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Cronaca

Il procuratore Cataldo Motta verso l'addio dalla magistratura, nessuna proroga

Slittano i pensionamenti soltanto per i vertici della Suprema Corte, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti

LECCE – Quel pasticciaccio brutto del Consiglio dei ministri. Sembra ormai davvero remota la possibilità di vedere il procuratore Cataldo Motta in servizio anche il prossimo anno. Il governo presieduto da Matteo Renzi, infatti, ha approvato per decreto (quindi con carattere di urgenza) il 30 agosto una proroga dei pensionamenti solo per i magistrati ai vertici della Suprema Corte, del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e dell’Avvocatura dello Stato. Un provvedimento che ha già trovato la forte opposizione dell’Associazione nazionale magistrati, che ha definito la norma “viziata da profili di illegittimità costituzionale” perché “produce chiare situazioni di disparità di trattamento”. L’Anm, invece, aveva chiesto al governo di portare la pensione a 72 anni per tutti i magistrati. Una richiesta che il governo non sembra voler prendere in considerazione.

Per Motta, dunque, la fine della lunga e proficua carriera da magistrato sembra essere fissata al prossimo 31 dicembre. Di sicuro avrebbe lasciato l’incarico di procuratore della Repubblica. La legge di riforma dell’ordinamento giudiziario ha infatti introdotto la temporaneità degli incarichi direttivi: “Le funzioni direttive hanno natura temporanea e sono conferite per la durata di quattro anni, al termine dei quali il magistrato può essere confermato, per altri quattro anni”. I due mandati scadranno a dicembre prossimo (era il 2008 quando subentrò a Rosario Colonna). La sua grande dedizione al lavoro e per quella toga onorata per quasi mezzo secolo, lo avrebbe portato con ogni probabilità ad accettare il ruolo di sostituto procuratore.

Cataldo Motta, una vita trascorsa in magistratura e in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, lascia di sicuro un’eredità difficile da colmare. Protagonista dei due maxi-processi contro la Scu, nelle vesti di pubblico ministero, si è sempre prodigato affinché alla Sacra corona unita fosse riconosciuto lo status di associazione mafiosa. Una “battaglia” in cui si è avvalso della collaborazione dei tanti boss che hanno deciso di ingigantire la schiera dei collaboratori di giustizia, soprattutto dopo le dure condanne inflitte nel primo maxi processo. Un uomo che ha scritto la storia della magistratura leccese e che in quarant’anni spesi al servizio dello Stato è diventato simbolo di legalità e giustizia.

Tra i possibili sostituti Leonardo De Castris, procuratore di Foggia dal 2013; Marco Di Napoli, procuratore di Brindisi; Antonio De Donno, procuratore aggiunto a Lecce; e altri ancora. 

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