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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Brindisi, indagini nella tensione. Grasso: "Strage con fine terroristico"

Giornata frenetica, sotto torchio per diverse ore due fratelli di mezza età, uno dei quali rintracciato nel pomeriggio, ma procuratori e polizia dicono: "Nessun indagato". Modificato il capo d'imputazione, l'inchiesta alla Dda

 

BRINDISI – Due fratelli di mezza età sotto torchio per ore, in questura, a Brindisi, ma nessun indizio evidente, nessun collegamento tanto nitido per pensare che potesse scattare un’incriminazione. Questo è stato il leit-motiv della giornata. Poi, intorno alle 20, un piccolo “colpo di scena”: una colonna di auto della polizia è uscita a gran velocità, facendosi largo tra la folla. L'ultima, però, andata via con uno scatto più rapido, pare che avesse a bordo un testimone. Ma il sospetto che fosse il killer, tra i presenti, è stato alimentato dall'atteggiamento del viaggiatore: raggomitolato sul sedile posteriore. Il volto blindato dalle sue stesse braccia. La folla, composta da giornalisti, fotografi, alcuni residenti, non ci ha visto più. Non si conoscono gli autori, ma la veemenza con la quale si sono scagliati alcuni è nota a tutti. Destinata a restare nella tragica iconografia di questa vicenda. "Bastardo". "Bastardo", gli hanno urlato.  Non è nota la destinazione, ma è plausibile che si stiano svolgendo alcune comparazioni rispetto a quanto eventualmente raccontato. La sensazione è che sarà un’altra lunga notte. Da qui ad avere certezze, però, ce ne passa.

br-2Certo è che gli inquirenti, in queste ore, procedono allo stesso tempo con forte dinamismo ed estrema cautela, seguono indizi che nascono da un identikit dai contorni non del tutto precisi, impressi nella videocamera di sorveglianza di un chiosco che sorge di fronte all’istituto professionale “Morvillo Falcone” di via Galanti. Un uomo dai capelli brizzolati, che giostrerebbe con un telecomando, con cui attivare a distanza il meccanismo che ha fatto saltare in aria tre bombole di gpl, collegate fra loro tramite un cavo.

L’ordigno, artigianale, singolare fin quasi a sfiorare il grottesco, eppure terribile, nella sua devastante potenza distruttiva, ha spezzato via in un istante i sogni di Melissa Bassi, 16enne, di Mesagne. Era un maledetto sabato mattina di metà maggio, iniziato come tanti altri, fra sbadigli e la routine di scooter scoppiettanti e zaini in spalla, trasformatosi in un incubo, quando le lancette dell’orologio si sono fermate sulle 7,45.

La vita di Vanessa Capodieci, anche lei mesagnese, coetanea, è ancora appesa a un filo. La sua lotta continua in un letto di ospedale, al “Vito Fazzi” di Lecce, dopo un difficile intervento all’addome al “Perrino” di Brindisi. Altre ragazze, in quell’attimo in cui l’aria è diventata torrida, hanno riportato ustioni e ferite nel fisico e nell’anima, queste ultime impossibili da rimarginare. Da allora, è stato un fiume in piena di notizie e smentite, un tornado difficile da gestire, per gli investigatori, per la stessa stampa. La città di Brindisi è diventata polo d’attrazione di tutta Italia, persino il terremoto che ha sconquassato Emilia-Romagna e Veneto, è quasi passato in sordina. 

 

Nessun indagato, clima teso

Non ci sono iscritti nel registro degli indagati della Procura brindisina, ma gli investigatori della squadra mobile continuano a setacciare il campo con perquisizioni e interrogatori. E per un uomo rilasciato in tarda serata, quella di ieri, dopo essere risultato estraneo a qualsiasi addebito, Copia (2) di 556869_419454758085508_129694710394849_1330730_325292957_n-2l'attenzione s’è spostata sui due fratelli. Per diverse ore non è stato chiaro se fosse veramente uno di loro l’uomo ricercato, tra i 50 ed i 55 anni, con giacca, camicia, pantaloni scuri, scarpe sportive, occhiali (qui, la foto concessa dal sito Brindisireport.it). Sembrerebbe di no, comunque, e che il loro alibi sia credibile. Gli investigatori, di certo, non possono lasciare nulla d’intentato, in un’inchiesta dalla delicatezza estrema e per la quale sono sorti anche attriti fra Procure, e devono verificare l’alibi di ogni singolo sospettato, ogni individuo che possa anche solo lontanamente ricordare quella fisionomia, che, in vari fotogrammi, ha fatto in un baleno il giro del pianeta, fra giornali e televisioni.

Le attenzioni, dunque, oggi, si sono rivolte verso un appartamento al terzo piano di un palazzo di piazza Tiepolo, nel rione Sant'Elia. Il possibile indiziato principale, in un primo momento irreperibile, è stato poi rintracciato in un altro quartiere cittadino, la Commenda, e condotto nel pomeriggio negli uffici della polizia, dove si trovava già da qualche ora il fratello. Il procuratore della Dda di Lecce, Cataldo Motta, ha però subito gettato acqua sul fuoco, forse anche per evitare altre sbavature nell’indagine, dopo le polemiche sorte per la diffusione del video, smentendo novità sostanziali nell'inchiesta.

