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Prevendita flop, vigilia dei quarti: Lecce dorme, ma in palio c’è già il campionato

Il dato parziale è di 3600 tagliandi venduti. Eppure quello di domani contro il Pontedera è uno spareggio, senza possibilità di appello. Se il Salento vuole tornare sui campi del calcio che conta, bisogna invertire subito questa funesta indolenza

LECCE – Già sarà tanto avvicinarsi al record stagionale: 9mila 909 spettatori per Lecce-Frosinone del 13 aprile scorso. Il bilancio parziale dei tagliandi venduti per la gara di domani contro il Pontedera è infatti di 3mila e 600, aggiornato a venerdì sera ed è quasi impossibile che venga anche solo doppiato fino al fischi d’inizio. Troppo poco, quasi da non crederci. Tra poco più di 24 ore si giocherà un vero e proprio spareggio, perché la cervellotica formula dei play-off, quest’anno prevede che l’accesso alla semifinale (andata e ritorno) si decida in una partita secca in casa della meglio classificata, con supplementari e rigori in caso di parità al 90’.

O dentro o fuori, questo c’è in gioco per Miccoli e compagni. Il diritto di avvicinarsi a quella finale dalla quale può ricominciare la storia del Lecce nel calcio che conta, in una serie B sempre più di gran livello, rimuovendo per sempre quel trauma collettivo rappresentato dagli infausti esiti di Lecce-Carpi. Eppure la prevendita stenta, per usare un eufemismo.

In altre circostanze avremmo tirato in ballo la crisi economica, il clima che improvvisamente è diventato estivo, la questione della sicurezza e della violenza negli stadi, riemersa la scorsa settimana per la finale di Coppa Italia, a Roma, tra Napoli e Fiorentina con il ferimento grave, a colpi di pistola, di un tifoso partenopeo all’esterno dell’impianto, il peso relativo del blasone di un avversario che fino a quest’anno conoscevano solo gli addetti ai lavori – e se non fosse per averlo sentito migliaia di volte in tv perché sede della Piaggio, i più non saprebbero nemmeno in che provincia si trova Pontedera – ma questa volta è il caso di chiedersi che cosa stia veramente accadendo dal punto di vista della psicologia di massa.

Dove è finito il senso di comunità, quell’orgogliosa appartenenza al destino giallorosso? Sembra quasi che a Lecce non ci siano altro che intimidazioni, arsenali con armi e ordigni e adesso anche un tentato omicidio. Poi qualche pagoda in piazza Sant’Oronzo, questione che anima il dibattito cittadino e le campagne di sdegno, gli incontri pre-elettorali sempre più simili a riunioni private più che a manifestazioni di partecipazione democratica. Fuffa che galleggia sul ventre molle di una città pericolosamente vicina alla depressione.  C’è ancora energia vitale in questo territorio, voglia di stare insieme? Un articolo con troppe domande, di solito, è considerato “debole”. Ma questo è un pezzo quasi rabbioso, incredulo per l’indolenza che trasuda oramai a fiotti.

Si badi bene, non è una questione di numeri e di illusioni. Si sa bene quale sia la dimensione dello zoccolo duro del tifo giallorosso. Che si alimenta, almeno per la metà, della genuina generosità dei paesi della provincia. Ma c’è un minimo a tutto, soprattutto alla decenza. Perché poi hai voglia a prendertela con i Tesoro perché parlano con cadenza non autoctona, con i Semeraro per il funesto epilogo della loro gestione, con la pay-tv, con i prezzi, con la polizia, con gli ultras… ma questa città ha ancora voglia di un palcoscenico sportivo di rilievo? Dovrebbe iniziare a capire che deve meritarselo con i fatti. Come forse hanno compreso i tanto odiati cugini baresi.

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