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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Vernole

Destituita dalla polizia stradale: la partita sulla divisa al Consiglio di Stato

Anna Maria Petrelli, di Vernole, assistente di polizia, è fra coloro finiti a processo cinque anni addietro dopo le indagini per concussione e fra coloro che ritiene di poter dimostrare la propria estraneità ai fatti per cui dieci patteggiarono. Ma intanto, c'è la contesa sul piano amministrativo

LECCE – La partita si giocherà davanti al Consiglio di Stato sulla possibilità che Anna Maria Petrelli, di Vernole, assistente di polizia, possa tornare a indossare la divisa. La donna è fra i vari agenti imputati nel marzo del 2010 per concussione in seguito a una nota indagine della Procura sulla polizia stradale di Lecce.

In dieci andarono al patteggiamento e altri sedici furono rinviati a giudizio. Secondo le ipotesi accusatorie, avrebbero omesso di controllare gli autotrasportatori in cambio di denaro e altri omaggi. Una vicenda che a suo tempo provocò un vero e proprio terremoto all’interno della Polstrada salentina.

Anna Maria Petrelli, peraltro fra quelli che avevano ricevuto un provvedimento di custodia cautelare, è fra coloro i quali sono finiti a processo e anche fra chi ritiene di poter dimostrare la propria estraneità ai fatti, nel corso del dibattimento.

Al momento, dopo tanti anni, non si è ancora arrivati nemmeno a una sentenza di primo grado, ma intanto per lei è scattato in seguito anche un provvedimento di destituzione del ministero dell’Interno, dopo il test per il reintegro che l’ha riconosciuta idonea sotto il profilo psico-fisico, ma non attitudinale.

Anna Maria Petrelli, difesa dall’avvocato Luigi Doria s’è appellata al Tar. I giudici amministrativi, con un recente pronunciamento, hanno ritenuto in parte fondato il ricorso, in buona sostanza indirizzandosi verso un reintegro, ma con la possibilità che la donna possa far parte del personale civile dipendente dal ministero dell’Interno, e non di quello in divisa, quindi “sul campo”, con mansioni operative.

Il ministero e la stessa ricorrente si sono però rivolti al Consiglio di Stato. Entrambi, secondo i punti di vista, intendono vedersi riconosciute le proprie ragioni al 100 per cento. 

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