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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

La casa a "luci rosse"? Affittata alle prostitute da magistrato e moglie

Lui è un cassazionista a Roma, lei poliziotta in pensione. L'indagine della squadra mobile. L'appartamento nel centro di Lecce. Esercitavano due rumene

LECCE – Pacchetto completo, tutto incluso. Ma troppo "bed" e poco "breakfast". In realtà si trattava di una casa a luci rosse di alto livello, che comprendeva non soltanto ragazze - molto belle e giovani -  e prestazioni sessuali di ogni tipo. Il tutto mimetizzato, nella costellazione degli annunci internet, come “Casa vacanza Lauretta”.

Ma nei “servizi” offerti dalla “spa del sesso”, vi era anche la navetta da e per l’aeroporto di Brindisi e un parcheggio condominiale per tutelare la privacy dei clienti. Ma l’aspetto che desta maggiore inquietudine è che, a gestire la casa d’appuntamenti fossero un magistrato 58enne leccese, cassazionista a Roma, e sua moglie, una poliziotta in pensione. Avevano praticamente diviso in due ambienti l’abitazione, ricavandone una sorta di suite. A vigilare sul portone di ingresso principale, una videocamera mai consentita dagli altri abitanti del palazzo. Ma, intorno alle 7 e mezzo di questa mattina, gli agenti della squadra mobile hanno eseguito un sequestro preventivo in un’ala dell’appartamento della coppia nel centro di Lecce, a pochi metri da piazza Mazzini. IMG_4265-5

Il provvedimento è stato disposto dal gip Vincenzo Brancato, su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica, Maria Vallefuoco, dopo circa due mesi di indagini che proseguiranno anche in futuro, sotto il coordinamento della dirigente della squadra mobile, il vicequestore aggiunto Sabrina Manzone. Nello stabile in questione diverse ragazze, fortunatamente non minorenni, si prostituivano a turno prendendo in affitto le stanze della casa per un canone di circa 350 euro a vano. Ambienti che venivano affittati non una sola “volta”, ma in base all’occorrenza.

Spia del fatto che il proprietario non potesse non essere a conoscenza del “business” illegale del gruppo. Il gruppo di cittadine straniere, soprattutto di nazionalità romena, brasiliana e venezuelana, era organizzato all’interno dell’appartamento anche con la spesa di generi alimentari e con i turni di pulizia. Un affitto con tariffe ben oltre quelle consentite dal mercato e prive di registrazione del contratto o di ricevuta di pagamento. Quel viavai continuo di clienti e ragazze straniere, prelevate anche dall’aeroporto dallo stesso indagato, ha insospettito i condomini. Sono numerose, infatti, le segnalazioni giunte in questura negli ultimi tempi.

A conferma dei sospetti, quei numerosi portali web che riportavano la casa vacanze, ma con alcune foto osé delle stesse donne, e persino piccanti descrizioni delle varianti delle prestazioni sessuali: orale, a tre, tradizionale. Insomma, per tutti i gusti. Davanti a quelle lamentele da parte dei residenti, sono stati avviati appostamenti nei pressi della palazzina, confermando di fatto quell’avvicendarsi di “fruitori”, nel giro di alcune decine di minuti. Due di loro sono stati fermati, per essere ascoltati. Interrogati dagli agenti, i clienti hanno confermato di aver appena consumato un rapporto all’interno dell’appartamento indicato, con una delle giovani donne il cui numero di telefono era rintracciabile sul sito di incontri online “Bakekaincontri”.

A quel punto, gli investigatori sono passati in azione: hanno atteso l’ennesimo cliente, pedinandolo fino all’abitazione al primo piano. Ad aprirgli la porta, una donna (s)vestita soltanto con reggiseno e slip: è stato in quel momento che i poliziotti hanno esibito il tesserino e sono entrati per una perquisizione. Dentro all’appartamento, tre giovani di nazionalità romena, una delle quali nel pieno di una prestazione con un cliente. Sono stati tutti immediatamente identificati. La casa era stata strutturata in maniera inequivocabile per esercitare la prostituzione: all’interno dei cassetti, confezioni di profilattici, flaconi di lubrificante intimo, salviette e rotoli di carta assorbente. Collegata a quelle stanze, tramite una porta interna, l’abitazione del magistrato, titolare dell’edificio e ora iscritto nel registro degli indagati.

Stando a quanto accertato dalla polizia, il giudice e la coniuge erano a conoscenza dell’attività in corso: primo perché le due porzioni di edificio condividevano il terrazzo per stendere i pann;, secondo perché i recapiti della coppia indagata, oltre a quello della loro collaboratrice domestica, erano gli unici di cui disponevano le ragazze. Il fatto che la coppia fosse al corrente, inoltre, è anche supportata da un altro elemento: le stesse dichiarazioni rese dalle prostitute agli inquirenti. Nel puzzle di racconti archiviato dagli agenti, infatti,  vi sarebbe un altro dettaglio: appena ieri, il magistrato leccese si sarebbe recato nell’altra ala dell’immobile per consegnare alle donne i detersivi per l’igiene della casa. In quell’occasione, inoltre, il giudice avrebbe anche avvisato le ragazze straniere che nei prossimi giorni sarebbero anche giunte altre donne con cui condividere le stanze. Un indizio eloquente di consapevoezza che non è sfuggito agli investigatori.

Al quadro indiziario si somma anche il fatto che nessuna insegna sia stata mai affissa all’esterno per indicare il bed and breakfast. Né è giunta, agli uffici della questura, la comunicazione obbligatoria sulle ospiti della finta struttura ricettiva. Inoltre, l’indagato è stato notato in più occasioni, all’interno dell’ascensore, mentre accompagnava al primo piano le giovani straniere, portando loro persino i bagagli. E la galanteria, in questo caso, c'entra ben poco.

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