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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Umtiti e Blin, il campione e l'anti-personaggio: storie da Lecce

La stagiona calcistica racconta vicende molto diverse tra di loro. Il merito di Baroni e del club è saperle tenere insieme

LECCE - Ci sono storie che sembrano fatte apposta per esaltare ed entusiasmare i tifosi. Quella di Samuel Umtiti ne è un esempio: campione del mondo e punto fermo del Barcellona, si ritrova in discesa libera (non la specialità dello sci) a causa di un grave infortunio a un ginocchio e di successivi contrattempi che ne compromettono il ritorno ai livelli precedenti il patatrac. Resta ai margini del progetto tecnico del club blaugrana dove, per giocare, devi essere campione due volte: di calcio e di condizione atletica.

Ecco che il neopromosso Lecce gli fa un’offerta che all’inizio sembra la tipica invenzione da esperti annoiati di calciomercato, ma che poi si concretizza in tutta la sua irrazionalità: vieni qui, starai bene, gli dice Pantaleo Corvino. Può essere che in questo modo, in un posto più tranquillo che non sono nemmeno sicuro di sapere dove sia sulla cartina, ce la faccio a convincere Deschamps a portarmi in Qatar, pensa Umtiti. L’accordo è fatto e l’arrivo all’Aeroporto del Salento assomiglia molto, per come viene raccontato, allo sbarco del primo astronauta sulla Luna: un evento straordinario.

Il corso delle cose, però, devia dal copione e il finale da favola si allontana: Umtiti lavora tanto, ma Baroni, l’allenatore, non si intenerisce. Alla sosta del campionato il centrale difensivo arriva con 5 presenze (di cui 4 da titolare) e questo non basta. La convocazione con la Francia resta un sogno nel cassetto, trapelano i primi malumori del Barcellona che, pagandogli un ingaggio da capogiro, non vuole vederlo parcheggiato in panchina. Ci sono reali possibilità che qualche altro club lo abbia chiesto? Questo ancora oggi non è dato saperlo, resta il fatto che il calciatore durante la lunga pausa del campionato lavora intensamente, come tutti i suoi compagni, e finalmente fa una vera preparazione atletica.

Il Mondiale è alle spalle, i rimpianti non si sa, ma la rinascita certamente no: Umtiti riprende da dove aveva lasciato, assume pienamente il controllo della linea difensiva, fa sentire la sua presenza ai compagni e agli avversari. Mica lo puoi ignorare uno con la sua storia. La partita contro la Lazio, che il Lecce vince 2 a 1 in rimonta, suggella il suo vero ritorno. Il difensore di origine camerunense lo sa, lo sente insieme al pubblico che scandisce il suo nome, che lo aiuta quasi fisicamente a emergere dalle paludi dell’oblio. Se al fischio finale ha gli occhi visibilmente lucidi, non è perché alcuni idioti dal settore Ospiti hanno cercato di provocarlo con beceri ululati e coretti di stampo razzista: certo, quello scempio ha acuito il picco emotivo, ma non la ha determinato . Umtiti non ha ancora compiuto 30 anni e ora, rigenerato dalla provincia italiana, può davvero puntare a un finale di carriera degno della sua storia.

Poi ci sono storie che sembrano fatte per passare inosservate, lontane anni luce dai gusti un po' retorici di certe mode narrative. Nondimeno sono vicende affascinanti e il loro nocciolo di bellezza sta nel fatto che anche le persone comuni riescono a rivedere qualcosa di sé, della propria normalità. A questo genere della letteratura sportiva si possono iscrivere le storie di Federico Baschirotto e di Joan Gonzalez, per fare due nomi meritatamente in voga in questo periodo, ma quella di Alexis Blin, che nell’estate del 2021 il direttore Corvino, (sempre lui) ha voluto portare a Lecce, ne è la quintessenza perché non ha in sé nulla di eclatante.

Nato a Le Mans, con la maglia del Tolosa Blin fa il suo esordio in Ligue 1 e disputa quattro stagioni prima di andare all' Amiens, a due passi dal Canale della Manica. In tre campionati, compreso l’ultimo in Ligue 2, diventa un idolo del pubblico locale tanto che, quando accetta la proposta del Lecce, il saluto è doloroso. Il club gli dedica la “copertina” del suo sito ufficiale, mentre il calciatore scrive su Instagram uno dei suoi rari post: “So che un giorno tornerò qui”, poi fa le valigie e parte. È una fase, quella, di passaggi importanti: poche settimane prime, infatti, ha sposato Jessica.

Con il profilo basso di chi sa che il suo compito non è quello di trascinare le folle, ma di alzare trincee e assaltare le linee nemiche, a seconda del momento, Blin veste la sua vita di giallorosso. Nella prima stagione a Lecce entra in punta di piedi, ma senza mai arretrare di un passo, nel progetto tecnico: osserva e impara, non sfigura praticamente mai quando viene chiamato in causa, talvolta da titolare, altre volte come subentrante.

La sua importanza nei meccanismi di funzionamento della squadra emerge – quasi per contrasto - quando non c’è. Se è in campo, del resto, tutto sembra più normale: le distanze tra i reparti, i recuperi, i raddoppi. Le discese ardite e le risalite. Blin non è uno che si avventura in territori inconsueti: contrasta, corre, cerca passaggi lineari, non si complica mai la vita. Sa dove farsi trovare, di testa se la cava molto bene e mette anche al centro palloni interessanti se va al cross.

Dopo la promozione del Lecce in A fa parte del nucleo sul quale viene costruito l’organico per la nuova stagione e la sua permanenza non è un caso. Il minutaggio rispetto al campionato cadetto aumenta: su 17 giornate, in 15 gioca e il più delle volte da titolare. Intanto diventa anche padre, di Carla.

Si esalta nel gioco fisico, ma non è falloso e, soprattutto, è sempre pronto ad aiutare il compagno in difficoltà, a riconquistare le posizioni rimaste scoperte, a lanciarsi sull’avversario che tenta il tiro dal limite dell’area di rigore. Se fosse un giocatore di rugby starebbe nel pacchetto di mischia, ma se la caverebbe anche come mediano di apertura perché è geometrico nei movimenti, sa fare pulizia, come si dice in gergo. Se fosse un attore starebbe bene in un poliziesco, tanto nei panni di un ragazzo delle banlieu che veste tute Adidas e ascolta musica rap, quanto in quelli di un elegante investigatore. È versatile, ci sa fare.

Un giocatore di sostanza, un silenzioso punto di riferimento. Lo sa bene anche il padre di Gendrey che, commentando un post di Blin, lo ringrazia di essersi preso cura del figlio in questa avventura salentina dopo aver condiviso lo spogliatoio dell'Amiens. Rivedendo le partite del centrocampista, tornano in mente le dichiarazioni di mister Baroni prima della trasferta a La Spezia: “In questa squadra ci sono tanti capitani, non solo quello che indossa la fascia”.

Non ha la classe cristallina del campione né i crismi del personaggio: per questo il suo nome non comparirà in molti titoli di giornale. Di certo, però, quelli come lui sono sempre più introvabili. La sua normalità ci rassicura: non si tirerà mai indietro. E allora: “dieci, cento, mille Alexis Blin”.

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