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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Il Lecce rincorre la Juve, l'agguanta, ma poi spreca

Dopo un primo tempo opaco da entrambe le parti, i bianconeri vanno in vantaggio con una punizione di Giovinco. Cacia, entrato nel finale, illude i salentini con il pareggio. Poi Amauri chiude i conti

Il rimpianto nel cuore somiglia a quello dell'amante tradito proprio all'apice della passione. E l'applauso tributato allo sfioramento dell'impresa non cancella la sensazione di essere immersi fino al collo nelle acque mobili di una beffa vigliacca e in parte immeritata, ma che pure ha un suo perché. Esiste, certo, questo perché. Ed è in quella distrazione finale che somiglia tanto a fotogrammi già visti. Palermo, Udinese, Lazio, in ordine sparso. Con la differenza che oggi non ci scappa neanche il punto. Ed è un peccato capitale che per uno svarione svanisca nel nulla quel pareggio agguantato digrignando i denti, e che in più aveva di suo, come particolarità, anche il fascino cristallino di essere frutto di un gol di rara bellezza: un morbido aggancio al volo di sinistro di Cacia, con palla sul secondo palo, dove Manninger non ci sarebbe arrivato neanche se il Padreterno lo avesse dotato di un paio di braccia aggiuntive.

Poi, però, quello stacco di Amauri allo scadere ha rimarcato le distanze, annullato gli sforzi. E attribuire il tutto al caso non avrebbe senso, di fronte ad un numero così elevato di "distrazioni nel finale". C'è qualcosa che deve migliorare, sotto il profilo della concentrazione, della capacità di serrare i ranghi e mantenere un elevato status mentale, qualcosa su cui il tecnico deve lavorare ancora molto, anche perché, a ben guardare, quello che sta avvenendo è un dispendio di punti preziosi come oro, qualcosa che rischia di tornare come una valanga a fine campionato.

Il giudizio sulla prestazione rimane comunque abbastanza positivo, se non altro perché davanti c'era la "Vecchia Signora" e perché tutto si può dire, tranne che si sia ripetuta la stessa sconcertante prestazione vista con la Roma. La determinazione non è mancata, ma pure resta un minimo di perplessità di fronte ad un altro caso condito di fotogrammi già visti. Vale a dire, un risveglio dei sensi giunto solo dopo lo svantaggio. Come a Catania, la settimana scorsa. Come con il Milan. Insomma, il Lecce caccia gli artigli se stuzzicato, ma fino a quel fatidico momento, spesso resta immerso nel suo atteggiamento compassato, quello di chi sembra partire già con la volontà di chiudere i giochi senza buscarle, senza cacciare troppo la testa dal suo guscio. E intanto, la classifica non si muove, e la prossima trasferta, in casa del Napoli, ha già il carattere di un'impresa titanica.

Contro la Juventus già priva da tempo di mezza squadra, con l'aggiunta, per questa gara, delle defezioni di Camoranesi e Del Piero, Beretta, a sua volta deprivato di Zanchetta e Ardito, sceglie un 4-4-2 speculare a quello dell'avversario in cui trovano spazio diverse novità interessanti. Davanti a Benussi ci sono sostanzialmente quattro giocatori che nascono centrali: Schiavi, Stendardo, Fabiano ed Esposito; in zona mediana Munari, Giacomazzi, un Vives risuscitato dal passato e che ha corso per tutta la gara, e Ariatti; in attacco Tiribocchi e Castillo. Ranieri schiera invece Manninger in porta; Grygera, Legrottaglie, Chiellini e Molinaro nelle retrovie; Marchionni, Sissoko, Marchisio e Nedved a comporre la linea di centrocampo; Giovinco e Amauri in avanti.

