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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Gallipoli

Arresti, processi, condanne e assoluzioni: la storia criminale di "Tannatu"

A distanza di un quarto di secolo il nome di Marco Barba, 43 anni di Gallipoli, continua a riempire le cronache locali

LECCE – A distanza di un quarto di secolo il nome di Marco Barba, alias “Tannatu”, 43 anni di Gallipoli, continua a riempire le cronache locali. Anni contraddistinti da arresti, inchieste, accuse, processi, condanne e assoluzioni per uno dei volti che hanno segnato la storia criminale della città bella. Da sempre ritenuto uno degli esponenti del clan Padovano, Barba (fratello di Giuseppe), ha già scontato una lunga condanna, facendo parlare di sé anche per una breve collaborazione con la giustizia e un tentativo di suicidio.

La sua storia criminale inizia da ragazzino. Tannatu è stato accusato di aver fatto parte del gruppo di fuoco che, il lontano 13 agosto 1990, partecipò a uno dei tanti omicidi di mafia che in quegli anni insanguinavano la penisola salentina: quello di Carmine Greco. Nel 2012 Barba è stato assolto con formula piena, per non aver commesso il fatto, dai giudici del Tribunale per i minorenni di Lecce. A quell’epoca, infatti, l’imputato aveva poco meno di 18 anni. Poi, da sodale del clan, reati per estorsioni e traffico di sostanze stupefacenti.

A tirare in ballo il suo nome, per un altro omicidio misterioso, quello di Luigi Gatto, sono stati due collaboratori di giustizia, Giorgio Manis e Simone Caforio, che nel corso del processo per gli omicidi di Salvatore Padovano e Carmine Greco, raccontarono di aver appreso che fu Barba ad ammazzarlo per il mancato pagamento di una partita di droga, facendo sparire il cadavere in località Casette. Accuse respinte da Barba, che ha evidenziato come all’epoca dei fatti fosse detenuto.

Quello di Luigi Gatto resta uno dei grandi misteri insoluti della storia criminale salentina. Un caso di lupara bianca avvolto da un fitto alone di mistero e omertà. Era il 18 giugno del 1995, a Gallipoli in quei giorni si svolgevano i campionati del mondo di off-shore. Un evento cui parteciparono oltre 200mila persone, capace di attirare in riva allo Ionio emiri e faccendieri, personaggi come Gianni Agnelli e Luca Cordero di Montezemolo, oltre a Massimo D’Alema, uno di casa a Gallipoli, che nell’agosto del 1994 incontrò sulla terrazza del ristorante “Il bastione” il collega Rocco Buttiglione per discutere delle strategie per superare il governo Berlusconi. A rappresentare (con poca fortuna) il Salento nella competizione fu la barca "Città di Gallipoli”. Lo scafo condotto da Ninì Guacci dopo pochi giri ebbe un cedimento strutturale e affondò. Un presagio davvero funesto.

Gatto, in quell’afosa domenica di giugno, uscì di casa intorno alle 19. Indossava una maglietta, dei pantaloncini e ciabatte. Qualcuno lo vide salire a bordo di un’auto con altre due persone, poi svanì nel nulla. Le ricerche scattarono dopo 24 ore, ma di lui non si è saputo più nulla, il suo corpo non è mai stato ritrovato. L’uomo, ritenuto vicino al clan Padovano, era uscito indenne dal suo ultimo arresto, durante l’operazione Cristallo. Sembrava aver cambiato vita dopo aver ripreso a lavorare con il fratello sul peschereccio di famiglia.

Il nome di Luigi Gatto si incrocia a sua volta con un altro delitto insoluto, quello di Francois Greco, assassinato nelle campagne di Presicce l’1 aprile del 1989. Fu Giuseppe Barba, sentito nel corso del processo dell’omicidio Padovano, a indicare come esecutori materiali Rosario Padovano, il cugino Francesco Padovano, e Michele Scarcella detto “Michelaccio”. Rosario Padovano aveva puntato il dito contro il fratello Salvatore e Gatto, due morti che difficilmente avrebbero potuto difendersi dall’accusa. Pagine di un romanzo criminale che ha segnato la storia di Gallipoli, tra omicidi, politica, jet set e affari illeciti. 

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