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Sabato, 20 Aprile 2024
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Gallipoli, altra estate nera per il parco del… "cactus"

Ancora nel degrado e nell'abbandono il polmone verde di via Firenze dopo la querelle tra Comune e gestore privato per il "raddoppio" del punto di ristoro. Schirosi riaccende un faro sulla vicenda

GALLIPOLI - Ricordate il ribattezzato parco del "cactus" di via Firenze a Gallipoli? Difficile che lo possano dimenticare i residenti della zona in cui insiste quello che in teoria (e per il momento tale solo nelle intenzioni) doveva essere il parco pubblico per eccellenza della cittadina ionica. E' passato del tempo, oltre un anno, da quando la triste situazione di abbandono del costituendo parco botanico è balzata agli onori della cronaca nazionale dopo le "incursioni" satiriche degli inviati di Striscia la Notizia, Fabio&Mingo. Poi nuovamente il nulla. Al di là della battaglia intestina tra l'amministrazione comunale e la società designata per la realizzazione e gestione pluriennale della struttura (vivai Tunno di Taviano) incentrata sulla realizzazione di un doppio punto di ristoro all'interno della zona "verde". Un altra estate nera dunque per il parco di via Firenze che dopo la triste stagione della voragine e il blocco dei lavori, dei sopralluoghi del vice commissario prefettizio e del comitato dei residenti, delle sollecitazioni e gli ultimatum dell'Ufficio tecnico per la pulizia e la messa in sicurezza dell'area di competenza, delle attese sui responsi sanitari, tecnici e burocratici sulla realizzazione del chiosco bar (in parte già edificato) e di una ulteriore zona ristoro sul versante nord dell'area parco, si ritrova mestamente quasi al punto di partenza. Con il disappunto sempre più crescente della popolazione che vive in quella zona a ridosso degli uffici comunali di via Pavia e dei tanti turisti alla ricerca, come in ogni località che si rispetti, di un parco pubblico degno di tal nome.

Pastoie burocratiche, come sempre, bloccano la definitiva consacrazione del parco gallipolino del… "cactus". Le ultime notizie ufficiali risalgono ad una deliberazione della giunta comunale di gennaio con la quale il Comune, forte dei pareri sanitari e urbanistici a corredo, ha rigettato qualunque variazione o modifica relativa alla realizzazione dei punti ristoro come chiesto con apposita variante dalla ditta di gestione. Per l'amministrazione guidata da Giuseppe Venneri, ogni disposizione è rinviata a quanto pattuito dal contratto originario. Prendere o lasciare. L'unico chiosco autorizzato deve rimanere quello in fase di edificazione e allo stato rustico ormai da diversi anni. Una querelle che ha finito per bloccare nei fatti lo stato di avanzamento anche del primo grande orto botanico della Puglia, così come era stato decantato ai tempi dell'affidamento dei lavori nel 2004. Risultato? Fino ad oggi degrado e abbandono la fanno da padroni e il parco di via Firenze langue in attesa della sterzata decisiva. Per il momento a "rifiorire" sembrano essere solo le grandi plance che ospitano i cartelloni pubblicitari lungo il perimetro dell'area, due dei quali nel recente passato erano stati per altro sequestrati dai vigili urbani dopo i controlli posti in essere dall'allora commissario prefettizio Trovato. Una situazione che a quanto pare è oramai sanata. Ora, invece, sotto la pressione della canicola agostana, sulla vicenda del parco di via Firenze, oltre al malumore dei residenti, arriva a squarciare il velo di silenzio il faro acceso dal capogruppo Pd in consiglio comunale, Gino Schirosi. Che ricostruisce la "storia" del parco e chiede lumi:

