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Commemorazione civile, rituale tutto otrantino nella rigidità della formula

L'appuntamento che apre i festeggiamenti in onore dei Bb. Martiri continua a rappresentare, in tutte le sue contraddizioni, un momento di richiamo per la cittadinanza, nonostante sia un evento costantemente uguale a se stesso

OTRANTO - La tradizione si perpetua nelle cerimonie e nei rituali. E così la commemorazione civile, nella sera della vigilia della festa patronale di Otranto, continua ad essere l’appuntamento immancabile nelle celebrazioni in onore dei Bb. Martiri, nonostante la rigidità della sua formula. C’è chi ritiene che forse andrebbe rivista, perché anche le tradizioni si evolvono, e chi, invece, da “purista” reputa che così vada bene, nonostante, in fondo, sia un evento costantemente uguale a se stesso.

Dai relatori, (salvo rare eccezioni che hanno generato spesso veri e propri “casi”), alla corona sul Monumento, ai discorsi, alle autorità, all’attenzione dell’assemblea, passando dai contenuti, sempre più ripiegati su un aspetto di quel 1480, ossia la vicenda del martirio, e meno attenti, invece, alla narrazione di un popolo, che ha messo in campo tutto ciò che era in proprio potere, per difendere le mura della città. Si chiamerebbe “commemorazione civile”, appunto. Visioni diverse. Forse pareri, soltanto.

Ma la baracca va avanti. E almeno l’inno nazionale, le marcette, uniscono tutti in un solo sentimento di approvazione. Tutto fa brodo e si confonde col protocollo. Così come le foto dei turisti, che si chiedono cosa stia accadendo, ma apprezzano la banda. C’è pure l’animo artistico di chi usa il tablet, per ritrarre qualche soggetto interessante tra la platea e racchiuderlo in un bozzetto, da cui forse trarre ispirazione futura.

Alla fine della relazione, affidata quest’anno a Vittorio De Marco, docente di storia moderna e contemporanea all’Università degli studi del Salento, tutti sanno che la festa ha avuto inizio. E chi non ha potuto prendere parte alla commemorazione chiede solo se ci siano stati “imprevisti”. Uno, sì, la corrente che salta quando il sindaco inizia a parlare. Una tradizione nella tradizione.

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