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Rigenerazione dei cordoni dunali, sì dal Tar. Si era opposta la Soprintendenza

Il progetto del Comune di Otranto per salvaguardare l'habitat in zona Alimini. Ma erano state imposte condizioni inapplicabili

LECCE – La prima sezione del Tar di Lecce (presidente ed estensore Antonio Pasca; consigliere Ettore Manca; referendario Silvio Giancaspro) ha accolto il ricorso proposto dall’avvocato Mauro Finocchito per conto del Comune di Otranto contro il parere negativo con cui la Soprintendenza aveva bloccato l’esecuzione del progetto di recupero degli habitat di interesse prioritario e comunitario degli Alimini.

Si tratta di zone particolarmente interessate da minacce di natura antropica, per cui s’intende agire attraverso il consolidamento e la ricostruzione dei cordoni dunali con interventi di ingegneria naturalistica. Obiettivo: migliorare il contesto paesaggistico, in particolare quello del litorale che ha origine in prossimità della foce a mare del lago Alimini grande e si sviluppa verso nord per una lunghezza di 1,5 chilometri e per una profondità di 50 metri dalla battigia. Estensione complessiva, circa 30mila metri quadri.

Il progetto prevede, tra l’altro, la rigenerazione della vegetazione dunale, la chiusura di alcuni varchi attraverso le dune tramite l’installazione di staccionate in pali di castagno e l’apposizione di palizzate a tutela del piede dei cordoni dunali dall’erosione. Tutti interventi finanziati dalla Regione Puglia con un contributo 285mila 667 euro valere sul programma operativo Fesr 2014-2020.

Fatto particolare, pur condividendo la filosofia di fondo degli interventi e gli obiettivi da raggiungere, come rimarcato anche dai giudici, la Soprintendenza si era in qualche modo opposta. In che modo? Imponendo, quali condizioni per rendere un parere favorevole, che analoghe opere fossero realizzate anche nei tratti costieri interessati da stabilimenti balneari e che, quindi, si potesse dare corso al progetto solo dopo averli smontati tutti.

Ritenendo tali condizioni irrealizzabili (una situazione che l’avvocato Finocchito ha definito kafkiana) e quindi impeditive della realizzazione del progetto naturalistico, il Comune di Otranto ha fatto ricorso contro le condizioni imposte. E il Tar l’ha accolto, ritenendo tali condizioni imposte dalla Soprintendenza viziate per una serie di circostanze.

Ovvero, per illegittimità, perché si dispone lo smontaggio delle strutture amovibili degli stabilimenti balneari sull’area interessata in aperta violazione dell’articolo 1 comma 246 della legge 145/2018, che sancisce il diritto al mantenimento delle strutture precarie in questione fino al 31 dicembre 2020; per impossibilità, perché lo smontaggio delle strutture balneari di cui trattasi non era nella disponibilità del Comune di Otranto, in quanto, anche a prescindere dalla vigenza della norma già citata, incidente su un fenomeno caratterizzato da notevole contenzioso in sede giurisdizionale, atteso che il mancato smontaggio delle strutture degli stabilimenti balneari risulta supportato da specifici provvedimenti giurisdizionali dello stesso Tar o del Consiglio di Stato, con i quali sono stati sospese nella loro efficacia le ingiunzioni alla rimozione delle stesse alla data del 31 ottobre.

Ancora, per illogicità macroscopica: perché l’estensione dell’attività prevista nel progetto di riqualificazione all’intera area integra, per i giudici, un evidente sconfinamento delle competenze attribuite alla Soprintendenza, atteso che tale condizione determina una modifica sostanziale del progetto così come proposto e finanziato, apparendo del tutto evidente che l’estensione sul territorio dell’attività di progetto risulti rapportata e condizionata dall’importo del finanziamento concesso e alla tempistica di novanta giorni stabilita nel disciplinare. La speranza del Comune di Otranto, ora, è che il progetto possa essere ultimato prima dell’estate prossima.

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