzione delle campagne di trasferimento che ha portato all’allestimento degli organici gravati anziché impreziositi da operazioni di ruffianeria con calciatori che di fatto avevano già dato tutto quello che avevano, ma che hanno pensato di fare il bello e il cattivo tempo godendo di una sorta di immunità derivante da una sorte di scontata benevolenza nei loro confronti: questi due ingredienti approssimativi hanno prodotto una miscela che, nonostante tutto, ha spinto la squadra per due volte in finale nei primi due anni, mentre nel terzo – complice anche un pizzico di sfortuna (Salernitana in casa), di autolesionismo (Martina Franca e Ischia nel girone di andata) e di accanimento terapeutico (come a Catanzaro) – i nodi sono venuti tutti al pettino fino a determinare il fallimento del sesto posto in classifica.

P.S. Da dove e come si ripartirà, non è ancora dato saperlo, ma intanto il sottoscritto si congeda dalla stagione 2014-2015 ringraziando tutti i lettori per la pazienza dimostrata davanti a errori, imprecisioni e forse ad una partecipazione emotiva che ancora non ho imparato a trattenere. Da parte mia, infine, un ringraziamento sentito a Salvatore Chilla che con i suoi scatti, in tutte la partite in casa e in molte trasferte, ha saputo ben accompagnare il racconto di questo amaro campionato. Gabriele De Giorgi

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