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Ci vuole un'Inter a cinque punte per battere il Lecce

I nerazzurri s'impongono per 1 a 0, dopo che Mourinho si vede obbligato a cambiare l'assetto di gioco, rispetto al primo tempo. I salentini sfiorano il gol con Esposito e Zanchetta, ma poi capitolano

Povero Mourinho, nervi a fior di pelle. Quanti fogli di taccuino avrà scarabocchiato, prima di gettare tutto all'aria e inventarsi un'Inter a cinque punte? Una sorta di cavatappi per sturare in modo coatto quel molesto turacciolo progettato dal milanista Beretta: un Lecce arroccato nelle retrovie, ma con pericolose accelerate offensive. Grattacapi per Julio Cesar, quando i salentini scendono in improvvisa picchiata. Almeno nel primo tempo. Nella ripresa, un po' per necessità, un po' per stanchezza, la fisarmonica non si apre più ed il Lecce si rintana sotto la tre quarti. Una barricata che regge fino ad una decina di minuti dalla fine. Perché quest'Inter banale e povera di idee ha dalla sua nomi di primordine che mozzano il fiato solo a pronunciarli. E quando nel mezzo disordine di un'offensiva senza né capo, né coda sospinta però da un Maicon incontenibile, quel diavolo d'un Cruz s'inventa la legnata di contro balzo che passa come un siluro in mezzo all'area di rigore, i giochi sono finiti. Ma al Lecce va comunque l'onore delle armi.

Imprevedibile Beretta, s'inventa di punto in bianco una squadra nuova. Fra modifiche tattiche e turn-over, accarezza il sogno di un colpo gobbo al "San Siro" disegnando una difesa in cui solo i centrali sono i soliti Stendardo e Fabiano. Sulle fasce, ecco a destra un Angelo che ancora una volta convince poco e che deve abbandonare nella ripresa per infortunio e a sinistra l'Esposito che non t'aspetti, roccioso e ordinato, utile in una difesa a quattro destinata a spingere poco per dedicarsi solo alla marcatura stretta. Novità anche a centrocampo, dove ritorna Munari. I tempi sono dettati da Zanchetta, ma soprattutto ricompare l'interditore per antonomasia: Ardito. Aggressività di un mastino e senso della posizione, ingaggia una lotta senza quartiere in mezzo al campo trasformandosi in un muro contro il quale vanno a schiantarsi prima o poi tutti gli uomini in maglia nerazzurra. A sinistra, confermato Ariatti, che gioca fino alla fine, ma soffrendo molto. In attacco, a completare l'inedito 4-4-2, Tiribocchi e Cacia. I padroni di casa rispondono con una formazione senza sostanziali novità rispetto alla vittoria di Torino. Nel 4-3-3 di Mourinho giocano, davanti a Julio Cesar: Zanetti, Cordoba, Burdisso, Chivu, Vieira, Cambiasso, Stankovic, Mancini, Ibrahimovic e Adriano. Tanti bei nomi, ma impianto con poca qualità espressiva.

I ritmi sono bassi, l'Inter, che deve fare gioco, perde molti palloni. Ibrahimovic e Mancini spaziano sul fronte offensivo, ma le loro fiammate si perdono nella gabbia salentina, dove Fabiano e Stendardo svettano su tutti. E così, la prima palla gol, strano ma vero, capita fra i piedi del Lecce. Anzi, sulla testa di Esposito. Punizione dalla tre quarti del campo interista, solita pennellata di Zanchetta, ed il terzino sinistro, affacciatosi in area, tocca di testa mandando di un soffio al lato. Gelo nelle vene di Julio Cesar, di fronte ad una difesa di statuine. L'Inter non ci sta a fare una magra figura di fronte al suo pubblico, ma la risposta arriva solo al 25', e da calcio di punizione. Posizione centrale, sulla palla Ibrahimovic. Il suo destro è una scudisciata che imprime alla sfera la potenza del tuono. Pieno incrocio dei pali. Tre minuti più tardi ci prova Adriano a mettere paura: raccoglie di testa davanti a Benussi un angolo a rientrare di Burdisso, ma ostacolato da Fabiano, non schiaccia la sfera, che sorvola la traversa. Vampate nel ghiaccio di una gara senza spunti. E non sembri un caso se l'unica azione manovrata degna di nota di tutto il primo tempo sia opera del Lecce. Discesa di Ariatti sulla dorsale sinistra (è il 30'), cross al centro per Tiribocchi che s'inventa una sponda all'indietro per l'accorrente Zanchetta: dal suo piede un bolide che costringe Julio Cesar al numero acrobatico.

