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“Il naufragio”, memoria di una tragedia che non può essere dimenticata

Nella sala triangolare del castello aragonese di Otranto, ha preso il via la due giorni di incontri sul ventennale degli sbarchi dall'Albania: Alessandro Leogrande ha raccontato il dramma della Kates i Rades nel venerdì santo del 1997

OTRANTO - Una tragedia al centro dei racconti di “Approdi e naufragi. Raccontare l’esodo”, l’ultima manifestazione, in ordine di tempo, a commemorar, ad Otranto, il ventennale dagli sbarchi dalla vicina Albania. La storia principe della narrazione è quella della Kates i Rades, una motovedetta albanese, stracarica di immigrati, che, nel lontano 28 marzo del 1997, venne speronata da una corvetta della Marina militare italiana, colando a picco nel Canale d'Otranto.

A rammentare quell’episodio è l’autore e giornalista, Alessandro Leogrande, che nel suo “Il naufragio. Morte nel Mediterraneo” ritorna a quel dramma, consumatosi nella notte del venerdì santo del 1997: i superstiti sono solo 34, i morti 57, in gran parte donne e bambini, 24 corpi non sono mai stati ritrovati. Quella vicenda, come ha precisato nel suo intervento, nella sala triangolare del castello aragonese di Otranto, lo stesso Leogrande ha rappresentato “la più grande tragedia del mare prodotta dalle politiche di respingimento”.

Lo scrittore ricorda come in quei giorni di tensione e guerra civile in Albania, in Italia, anche tra le istituzioni, molti hanno alimentato il terrore dell'invasione, prospettando la necessità del blocco navale: così, tre giorni prima del naufragio, il governo italiano vara delle misure di controllo e pattugliamento nelle acque tra i due stati, che prevedono anche il ricorso a procedure di "harassment", ovvero "azioni cinematiche di disturbo e di interdizione".

Prima dello scontro, la Sibilla italiana insegue la Kater i Rades per un tempo piuttosto lungo. Il processo per accertare le responsabilità dell'accaduto, invece, appare persino infinito, con continui intralci, ostacoli e depistaggi sulle indagini. Alla fine, gli unici responsabili del disastro risultano essere il comandante della Sibilla e l'uomo al timone della Kater.

 Intanto in Albania, i sopravvissuti e i parenti delle vittime creano un comitato per ottenere giustizia. Alessandro Leogrande ha indagato a lungo sul naufragio del venerdì santo, incontrando i sopravvissuti e i parenti delle vittime, i militari, gli avvocati, gli attivisti delle associazioni antirazziste e ha girato per le città e i villaggi dell'Albania da cui sono partiti i migranti. Accanto a lui, nella sala del castello, lo scrittore e giornalista Rai, Raffaele Gorgoni, e Darien Levani, cronista albanese. L'autore, nato a Taranto nel 1977, è vicedirettore del mensile “Lo straniero” e collabora con “l'Unità”, “il Riformista”, “Il Corriere del Mezzogiorno”.

Al termine del dibattito, i “MARinARIA" hanno eseguito in versione acustica il brano inedito “Quattùrdici anni”, tristemente ispirato alla tragedia della Kater i Rades.

 

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