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S.M. Leuca Gagliano del Capo

Ciolo, per Consiglio di Stato lavori ok. Ma intanto permane il sequestro

I giudici di Palazzo Spada hanno confermato quanto già definito dal Tar: la Soprintendenza s'è espressa in modo tardivo con le nuove prescrizioni avanzate dopo la conferenza dei servizi, in cui vi era stato l'assenso. Il progetto è esecutivo, ma tutto resta fermo

GAGLIANO DEL CAPO – Il Consiglio di Stato ha confermato e sottoscritto quanto già stabilito dal Tar di Lecce: sui lavori di protezione del costone roccioso del Ciolo, una delle cartoline del Salento più note al mondo, la Soprintendenza s’è espressa in modo tardivo. Rispetto al progetto già sottoposto alla lente della conferenza dei servizi, con tanto di approvazione, erano subentrare in seguito diverse prescrizioni.  Un modus agendi, però, che non può essere ritenuto legittimo.  

Cosa accade, ora, al tanto contrastato progetto, in cui di mezzo ci sono anche le perplessità tramutatesi in battaglie di diverse associazioni ambientaliste, fra cui Legambiente? In via formale, cioè sotto l’aspetto amministrativo, la vicenda dei lavori di consolidamento del costone nella parte alta (un progetto da 1 milione di euro) si può dire che abbia il nulla osta. Di fatto, però, tutto resta ancora fermo al palo. Perché intanto permane un sequestro della Procura di Lecce. Insomma, una vicenda che non sembra per nulla vicina a una soluzione. E questo mentre l'estate è già nel vivo e inizia la stagione turistica.  

L’ordinanza della sesta sezione del Consiglio di Stato è stata pubblicata ieri. I giudici di Palazzo Spada, così come già avevano fatto quelli del Tribunale amministrativo leccese, hanno accolto le tesi difensive dell’avvocato Pietro Quinto per conto del Comune di Gagliano del Capo. Ergo, hanno rigettato il ricorso del ministero dei Beni culturali che aveva impugnato la sentenza del Tar, sostenendo che il parere reso dalla Soprintendenza nella conferenza dei servizi non impedisse ulteriori revisioni sul progetto esecutivo.

Il Tar si era già espresso contro la Soprintendenza, affermando che nella logica della conferenza dei servizi l’assenso espresso dalle amministrazioni interessate non potesse essere sottoposto a condizioni. Di fatto, quel progetto doveva ritenersi definitivo.

Il Consiglio di Stato ha confermato questo punto affermando che una diversa interpretazione della normativa sul procedimento amministrativo “si tradurrebbe in una evidente duplicazione di attività della Soprintendenza, in contraddizione con la funzione di espressione contestuali delle rispettive posizioni, nel modulo procedimentale della conferenza di servizi”. E il ministero è stato anche condannato al pagamento delle spese della fase cautelare.

Ma la partita, come detto, si gioca su più fronti. Il 3 febbraio scorso, i pubblici ministeri Elsa Valeria Mignone e Antonio Negro hanno incaricato la forestale di eseguire un sequestro probatorio, sulla base di un esposto secondo cui vi sarebbero presunti danni sul costone. I lavori erano iniziati da un mese circa. E intanto, sul provvedimento della Procura, pende un ricorso in Cassazione.

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