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Giovedì, 28 Marzo 2024
S.M. Leuca Gagliano del Capo

Minacce al sindaco e tombe violate per una sanatoria: condanna definitiva

Per Antonio Pizzolante, 52enne e Donatello Raona, 28enne, è giunto il momento di pagare il debito con la giustizia. Sentenza passata in giudicato, condotti in carcere. Nel 2008 si resero responsabili di macabri avvertimenti contro alcuni amministratori comunali per ottenere un permesso di costruzione

GAGLIANO DEL CAPO – Per Antonio Pizzolante, 52enne e Donatello Raona, 28enne, è giunto il momento di pagare il debito con la giustizia. Condannati per una serie di atti intimidatori ai danni Antonio Buccarello, Antonio Ercolani e Achille Romano (all’epoca dei fatti, rispettivamente, sindaco, vicesindaco e assessore al Comune di Gagliano del Capo), ora devono scontare le pene residue: Pizzolante due anni, tre mesi e undici di reclusione; Raona un anno, cinque mesi e otto giorni.

Ieri pomeriggio, dunque, i carabinieri della stazione gaglianese hanno dato esecuzione alle ordinanze di carcerazione emesse dal Tribunale di Lecce, trasferendoli in carcere. Minacce, furto e vilipendio di tombe erano i reati contestati, in una vicenda che destò un certo scalpore.

Tutto ebbe inizio quando, nel 2008, i tre amministratori si videro recapitare alcune buste con biglietti minatori e pallini di una cartuccia da caccia.Il vicesindaco Ercolani, poi, un paio di giorni dopo, ricevette due messaggi sul proprio cellulare da una cabina telefonica. I testi, decisamente inquietanti. Il primo: “Ciao ti ci ho messo la sorpresa a casa adesso fai molta attenzione sappi che è tempo di morire addio”. Il secondo: “Il diavolo sta aspettando l’ora che muori quando morirai io brucerò  il tuo corpo con dieci litri di benzina – Satana il tuo persecutore, a risentirci, ciao”.

Ovviamente, nulla a che vedere con sette sataniche e oltretomba. Secondo i carabinieri della compagnia di Tricase, comandati dall’allora capitano Nicola Candido (da qualche anno promosso maggiore e alla guida del Noe di Lecce), la vicenda toccava affari molto più “terreni”. Le indagini s’indirizzarono, infatti, quasi subito verso Pizzolante, il quale, a loro avviso, avvalendosi di Raona e di una terza persona, avrebbero cercato d’intimidire gli amministratori per ottenere un permesso di costruzione in sanatoria riguardante la tettoia di un chiosco bar nella marina di Gagliano del Capo. Un chiosco, va sottolineato, riconducibile proprio a Pizzolante.

Per sortire gli effetti sperati, incutendo un timore crescente, dopo lettere e messaggi comparvero anche pesanti scritte sui muri delle abitazioni dell’assessore Romano. “Bella casa vita e una morte assicurata” e ancora “per te solo un rimedio, la morte”. In calce, una firma: “C.21”.

PIZZOLANTE ANTONIO.-3L’avvertimento più macabro e disgustoso, però, lo subì il sindaco Buccoliero che sulla tomba di famiglia vide materializzarsi una stella a cinque punte racchiusa da un cerchio (il classico pentacolo, simbolo in origine magico e risalente al paganesimo, poi divenuto di accezione negativa quando adottato dai satanisti), ma anche cinque punti disposti a croce, a riecheggiare la Sacra corona unita. Immancabili, poi, le solite scritte: “Tu morirai lo stesso”, “Noi comandiamo” “Satana”, “Sindaco morirai”, “Scu”, e pure qualcun’altra dal tenore più volgare. Anche qui la firma “C.21” .

RAONA DONATELLO.-3La firma era un vero e proprio marchio di fabbrica, se così si può dire. Il marchio che tradì Raona in primis e aprì la strada verso la chiusura del cerchio. Era, infatti, la firma dell’esecutore materiale degli atti intimidatori. Durante una perquisizione in casa sua, infatti, fu trovato un registro con la scritta “Agenda degli appunti: R. Donatello c.21”. La sigla stava per corona 21, cioè il numero di reati commessi dal giovane sino a quel momento. Incastrato, durante l’interrogatorio, confessò al magistrato di esser l’artefice di lettere e scritte, tutto su mandato di Pizzolante. Il compenso pattuito, 100 euro.

Tuttavia, le intimidazioni non terminarono subito. Tanto che, nonostante i servizi di vigilanza e prevenzione, qualche settimana dopo l’ultima minaccia, Raona e il terzo complice, sempre su mandato di Pizzolante, s’introdussero in casa di uno dei rivali dell’uomo, titolare di un bar di Gagliano del Capo, a suoi occhi reo di essere “amico” del sindaco e rubarono un aspirapolvere ed uno stereo, per poi appiccare il fuoco.

I tre furono arrestati nel giugno del 2008. Raona e l’altro giovane, però, fecero un passo indietro e, pur accollandosi gli addebiti, ritrattarono sul nome di Pizzolante in qualità di mandante, che pure avevano in prima istanza confermato. Ciò non tolse le prove a carico nel frattempo accumulate dagli investigatori e, nonostante i ricorsi in appello e Cassazione, tanto Raona, quanto Pizzolante, alla fine sono stati condannati con sentenza passata in giudicato.

C'è da dire, in conclusione, che né il satanismo, né la Scu hanno attinenza con la storia. I simboli negativi furono presi in prestito solo per rafforzare le intimidazioni. 

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