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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Casarano

Furto di rame, in tre patteggiano e sconteranno la pena col lavoro di pubblica utilità

Emessa la sentenza per i tre uomini di Casarano sorpresi, il 4 ottobre scorso, a rubare nel deposito di un’azienda a Lequile. Svolgeranno attività di volontariato in una diocesi

CASARANO - Hanno patteggiato un anno di reclusione, con la possibilità di scontare la pena svolgendo attività di volontariato in una diocesi, i tre uomini di Casarano finiti ai domiciliari il 4 ottobre scorso per il furto di rame nel deposito di un’azienda vitivinicola, nei dintorni di Lequile. Si tratta di Alessio Ciriolo, di 32 anni, del suocero Quintino Causio, di 59, e di Tommaso Stefano, il 52enne che nel tentativo di sfuggire alle forze dell’ordine  cadde in un pozzo profondo circa 4 metri e fu trasportato in ospedale (qui, la notizia).
La sentenza è stata emessa nei giorni scorsi dalla giudice del tribunale di Lecce Chiara Panico, dinanzi alla quale, due giorni dopo gli arresti si era aperto il processo per direttissima, durante il quale la difesa, rappresentata dagli avvocati Attilio De Marco e Luca Puce, aveva chiesto di concordare (su parere favorevole del pubblico ministero) la condanna al lavoro di pubblica utilità sostitutivo (ora consentito dalla legge Cartabia anche per questo genere di reati). 
Ottenuta l’approvazione della giudice, i tre sono tornati in libertà ma dovranno rispettare le prescrizioni messe nero su bianco nella sentenza che riguardano non solo lo svolgimento effettivo del lavoro (da un minimo di 6 a un massimo di 15 ore a settimana, per un totale di 730 ore) ma anche il divieto di lasciare la Puglia, di frequentare pregiudicati o comunque persone che possano esporli al rischio di commissione di reati, di detenere armi, munizioni, esplosivi.
Durante l’interrogatorio di convalida, Ciriolo ammise gli addebiti, spiegando di aver agito mosso dalla disperazione, avendo un lavoro saltuario e una famiglia da sfamare. Causio confermò queste circostanze, dichiarando di essere intervenuto con l’intenzione di aiutare il genero.
Ad allertare i carabinieri, fu una segnalazione anonima: quando il personale della sezione radiomobile arrivò sul posto, avendo notato luci di torce elettriche all’interno di un capannone, si introdusse all’interno, sorprendendo un gruppo di quattro persone impegnato a recidere cavi elettrici in rame della lunghezza di oltre 100 metri.
Questi alla vista dei militari tentarono invano la fuga ma solo uno riuscì a farla franca. 
 

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