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Abbassare il volume di fondo, ritrovare equilibrio: Lecce, un passo alla volta

Sedici punti in sei partite: con due fiammate la squadra ha acceso la sua stagione e il vantaggio resta importante. Nelle ultime settimane un appannamento ha reso più visibili i limiti di sempre e, probabilmente, non hanno giovato alcune celebrazioni un po' troppo in anticipo

LECCE - Prendersi qualche ora in più per fare alcune riflessioni sulla partita può essere utile per vedere le cose in prospettiva e contestualizzare, cosa che non fa oramai quasi più nessuno perché implica tempo, ricerca di elementi conoscitivi, sforzo di ricavarne un ragionamento, cioè l’esatto contrario di quello che impone la dittatura non dichiarata della comunicazione in tempo reale, ma anche l'ansia da prestazione di timbrare il cartellino sui social.

Potrei ovviamente sbagliarmi, ma vedo il Lecce in una fase di appannamento, soprattutto mentale. È una fase in cui se ti trovi in difficoltà, o vai sotto, non riesci a venirne a capo. Per arrivare a 27 punti c’è stato uno sforzo intenso e prolungato, nelle gambe e nella testa di una squadra giovane, praticamente esordiente, con arrangiamenti di ruolo il cui esito era tutto da vedere. Questo sforzo ora sta condizionando le prestazioni, non pessime ma opache, privi di guizzi, di impeto. Gli errori, piuttosto banali, in fase difensiva, ne sono una prova abbastanza evidente.

Due fiammate hanno cambiato la classifica

Ma rivediamo un poco la storia di questo campionato, in sintesi. In sei delle ventisei partite disputate, il Lecce ha collezionato 16 punti e 11 nelle restanti 15. La differenza è netta: ci sono state due accelerazioni importanti, una con tre vittorie di fila (Atalanta, Sampdoria, Lazio), l’altra con due vittorie intervallate da un pari (Cremonese, Roma, Atalanta). Una media da 2,6 punti a partita da una parte, una media di 0,73 dall’altra. Con la prima sfiori i 100 punti finali, con la seconda ti avvicini ai 28. Non è stata quindi una stagione più o meno regolare, da passista, ma con due volate improvvise il Lecce ha sensibilmente migliorato la sua collocazione in classifica. Pur avendo comunque sempre galleggiato sopra la linea rossa (il terzultimo posto) - soprattutto grazie al rendimento piuttosto scarso di Cremonese, Samp e in minor misura, del Verona -, la squadra di Baroni ha avuto due fiammate, sostanzialmente inattese, che hanno consentito di accumulare un vantaggio e dare l'impressione di poter realizzare un ultimo, definitivo strappo, magari vincendo in casa contro il Sassuolo. Ma è andata diversamente e il Lecce deve sempre guardarsi le spalle.

Con la media peggiore (0,73) il Lecce arriverebbe alla fine tra i 35 e i 36 punti. Per arrivare a 36 il Verona dovrebbe avere una media di 1,4 punti a gara. Gli scaligeri nelle ultime otto, cioè dalla vittoria contro i giallorossi con la quale si sono aggrappati alla speranza, hanno fatto 10 punti, cioè 1,25 a partita. Nelle ultime quattro, comunque, ne hanno conquistati solo due (il Lecce 3). In pratica il Verona ha bisogno di un exploit e sperare, nel contempo, nel tracollo strutturale dei salentini o nel cedimento di almeno una tra Spezia e Salernitana. Ci proverà la squadra gialloblu, su questo non c’è dubbio. Numeri alla mano, insomma, e con sangue freddo, si può affermare che il Lecce è ampiamente padrone del suo destino.

I limiti: più visibili, non certo nuovi

È importante tenerlo a mente, perché tutte le ulteriori riflessioni vanno inserite in questa cornice. Sì, è vero, con un’altra punta – la cui utilità non abbiamo mai smesso di segnalare su questa testata – saremmo stati più tranquilli, ma se il club ha scelto di non intervenire, per ragioni plausibili, bisogna prenderne atto. Il mercato delle idee e la necessità di avere un bilancio sostenibile non erano slogan per creare un diversivo o un alibi futuro.

Sì, è vero, la squadra ha un problema di qualità, del resto abbastanza prevedibile, e questo handicap la rende prevedibile e meno efficace in fase realizzativa di quanto potrebbe essere in base al volume di gioco che prova a sviluppare (che importanza hanno 49 ingressi in area di rigore, se alla fine le conclusioni nello specchio sono un paio?). Il centrocampo difetta di inventiva, nell’impostazione da dietro gli unici piedi educati sono quelli di Umtiti: il problema è generale, non tanto di un reparto.

Sì, è vero, si commettono errori anche banali che finiscono per mortificare l’applicazione tattica e il lavoro che con grande intensità il Lecce svolge dopo giorno. I limiti, in questo momento, sono più evidenti ma, non si tratta di novità. La differenza di base è che in altre fasi del campionato, soprattutto nei due picchi, questi limiti sono stati superati da prestazioni molto convincenti che hanno esaltato le doti individuali – di Strefezza, per esempio – e quelle del collettivo, come la compattezza, la condizione fisica, l’aggressività.

Sobrietà e concretezza, l'obiettivo non è lontano

In ogni campionato ci sono fasi diverse, alti e bassi (a meno che non ti chiami Napoli) e nei momenti difficili bisogna avere sostanzialmente una dote: quella di non perdere la testa, la consapevolezza dei propri mezzi. Non ci sono bacchette magiche per uscire dalle secche, ma bisogna fare in modo di non complicarsi la vita da soli.

A Baroni e al suo staff, quindi, il compito di trovare rimedi e soluzioni sul campo, a tutti gli altri quello di tenere basso il volume. Non c’è dubbio che nelle ultime settimane – dopo la bella vittoria in casa dell’Atalanta – del Lecce, dei suoi gioielli, delle future opportunità di mercato, si sia parlato fin troppo. I giocatori non vivono nell’iperuranio, bene o male assorbono tutto quello che gira loro intorno. Per quanto possano estraniarsi dalle dinamiche giornaliere del dibattito, talvolta isterico, talaltra esageratamente autocelebrativo, finiscono per percepire gli umori dell’ambiente, le pressioni e anche le suggestioni di certi discorsi. Sono ragazzi, in fondo, questo non va dimenticato.

Ricreare le condizioni di un contesto il più sereno ed equilibrato possibile è il primo passo per aiutare Baroni a condurre la nave in porto. A quel punto sì che si potrà raccontare un autentico miracolo e celebrare i suoi protagonisti. Fino ad allora, luci puntate verso il basso per aggirare gli scogli e velocità di crociera. Il tempo per guardare il cielo stellato verrà dopo.

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