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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca

Tentò di entrare dal pc in un atto della giunta camerale, assolto ex dirigente

Un funzionario in pensione della Camera di commercio rischiava la condanna a un anno. Per la difesa, una richiesta di accesso respinta a una cartella di Google Drive non è come l'azione di un hacker

LECCE – Assolto perché il fatto non sussiste. Le motivazioni saranno pubblicate entro novanta giorni, ma è presumibile fin da ora che la linea difensiva, rappresentata dagli avvocati Roberto Rella e Federico Martella, si sia dimostrata più che ragionevole. E che quindi abbia convinto il giudice monocratico Domenico Greco della prima sezione penale del tribunale di Lecce ad assolvere l’imputato.

A rischiare una condanna a un anno era un noto professionista salentino, ex funzionario della Camera di commercio di Lecce. Si tratta di Antonio Rocco Seclì, 71enne. All’uomo, oggi in pensione e residente a Galatina, era stato contestato il reato di tentato accesso abusivo a un sistema informatico o telematico.

Tutto era nato da una denuncia presentata in procura dai vertici della stessa Camera di commercio, che nel processo si era costituita parte civile con l’avvocato Paolo Spalluto. E il sostituto procuratore Donatina Buffelli aveva aperto un fascicolo, per poi richiedere, e ottenere, il rinvio a giudizio di Seclì.

Al professionista, in sostanza, era stato contestato il tentativo di introdursi nella piattaforma informatica dell’ente di viale Gallipoli, all’epoca presieduto dall’imprenditore leccese Alfredo Prete, per accedere a una cartella di lavoro riguardante la giunta camerale del 15 gennaio del 2016.

La difesa, nel corso del dibattimento, ha sostenuto che non potesse essere paragonata una richiesta di accesso semplice a un’azione di vero e proprio hackeraggio, che ha connotazioni offensive. Seclì aveva solo provato a visualizzare con il suo stesso account una cartella di Google Drive, per essere respinto dal sistema, in quanto non appartenente alla cerchia di persone che potevano avervi accesso. Una richiesta rimasta, quindi, inevasa e per gli avvocati difensori, che alla fine l’hanno spuntata, nulla di penalmente rilevante.  

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