"In tanti, specie turisti, mi chiedono di un parco pubblico dove accompagnare i propri figli" scrive Schirosi, "c'è chi sa di via Firenze, ancora in fieri o di là da venire! Ci sono poi residenti che m'informano a dovere. Se volete vedere un gatto inseguito da topi, la scena si trova proprio lì tra le macerie, le sterpaglie e la spazzatura lasciata a marcire proprio sotto gli occhi degli amministratori. Una vergogna! Intanto c'è chi ha furtivamente estirpato piante e portato via persino staccionate. Tutto è fermo e inceppato, arenato nelle pastoie burocratiche, nell'abbandono, nell'incuria totale. Ma qual è ora il problema? Che fare? Dopo aspre polemiche iniziali e studi di progetto, con bando pubblico cui ha risposto la sola ditta ‘Vivai Piero Tunno' di Taviano, dal 21 aprile 2005 c'è l‘impegno contrattuale con la ditta collegata tavianese, la Green System Srl, per una concessione trentacinquennale che prevede progettazione, ristrutturazione, affidamento e gestione del parco, costo 293.700 euro. Al centro dell'area a verde sarebbe sorta una costruzione in muratura per "bar-ristoro" da cui ricavare i proventi per la manutenzione del parco a carico del gestore. Il Comune ha però imposto limitazioni relative alla superficie massima di cartellonistica pubblicitaria, riduzione della sporgenza delle pensiline parasole del fabbricato e impossibilità di realizzare un laboratorio in un piano interrato. Termine dei lavori entro il 17 maggio 2007. Il rustico del fabbrico in realtà è già in piedi. Ma il concessionario, con nota del 27 aprile 2007 ha presentato un nuovo progetto per realizzare, con variante in corso d'opera, due unità separate, ossia due locali con sezioni distinte, una per bar vero e proprio, l'altra per ristoro, una sorta di fast food con pizzeria".

"Il 22 gennaio 2009 una delibera di Giunta ha rigettato qualunque variazione o modifica e rinviato ogni disposizione a quanto pattuito da contratto. Di conseguenza i lavori si sospendono e il dialogo prende altre vie puntando sull'interpretazione lessico-letteraria o tecnico-giuridica. Da qui il contenzioso: bar-ristoro equivale a bar e ristoro? Una querelle linguistica, ovviamente, una controversia legale che un amministratore, credo, deve pure dirimere ab origine garantendo forma e sostanza già nella formulazione di un atto pubblico! Se il contratto suona chiaro come il progetto originale allegato, che senso ha la disquisizione formale sulla decodificazione di un concetto che andava preliminarmente acclarato per iscritto? Nelle more di una interpretazione possibile, si aprono due ipotesi di soluzione immediata, due vie d'uscita. Se, come pare, il Comune, sindaco Venneri, ha pienamente ragione a difendere i patti, potrebbe decidersi quanto prima a reclamare i suoi diritti nelle sedi opportune, sino a rescindere il contratto ed avviare da sé il completamento dell'opera tanto attesa dalla comunità. Ma, se viceversa è malauguratamente in errore, il che dagli atti pubblici pare non si evinca, o se l'altra parte contraente, per ragioni ignote né specificate che ci sfuggono, ha facoltà di chiedere ulteriore modifica migliorativa alla struttura da gestire a proprie spese per 35 anni, ci si potrebbe adoperare per giungere ad un'intesa condivisa, evitando così di procrastinare sine die una procedura legale col rischio di uscirne poi, come al solito, soccombenti, con ulteriore danno erariale ad un bilancio comunale già in sofferenza. Il paradosso è assurdo, la situazione kafkiana, maledettamente impantanata. Ma perché, si mormora in giro, si è preferito pensare al bar-ristoro prima ancora di completare l'esecuzione della progettazione del parco botanico? Nel frattempo i contribuenti continuano a pagare i ritardi in termini d'immagine e di fruizione ma anche perché non si sa come andrà a finire quest'altra sfortunata e triste vicenda tutta gallipolina. Proprio quel terreno su cui sorge il parco è al centro di una storia infelice. Il suo esproprio è costato sacrifici economici e politici all'intera collettività! Davvero un bel pasticcio!"

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