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Effetto derby: a Lecce riesplode la passione sopita

Sette gol realizzati in due uscite, nessuno incassato. E soprattutto quel 4 a 0 in casa del Bari che ha acceso come torce l'entusiasmo di una tifoseria fino a qualche settimana addietro disincantata

Sette gol realizzati in due uscite, nessuno incassato. E soprattutto quel 4 a 0 in casa del Bari che ha acceso come torce l'entusiasmo di una tifoseria fino a qualche settimana addietro disincantata, pur nell'immancabile affetto. A Lecce, come in una buona parte della provincia calcistica italiana, il distacco dal pallone, un sentimento misto di rabbia e rassegnazione, nasce nell'era "Moggiopoli" e si espande a macchia d'olio con le successive le sentenze all'acqua di rosa. L'amara e frustrante sensazione della farsa consumata davanti agli occhi e quella lucida consapevolezza che i potenti riescono a scamparla anche se illuminati a giorno sotto i riflettori della vergogna, hanno assestato un durissimo colpo alla credibilità di un calcio percepito sempre più come un intoccabile spettacolo da baraccone, sempre meno come sport. L'agonismo è diventato agonia di un mondo melmoso, fatto solo di incassi stratosferici, un sistema in cui i presidenti sono al contempo vittime e carnefici.

Per riaccendere la miccia dell'entusiasmo ci voleva allora davvero un risultato epico. Come in quelle grandi storie d'amore che lentamente declinano verso l'oblio dei sensi, per poi divampare nuovamente, inattese, dopo un episodio forte che riunisca la coppia nel segno della passione. E se sotto il profilo squisitamente tecnico, l'affermazione sull'Albinoleffe ha un valore superiore rispetto a quella con il Bari, considerate le diverse carature dei due avversarsi, val qui la legge del sentimento sopra ogni cosa.

Il Lecce di Giuseppe Papadopulo finora non aveva mai entusiasmato. Come una bella incompiuta, dalle potenzialità infinite mai espresse appieno, la sua squadra ha comunque macinato punti, facendosi notare soprattutto per un certo carattere sbarazzino fuori casa. I salentini hanno una struttura di gioco che predilige gli spazi e le cavalcate sulla fascia. Davanti a certe chiusure ermetiche finiscono le idee e si passa al lancio lungo. E' accaduto così che l'indiscussa qualità dei singoli abbia permesso, anche nei momenti meno esaltanti, di raggiungere preziosi risultati. Ad Avellino, a Piacenza e a Rimini, per fare alcuni esempi, il Lecce non è stato sul campo superiore all'avversario in modo netto ed inequivocabile. Ma ha vinto per giocate che sono innate in certi suoi uomini-chiave, quelle giocate che fanno la differenza anche nel buio. Il 3 a 0 in casa con il Chievo, a rivedere le fasi salienti di gioco, è un risultato che penalizza di gran lunga gli scaligeri. Un organico di qualità permette anche questi exploit.

Poi, improvviso, il botto. Verso la fine dell'anno il Lecce è entrato in una forma strepitosa. Un prestigioso pareggio a Pisa, una vittoria a Cesena che avrebbe meritato bottino più ampio, seguito da una brutta parentesi a Mantova (scarsa lucidità di fronte ad un avversario padrone del campo, specie nella prima mezzora), quindi tre ceffoni ad un Albinoleffe spaesato e irriconoscibile. Preludio di un derby in trasferta finito come tutti sanno. Nel Bari Materazzi abbandona, pur senza essere sfiduciato dalla società, al suo posto arriva, tra i sonori fischi dei leccesi, Antonio Conte. Chi si prende invece tutti gli applausi e una sciarpa giallorossa è Papadopulo. La squadra è stata accolta ieri, nella ripresa degli allenamenti dopo una lunga pausa, con fumogeni, cori e un eloquente striscione: "Grazie ragazzi". Papadopulo, omaggiato dei drappi giallorossi, che ora ha appeso nello spogliatoio, in ricordo del 22 dicembre, e questo va detto, è il primo vincitore di una sfida davvero difficile: far riesplodere l'amore per il calcio nei leccesi. E in città è rinato un feeling che è il più salutare viatico alla continuazione di un torneo ormai entrato nel vivo.

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