Per la verità, in questa fase di gioco il Lecce esce spesso dal suo guscio, e lo fa soprattutto con un Cacia molto mobile, ma decisamente infelice nelle conclusioni a rete e negli assist ai compagni. Il suo movimento però mette ansie nei nerazzurri, che spesso entrano scomposti. Al 42' Chivu gli fa fallo e si becca l'ammonizione. Per Beretta tutto ok, nella ripresa scendono in campo gli stessi uomini. Mourinho, che probabilmente ha finito già un paio di bloc-notes e tutta la pazienza, lascia a riposo gli inesistenti Stankovic e Vieira e butta in mezzo Maicon e Quaresma. Quattro attaccanti per tentare scardinare la solida ragnatela salentina. Il primo cambio forzato di Beretta arriva al 49', quando Angelo rimedia una brutta distorsione e lascia il posto a Diamoutene, in insolita posizione di terzino destro, con compiti di contenimento. Al 53' esce anche il Tir, e per la prima volta in campionato si compone la coppia d'attacco Cacia-Castillo, spesso sperimentata in allenamento. Ma forse non è una scelta azzeccata, perché Tiribocchi sembra statico, ma quando prende palla costringe gli avversari a mordergli le caviglie in due, liberando spazio per i compagni. Ed è comunque l'unico in grado di inventarsi, eventualmente, il jolly vincente. Un pallone decente, e dal suo piede solo guai per i portieri.

Minuto 55, è il momento del botta e risposta: Munari riesce ad incunearsi nell'area dell'Inter dalla destra, mette in mezzo un pallone che Cacia di testa cerca di indirizzare verso Castillo, ma la difesa recupera. Ne nasce un capovolgimento di fronte, con Quaresma che riesce a servire in area leccese la testa di Ibrahimovic: lo svedese sfiora il pallone che taglia l'area piccola di netto, perdendosi sul fondo, con Adriano appostato sul palo alla destra di Benussi che manca il tempo per ribadire in gol. L'Inter è sempre più spazientita, e si percepisce da certe reazioni: al 56' Quaresma per liberarsi dalla morsa di quell'esperto di lotta grecoromana che risponde al nome di Ardito, gli rifila una gomitata che gli taglia uno zigomo. Solo giallo per l'interista. Al 61' il primo cartellino per il Lecce: lo rimedia Esposito per un fallo (dubbio) su Quaresma. Urla Beretta, Ardito, anche rammendato in viso, continua a fare il baluardo, Zanchetta scompare dal gioco in un oscuro lavoro di ripiego, Mourinho, al culmine della frustrazione, probabilmente manda il suo secondo in cartoleria a comprare un chilo di bloc-notes e nel frattempo toglie Chivu e mette Cruz. E sono cinque. Le punte.

Beretta risponde con Caserta per Cacia (minuto 74) per chiudere anche l'ultimo bottone del cappotto, ma al 78' Maicon inventa un lancio chirurgico per la testa di Ibrahimovic che, dal cuore dell'area, chiama Cruz - colpevolmente lasciato solo - alla stoccata decisiva. La palla schizza via dal limite e trafigge la porta, Benussi non può nulla. Uno a zero, e Lecce stanco e frastornato costretto a recuperare una gara impossibile, nel finale, con Castillo unica punta. L'Inter ne trae ulteriore giovamento e all'81' Ibrahimovic, dopo un netto fallo ai danni di Ardito non ravvisato dall'arbitro Bergonzi, scaglia una mina vagante da posizione impossibile con Benussi costretto ad una mezza prodezza. C'è ancora tempo per qualche sterile contropiede del Lecce fra le maglie di una snervante melina interista (Castillo e Munari), poi, dopo quattro minuti di recupero, arriva il triplice fischio. Già prima della gara si parlava di resa incondizionata, resta piuttosto il rammarico per un punto gettato al vento a causa del fatidico attimo di distrazione.

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