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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Patù

Afghanistan, bomba contro Lince: muore 23enne salentino

Un 23enne di Patù morto: il caporalmaggiore Marco Pedone. Altri tre i deceduti e un ferito. L'assalto dei guerriglieri questa mattina. Scortavano un'autocolonna di vari mezzi nella zona di Farah

LECCE - Il Capo di Leuca è una poesia di panorami selvaggi a picco sul mare. Marco Pedone ha fatto a tempo a salutare i posti in cui è cresciuto quando l'estate era ancora nel vivo, Ferragosto alle porte. Il periodo più bello, per chi nasce in una terra baciata dal sole. Il 12 agosto da Patù ha raggiunto Belluno. Il 16 era a Kabul. La prima missione. Non poteva sapere che due mesi dopo sarebbe morto in mezzo al nulla, scortando convogli che incedevano lenti nel deserto di una terra lontana anni luce dal resto del mondo. A 23 anni si è abbastanza adulti da fare scelte che segneranno la vita, ma si è ancora talmente giovani che i sogni hanno peso e forma. Magari una famiglia da creare, e poi, decine di viaggi ancora da fare, possibilmente senza imbracciare un fucile e marciare sotto il sole.

Ucciso insieme a quattro commilitoni, un altro ha rischiato la pelle con loro. Ucciso in una missione di pace. Quanto stridore con l'idea generale del concetto di pace. Ucciso da un nemico senza volto e senza nome, nascosto fra rocce e sabbia, l'etichetta di guerrigliero talebano stampata addosso ed un'idea radicalmente diversa della vita. Ucciso in una delle tante battaglie improvvisate in Afghanistan, di cui non giunge mai l'eco, se non trasportata dal vento di qualche lutto, a ricordare improvvisamente che lì ci sono ragazzi che hanno paura. Prima che cali anche l'ondata mediatica e si torni nell'oblio. E Marco nutriva timori. Le confidenze, fatte agli amici. E' diventato quello che non avrebbe mai voluto, un numero bagnato di sangue: trentaquattro i militari italiani morti nelle missioni all'estero, dal 2004.

Marco era caporalmaggiore degli alpini. Settimo reggimento di Belluno. Come Gianmarco Manca, 32enne, di Alghero, Sebastiano Ville, 27enne di Lentini, Francesco Vannozzi, 26enne di Pisa. Del gruppo che si trovava a bordo del blindato Lince, s'è salvato solo Luca Cornacchia, 31enne di Pescina, ferito ad un piede e con traumi da esplosione, trasportato all'ospedale di Delaram in elicottero. Dicono che si salverà. Il blindato "Lince" scortava insieme ad altri mezzi militari un'autocolonna. Circa settanta veicoli. Attraversavano il distretto del Gulistan, 200 chilometri ad est di Farah. Avevano trasportato materiale per la costruzione di una base avanzata. Chissà da quanto tempo, sulla colonna, erano puntati gli occhi dei terroristi. Il fragore dell'ordigno ha sorpreso tutti. La lancetta batteva sulle 9,45 locali. Le 7,15 italiane.

Il mezzo corazzato non ha resistito all'impatto dello Ied, sigla che sta indicare un "improvised explosive device", un ordigno esplosivo improvvisato. Roba artigianale, ma non meno potente di un ordigno uscito fuori da qualche fabbrica, e assemblato da mani esperte. Un metodo d'attacco tipico, in quelle zone. Prima la bomba, che crea scompiglio, distruzione, e i primi caduti. Poi, l'assalto armato. E così è stato anche questa volta. I guerriglieri sono usciti allo scoperto e sono volate nell'aria anche le pallottole. I soldati italiani sono però riusciti a mettere in fuga il drappello afghano. Ma i quattro commilitoni erano già morti. Un quinto, gravemente ferito.

Poi, la solita trafila. L'attesa, colma di paura, di tutti i genitori che hanno un figlio in missione, quando la notizia ha iniziato a fare il giro del web e dei telegiornali. "Speriamo non sia il mio". Lo sguardo preoccupato fuori dalla porta, sperando di non veder mai arrivare i carabinieri. Sospesi nel limbo di un'attesa estenuante, prima delle lacrime, o di un sospiro di sollievo. L'attesa dei nomi.

A metà mattinata, la conferma che Marco era nella lista di chi tornerà in una bara. Lunedì la salma dovrebbe essere a Roma. Sgomento, a Patù, piccola comunità dove la vita scorre talmente lontana dal trambusto dei grandi centri, che deve essere stata vista come un'invasione, l'arrivo di troupe e reporter da mezza Italia. Una piccola folla commossa si è radunata intorno all'abitazione della famiglia, al civico 10 di via Enrico Toti. Marco lascia i genitori e due sorelle maggiori. Lo conoscevano tutti, in paese, era anche attivo nel sociale. Il suo sorriso s'è spento in un attimo, in una delle tante esplosioni del deserto afghano. Il rimbombo di quello scoppio è arrivato fin qui, trascinato da una brezza di morte.

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