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Fenomeno Cannole: il calcio è "solo" amatoriale, ma il tifo è da serie A

Piccolo tributo alla favola bella del paese che i vacanzieri hanno scoperto grazie alla "Festa della municeddha". Nel torneo amatoriale, il supporto di un calore incredibile di 150 tifosi. Con bandiere e fumogeni

CANNOLE – Altro che Leicester e Ranieri. Piccolo tributo alla favola bella del paese che i vacanzieri hanno scoperto grazie alla “Festa della municeddha” e dove i cittadini hanno invece riscoperto qualcos’altro: un amore viscerale per il football.

A Cannole i giovani giurano che fino a poco tempo addietro non vi fosse molto altro, oltre alla sagra estiva adorata dai buongustai. Ora, però, ecco questa rinnovata passione per il calcio. O meglio, la passione non si era mai sopita. Il problema è un altro: mancava proprio il calcio.  

Nel ridente paesino, meno di 2mila anime, tanti giovani si sentono rinati, animati da una sana passione sportiva. A Cannole, raccontano, il calcio giocato mancava da circa dieci anni. E così un giorno un paio di amici hanno deciso di mettersi in discussione creando una squadra. E l’hanno iscritta a un “semplice” campionato amatoriale.

Come ha accolto la piccola comunità questa novità? Ha aderito fin da subito con entusiasmo. Un ardore forse persino inatteso. Il senso della comunità ha vinto su tutto. Ed è stata un’esplosione di giallo e rosso.

Già, sono proprio questi i colori sociali del Cannole. Ricalcano quelli del Lecce, molto amato e seguito anche quaggiù. Il nome che si sono dati gli undici ragazzi (più riserve)? “Totu Apa” Cannole. Un omaggio a una persona speciale, in paese, che viveva di “pallone” nonostante fosse impossibilitato a camminare, ma che è stato un simbolo per tanti.

La squadra sin dalla prima giornata di campionato s’è ritrovata davanti a una platea inattesa: quasi 150 tifosi, con bandiere, fumogeni e sciarpe. Un vero e proprio settore organizzato da giovani e non a urlare a squarciagola, come in una gara di seria A. Facendo le debite proporzioni per numero di abitanti, come riempire il “Via del Mare” ai bei tempi andati, nei derby infuocati con il Bari o per l’arrivo di Juve, Milan, Inter.

Una passione infinita, quasi viscerale che fa della piccola gradinata cannolese un ritrovo e un punto di riferimento. Cadono anche i ceti sociali e, senza distinzioni, ci si ritrova tutti abbracciati in un momento di unione e di divertimento per osannare i propri beniamini. Non Cristiano Ronaldo, ma semplici ragazzi che si trovano il sabato pomeriggio per passare un paio d’ore assieme.

Un sabato dietro l’altro, in casa o in trasferta, il Cannole è seguito su ogni campo comunale. Il vero dodicesimo uomo in campo, una carica ammirata anche dalle altre formazioni. La bellezza di un tifo sano e genuino, inatteso nel calcio amatoriale.

Il primo anno s’è concluso con un buon settimo posto. La dedica, non solo a chi ha creduto in questa squadra, ma anche e soprattutto a chi a proprie spese, ci ha messo anima e cuore per i colori giallorossi. Come se fosse in Champions League, dimenticando di trovarsi in un campo sportivo del basso Salento. Dimenticando che è solo e soltanto un semplice campionato amatoriale, dove non si vince nulla.

Un fenomeno di sana aggregazione che riappacifica il cuore in tempi cupi in cui la credibilità di questo sport è messo sempre più a dura prova da scandali continui.

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