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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Piedi per terra ma sguardo in avanti. Il Lecce di Liverani e il ruolo dei tifosi

Grazie ad una società generosa e a un direttore sportivo in gamba: ha preso forma una squadra che sta risvegliando un entusiasmo contagioso. Ma dopo sei anni di serie C non ci sono diritti acquisiti

LECCE – Una squadra con lo spirito del gregario, costruita con raziocinio e due interpreti adeguati in quasi tutti i ruoli. Così definivamo il Lecce il 19 agosto scorso, in prossimità dell’inizio del campionato.

Oggi, a quattro partite dalla fine del girone di andata, possiamo dire che quell’impressione, prudente ma fiduciosa, è stata superata dai fatti: secondo posto in classifica con 25 punti, maggior numero di vittorie (sette, con il Palermo), maggior numero di gol realizzati (25, con il Brescia), maggior numero di punti (14) e di vittorie in trasferta (4).  I numeri, ovviamente, non spiegano tutto, ma dicono tanto sul Lecce targato Fabio Liverani e Mauro Meluso.

Al tecnico va il merito di aver amalgamato un gruppo molto numeroso e ampiamente rinnovato, pieno di competizione e dunque potenziale covo di malcontento, e quello di gestirlo, settimana dopo settimana, con mano ferma ma senza pregiudizi rispetto alla gerarchia delle scelte: il ricorso ad Armellino come titolare nelle ultime due gare dopo averlo impiegato solo sei minuti a Verona e 26 a Cosenza nelle dodici precedenti apparizioni è un segnale chiaro in questo senso.

Il direttore sportivo, grazie alla generosità del club e all’intesa con l’allenatore, è riuscito ad allestire una squadra omogenea, piena di buoni atleti, di professionisti seri, ma anche di qualità e questo lo si è capito vedendo il Lecce affrontare alla pari le corazzate del campionato: se la gara di Benevento poteva essere presa col beneficio di inventario, immaginando un effetto sorpresa, i match contro Salernitana, Verona, Palermo, Pescara e, perché no, anche Foggia, hanno dimostrato che Mancosu e compagni non temono nessuno né dal punto di vista temperamentale, né tattico. Su 14 partite solo quella di Ascoli è stata deludente, ma quel piccolo campanello d’allarme è servito anzi a ricordare a tutti il significato intimamente proletario della serie B: puoi essere bello, ma devi correre fino allo sfinimento, avere personalità ed essere dannatamente concreto quando ti capita l’occasione di colpire.

Il Lecce di Liverani ha tutte queste qualità, ma per andare avanti nel miglior modo possibile è necessario che questa consapevolezza non diventi mai vanità. In questo senso una certa pressione ambientale, dosata senza isterismi - la critica ci sta, se è fondata e rispettosa - e declinata in maniera propositiva, può essere un antidoto efficace ad eventuali cali di attenzione. La maturità che l’allenatore romano chiede alla squadra, la ricerca dell’equilibrio, è in fondo la stessa che la tifoseria deve tenere come linea di condotta, soprattutto ora che l’appetito vien mangiando e che quell'entusiasmo per troppo tempo sopito sta tornando ad essere contagioso.

A Carpi come se si giocasse in casa

Dopo sei anni di serie C, infatti, nulla è dovuto, né alla piazza né al blasone. Evitare che diventi un obbligo morale quel desiderio che tutti i tifosi del Lecce coltivano nel loro cuore - in fondo anche un bel gregario può vincere sulla distanza - è il modo migliore per continuare a sognare ad occhi aperti e per rialzarsi dopo che verranno i momenti difficili che sempre capitano, a chi più a chi meno, nel corso di una stagione così lunga e complicata.

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