Nel primo tempo il Lecce si barrica dietro la linea di centrocampo e non disturba quasi mai la retroguardia bianconera. La Juventus fatica a trovare spazio nella fitta ragnatela e non di rado gli interventi sono densi di nervosismo. Compresi quelli dei bianconeri sulle gambe dei salentini, sebbene al 10' minuto a beccarsi il primo cartellino di giornata sia Schiavi per un'entrata su Nedved. La partita è talmente avara di emozioni, che la prima annotazione sul taccuino si trova al 25', quando Benussi esce in modo non proprio perfetto su un lancio per Nedved, respingendo corto un pallone che avrebbe dovuto bloccare; la sfera ruzzola per terra e per interminabili secondi la porta del Lecce resta sguarnita. Il portiere salentino, a quel punto, rimedia strappando da terra, con le mani, la palla a Sissoko. La Juve tenterà altre volte l'affondo, specie con Giovinco, piccola spina nel fianco, ma rimbalzando sistematicamente contro un muro umano. Giusto il tempo di registrare un giallo per Chiellini (30'), e ricordare che il Lecce in fase d'attacco è tutto racchiuso in una combinazione fra Castillo e Tiribocchi nel finale, con calcio conclusivo abbondantemente al lato, poi tutti negli spogliatoi.

Nella ripresa, però, la musica progressivamente cambia. Anche perché i bianconeri iniziano spingendo e dopo un tiro al lato di Amauri, servito da Giovinco (7'), è proprio il furetto a guadagnare punizione dal limite, per un fallo da tergo di Giacomazzi mentre si avvicina a marce spiegate all'area. Manca Del Piero, così è proprio Giovinco ad incaricarsi del tiro, un destro a giro indirizzato verso il "sette", che scavalca la barriera e s'infila in rete, nonostante il tocco a mano aperta di Benussi. E' l'11' minuto, e per il Lecce scocca l'ora di rimboccarsi le maniche. Anche se nei primi minuti dopo il gol subito, il contraccolpo si avverte e Amauri al 15' aggancia in area un buon pallone; il tiro s'infrange sulla coscia di Stendardo in scivolata e termina in angolo. Il ritmo inizia a farsi più elevato, anche perché il Lecce ora corre, e quando Munari scende sul fondo e crossa, trova il Tir in area pronto alla girata di testa. La torsione, però, non è perfetta e la palla finisce al lato.

Arriva il momento delle sostituzioni, e Beretta cambia davvero tutto: Giuliatto prende il posto di Schiavi, e viene chiamato al compito di cercare il cross da sinistra; Caserta rileva a sua volta Ariatti, per tentare di dare più incisività alla manovra. E le due mosse sortiscono gli effetti sperati, perché il Lecce conquista profondità e proprio dal piede di Giuliatto, quando mancano appena dieci minuti al termine, scocca un preciso lancio in area per Castillo, lasciato incredibilmente solo. L'attaccante si tuffa, ma invece di schiacciare la palla, la spedisce alta sulla traversa, divorandosi un gol già fatto. Beretta tenta il tutto per tutto, e manda in campo anche Cacia, a comporre con il Tir e con l'argentino un corposo trio d'attacco. Ci prova ancora Castillo ad impensierire Manninger, ma il suo tiro, da posizione defilata, viene respinto dal portiere. Il pubblico inizia davvero a sentire odore di gol, ed il gol alla fine arriva. Lancio lungo dalle retrovie e frecciata al volo di Cacia. La palla oltrepassa tutto lo specchio, accarezza il palo e s'infila nell'angolino basso.

Un sogno, una favola. Ed un gol meritato che premia la forza di volontà. Tutto stupendo, e tutto vanificato nei convulsi minuti finali. Il Lecce forse si rilassa, forse viene colto dal panico del mantenimento del risultato, e la Juve, fino a quel momento schiacciata, trova l'ultimo guizzo felino, quello di Amauri, che incorna tutto solo da due passi su assist di Giovinco, facendosi trovare pronto all'appuntamento, avanti rispetto ai centrali del Lecce, colpevolmente sorpresi dalla dinamica dell'azione e senza averlo adeguatamente coperto. E' l'ultimo minuto, e nei tre di recupero il Lecce non avrà più il tempo e la forza di rialzarsi per la seconda volta. Finisce con una punizione eccessiva, ma che suona come un monito. Lecce, troppi errori, troppe disattenzioni fatali. Occorre una netta inversione di tendenza. Anche sotto l'aspetto dell'atteggiamento di base. Perché ad inseguire sempre gli altri si spendono energie e non sempre si raggiunge un traguardo. Qualche volta bisognerebbe assumere l'iniziativa. Contro la Juve di oggi, per buona parte della ripresa in affanno e per nulla trascendentale sotto l'aspetto del gioco, forse si sarebbe potuto osare qualcosa in più. Senza attendere di andare sotto.

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