Nella serata, gli stessi organi di polizia si sono riaffacciati, per confermare che non ci sono certezze. Nell'esasperazione generale, dovuta al vuoto informativo, il capo di gabinetto della questura di Brindisi, Anna Palmisano, in qualità di portavoce del questore di Brindisi, ha esortato i cronisti ad abbandonare il campo. “Nessun arrestato, nessun iscritto nel registro degli indagati. Lasciateci lavorare e non ostruite il viavai dei tanti poliziotti, delle persone ascoltate o, semplicemente, dei testimoni che raggiungono la questura per deporre i loro racconti”. Fine della storia. Anche questa notte, toccherà dormire sotto una claustrofobica coltre fatta di fitti dubbi, nella quale ci si era illusi di vedere uno squarcio.

 

Cambia l’imputazione: strage aggravata da finalità terroristiche

Tutto questo è avvenuto a margine di un’altra giornata di fuoco, iniziata in Prefettura, con il vertice per fare il punto sulla situazione. All'incontro hanno partecipato i ministri dell'Interno Anna Maria Cancellieri e della Giustizia Paola Severino, il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, i vertici delle forze dell'ordine con il capo della polizia, Antonio Manganelli, dei carabinieri Leonardo Gallitelli e della guardia di finanza, Nino Di Paolo. Con loro il procuratore capo di Brindisi Marco Di Napoli, il sostituto Milto Stefano Denozza, il procuratore capo di Lecce Cataldo Motta e gli investigatori che si stanno occupando del caso.

Nel frattempo, è cambiato il capo d'imputazione, non più “strage”, ma “strage aggravata dalla finalità di terrorismo”. “Tolta l'ipotesi del fine personale nei confronti delle vittime - ha spiegato a tal proposito il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso - non c'é dubbio che qualsiasi altra ipotesi ha un effetto di terrorismo, sia che venga fatto da un singolo isolato, sia da un pazzo, sia da un'organizzazione eversiva, dalla mafia o dalla Sacra corona unita. In ogni caso, l'effetto è terroristico, intimidatorio e questo produce la competenza della Procura distrettuale antimafia o di quella competente per atti di terrorismo”.  

Insomma, la palla è passata all’improvviso da Di Napoli a Motta. Fra i due vi erano state scintille, dopo la conferenza stampa convocata dal procuratore brindisino, che aveva reso dettagli sul video. Una tattica che non era piaciuta a Motta, nel timore che la divulgazione potesse porre un freno all’indagine, ancora piena di buchi.

 

Tante ipotesi, un movente sconosciuto

Foto 4_1-2A tal proposito, lo stesso Motta, pur non escludendo a priori una pista in qualche modo legata al mondo mafioso, anche oggi ha rilevato che “un gesto di questo genere non sembra riconducibile a organizzazioni locali, perché cercano il consenso, e questa strategia del consenso è più pagante di quella stragista”. Insomma, la Scu perderebbe terreno, provocando una carneficina per un puro spregio ai simboli dello stato, come il nome stesso impresso sulla targa dell’istituto, o perché era in procinto di passare nel capoluogo messapico la carovana antimafia. Risulterebbe poi anomala una simile procedura, qualora s’intendesse colpire, ad esempio, una singola persona, per una qualche forma di ritorsione. La tattica mafiosa, in questi casi, è tanto semplice, quanto collaudata: moto rubata, casco integrale, pistola e agguato in mezzo alla via. Più facile centrare l’obiettivo, evitando al minimo la possibilità di sbagliare bersaglio.   

Allo stesso modo, anche la pista che conduce alla matrice terroristica vera e propria, al di là dell’imputazione formulata da Grasso, non sembrerebbe credibile: troppo basso il profilo, e, per considerazioni analoghe per quanto già fatto con la Scu, un’organizzazione di un certo rilievo farebbe terra bruciata attorno a sé e non attirerebbe mai alcuna simpatia, di fronte alla morte di ragazzi innocenti. Senza dimenticare che gli investigatori sanno bene come esponenti della criminalità organizzata o del terrorismo, sappiano procurarsi esplosivo, per le loro “imprese”.

Ciò non toglie una certa aura “eversiva” alla vicenda, e l’ha spiegato bene proprio il procuratore nazionale antimafia, riformulando l’imputazione: è il terrore stesso, la radice di tutto, prima ancora della ragione del gesto. Poi, tutto è possibile e in quel vasto terreno su cui nascono e muoiono le più svariate ipotesi, ci si può soltanto sbizzarrire. Potrebbe essere il gesto di uno o più sconsiderati, in nome di un ideologismo distorto, pronti ad agire dopo aver studiato la costruzione di uno "ied" (improvised explosive device), ma senza avere alle spalle reali sigle di riferimento. Come potrebbe essere, semplicemente, il frutto della follia, senza un reale movente. La storia umana è puntellata di assurdità.

 

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