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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Nardò

Morì a 47 anni mentre raccoglieva pomodori, annullati 14 anni e mezzo di reclusione

Assolto in Appello per non aver commesso il fatto l'uomo accusato di caporalato. Rispondeva di riduzione in schiavitù e omicidio colposo in concorso con l'imprenditore ritenuto il datore di lavoro della vittima, ma che nel frattempo è deceduto

NARDO' - Qualcuno ebbe delle responsabilità sulla morte del 47enne Abdullah Mohammed, avvenuta il 20 luglio del 2015, mentre raccoglieva pomodori sotto il sole cocente in località Pittuini, a Nardò, ma non sono attribuibili a Mohamed Elsalih, 42enne originario del Sudan, accusato di essere il caporale, colui il quale avrebbe reclutato gli immigrati e si sarebbe occupato del loro trasporto nelle campagne. E' quanto si evince dal verdetto emesso oggi dalla Corte d’Assise d’appello che ha ribaltato quello di primo grado, assolvendo l’uomo con formula piena "per non aver commesso il fatto".

Annullati quindi i 14 anni e mezzo di reclusione inflitti il 24 novembre del 2022. Uguale pena fu comminata per gli stessi reati, riduzione in schiavitù e omicidio colposo, a Giuseppe Mariano detto “Pippi”, 83 anni, originario di Scorrano, residente a Porto Cesareo, ritenuto a capo dell’azienda agricola, la cui posizione fu poi stralciata in Appello, essendo nel frattempo deceduto.

Le motivazioni della Corte composta dalla presidente Tesera Liurni, dal collega Giuseppe Biondi e dai giudici popolari, saranno rese note nei prossimi trenta giorni, ma di certo alla luce della decisione sono risultate fondamentali le argomentazioni degli avvocati difensori Giuseppe Sessa e Ivana Quarta che hanno cercato di dimostrare, anche documentalmente, come l’unica mansione svolta dal 42enne fosse stata quella di conteggiare i cassoni già riempiti da altri. Il suo ruolo, insomma, non sarebbe stato decisionale, poiché avrebbe preso ordini dal titolare, allo stesso modo degli altri, e quindi non sarebbe spettato a lui occuparsi delle misure di sicurezza sul luogo di lavoro.

Secondo le indagini condotte dalla sostituta procuratrice Paola Guglielmi, il decesso poteva essere evitato perché la vittima soffriva di una grave forma di polmonite che avrebbe potuto e dovuto essere riscontrata.

Invece, la malattia, a causa delle temperature elevate e dello sforzo fisico, avrebbe preso il sopravvento tanto da togliergli la vita, stando agli accertamenti svolti in seguito dal medico legale Alberto Tortorella.

La morte di Abdullah Mohammed che non aveva un contratto e non fu mai sottoposto a una visita medica, puntò i riflettori sulla vita nei campi, su tanti lavoratori stranieri sfruttati, costretti a lavorare anche 10-12 ore al giorno, anche in condizioni atmosferiche e climatiche usuranti,  per massimo 50 euro, spesso in nero, senza pause, senza riposo settimanale.

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