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Multa per cori razzisti contro Arma: non provenivano dalla Curva Nord

Sanzione di 6mila euro anche a causa degli insulti partiti dal settore che si trova dietro la panchina degli ospiti verso l'attaccante di colore del Carpi, al momento della sua sostituzione. Il delegato della Procura federale, poco distante, ha preso nota

LECCE – Alle multe l’Us Lecce è abituata. Ogni domenica o quasi c’è sempre un motivo per mettere mano al portafoglio: ora un petardo, ora un coro contro l’arbitro. Insomma, il club di via Templari è uno dei maggiori contribuenti della Lega Pro, ma domenica scorsa è accaduto qualcosa di insolito e di grave: dalla Tribuna centale superiore Sud, un gruppo di pochissimi beceri - purtroppo abbastanza vicini al terreno di gioco da essere sentiti - ha insultato Rachid Arma, attaccante marocchino del Carpi (autore di una doppietta) quando è stato richiamato in panchina. Forse perché stava abbandonando il campo con eccessiva lentezza: mancavano dieci minuti al 90esimo e il Lecce annaspava nel tentativo di realizzare il terzo goal ai modenesi. Il delegato della Procura federale ha preso nota e riferito a chi di dovere. La frase incriminata comprende l'espressione "negro di merda".

In molti, allo stadio, non se ne sono accorti anche perché, per fortuna, si è trattato di un gesto isolato o quasi. In tribuna stampa nessun commento a proposito, attorno al Via del Mare solo tanto rammarico per l’ennesima occasione sprecata dai ragazzi di Antonio Toma. Eppure la sanzione di 6mila euro è arrivata, con la seguente spiegazione: “perché propri sostenitori introducevano e accendevano nel proprio settore due fumogeni e facevano esplodere un petardo senza conseguenze ; gli stessi al termine della gara lanciavano nel recinto di gioco in direzione di tesserati della squadra avversaria una bottiglia d'acqua vuota, senza conseguenze; i medesimi, durante la gara, intonavano cori inneggianti di discriminazione razziale verso un calciatore di colore della squadra avversaria che usciva dal campo perché sostituito”.

Così recita il dispositivo, così viene letto da chiunque. A questo punto è il caso di precisare qualcosa che, lontano da Lecce, potrebbe non essere scontato: la tifoseria giallorossa, quella della Curva Nord, non è razzista. Una precisazione doverosa visto che, in genere, tutte le colpe vengono ricondotte agli ultras. E se alla Curva Nord si può dire di tutto, certo non le si possono rimproverare atteggiamenti discriminatori legati al colore della pelle. E’ in un altro settore dunque che si devono trovare i responsabili, probabilmente tra le poltroncine solitamente occupate dalla cosiddetta Lecce bene. Ci sarebbe anche lo strumento della diffida per punire questa stupidità ingiustificabile, lo stesso strumento che solitamente colpisce chi accende un fumogeno e chi, soprattutto nelle curve, viola le disposizioni vigenti.

Di recente un episodio più clamoroso sembra aver piegato quel fronte dal tono ipocrita che di solito si crea quando si parla di razzismo sui campi di calcio: tutti lo condannano a parole, ma molti fingono di non comprenderne la reale portata, magari sostenendo che il “buh” è di disapprovazione, dunque diverso da “uh” che replicherebbe il verso della scimmia. A Busto Arsizio è infatti in corso il processo penale contro sei ultras della Pro Patria, già allontanati dalle manifestazioni sportive, accusati di ingiurie a sfondo razzista nei confronti del calciatore del Milan, Kevin Prince Boateng, durante l’amichevole del 3 gennaio scorso. La Lega Pro si è costituita come parte offesa.

Ora si tratta di proseguire sulla strada della fermezza, indipendentemente dalla notorietà dell’atleta vittima di razzismo, sia per una questione di civiltà, che viene prima di tutto, sia per un fatto di coerenza: inutile parlare di codici etici, di famiglie allo stadio, di sport sano, se si continua a tollerare che il pregiudizio ignorante possa essere un’arma contro l’avversario o un pretesto per una risatina isterica.

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