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Giovedì, 25 Aprile 2024
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E' di nuovo serie A: Lecce, un ritorno da protagonista

Finisce 1 a 1 la finale di ritorno fra i salentini e l'Albinoleffe. Apre le danze Abbruscato, pareggia nella ripresa Rupolo. Si torna nella massima serie dopo una stagione difficile. Ed è grande festa

Una gara, il compendio di una stagione. Speranze, sudore, lotta e sofferenza. Il gol, quel maledetto gol di Rupolo che apre la via a venti minuti da incubo, con il Lecce che arranca sulle gambe, stanco, stanco non della partita, ma di una stagione intera portata avanti con rabbia e passione. All'improvviso le gambe cedono sotto il peso di 42 giornate, con quell'appendice di quattro che è come un gioco al massacro. Ma chi l'ha votata ‘sta regola dei playoff? L'Albinoleffe spinge, Benussi si tuffa sulle gambe di Ferrari e gli arpiona il pallone fra i piedi, all'altezza del 35' della ripresa, mentre dagli spalti un interminabile "aaaaaah" di terrore accompagna l'azione . Il raddoppio sarebbe una scudisciata ingenerosa. Ancora un quarto d'ora di ansie, con Abbruscato che barcolla in campo. Ormai non ce la fa più, i tifosi soffiano dagli spalti per tenerlo in piedi, i compagni spazzano la palla dove possono, e al diavolo lo spettacolo, che tanto oggi non c'è, e non aspettatevelo, c'è solo l'obiettivo. Si aspettano solo tre fischi che chiuderanno i giochi, per sempre, lunghi come una stagione intera e senza fine.

Ed eccoli che arrivano, all'improvviso, e la grande cavalcata finisce in un bagno giallorosso. Finisce, e c'è solo la festa, che dallo stadio defluisce fino a notte fonda nella città. Finisce e al diavolo tutto. Finisce, e basta. E' serie A, un'ovazione ed un inno che s'impastano nella bocca dei 30mila, e di tutti quelli per vari motivi non possono partecipare, a partire dai salentini sparsi per il resto del mondo. Quel mondo che ora viene giù, perché, sissignori, è serie A, e il resto non conta, non conta davvero. Non conta l'insipienza delle reti televisive nazionali che hanno celebrato solo Chievo e Bologna, e che oggi non se ne fregano niente della stagione dei record di questa squadra e della festa e dell'orgoglio di questa terra, che non è solo sagre e tarantelle, ma anche spalle quadrate. Ma d'altronde, questa terra, perché dovrebbe fregarsene di loro? E' serie A, il Lecce è in serie A, e la festa è tutta salentina, gli altri non sono invitati. I giocatori del Lecce in delirio girano lo stadio con uno striscione: "Ciao Bari". Esorcizzato il "nemico", il derby e tutti i suoi drammi sono alle spalle. "Ciao Bari", e ciao a tutti.

La bolgia inizia già al 9', quando, spinto da un pubblico che è come un fiume in piena, il Tir trova il varco per Elvis. La palla scende giù che è una meraviglia, lungo l'asse centrale che taglia in due la retroguardia bergamasca e mette le ali ai piedi di Abbruscato. Il gol è fulminante, la gioia dello stadio incontenibile. Il Lecce dopo pochi ha minuti ha la qualificazione che prude fra le mani, e non vuole farsela sfuggire. All'Albinoleffe dei miracoli non resta che tentare di spingere sull'acceleratore. Deve farne tre per assaporare la vertigine del salto di categoria, ma ne basterebbero due per andare ai supplementari. Facile a dirsi. I salentini presidiano il campo e non lasciano spazi, la gara fila liscia senza eccessivi patemi, la concentrazione è altissima, e al 30' su corner di Zanchetta, Polenghi salta più in alto di tutti, incorna, e per poco non sigla il raddoppio. Ma l'Albinoleffe non è squadra che si arrenda facilmente, e nella ripresa si presenta con Bonazzi per Perico e soprattutto con un piglio più incisivo.

Il gioco si fa più duro con lo scorrere dei minuti, ma i bergamaschi non riescono a trovare varchi. Inizia a fioccare qualche giallo, contestuale alla stanchezza, poi Zanchetta fa spazio a Vives e raccoglie l'applauso dello stadio. Il Lecce però fatica sempre più a tenere le redini e anche le fiammate offensive (spesso portate avanti grazie alle percussioni di Munari) si fanno sempre più sporadiche. E la formazione di Madonna, che deve cercare ad ogni costo di segnare per non far fuggire via anche gli ultimi minuti, prima leva dai giochi il bomber Cellini per Ferrari, poi raggiunge il pareggio grazie ad un buco difensivo nel quale Ruopolo riesce ad inserirsi con la lucidità necessaria per trafiggere Benussi. Il pari accende per la prima volta la tensione nel "Via del Mare" mettendolo in guardia sui pericoli. Papadopulo solleva Tiribocchi dagli incarichi e fa spazio a Valdes. Lo stadio intero inizia a soffrire sostenendo la squadra con cori sempre più incessanti, e si mette le mani nei capelli quando al 90' Munari sfiora il palo con un rasoterra velenoso da destra. Poi, cinque minuti di recupero, fino a quando Morganti non dice basta, e negli occhi di tutta la città si accende la fiamma di una gioia che sembrava quasi dimenticata. E' serie A, ancora una volta, dopo un campionato sospeso sul filo di un'apprensione continua e logorante. Ora non è il caso di svegliarsi dal sogno.

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