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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

"Oltre il diritto di cronaca, dimenticandosi di Sarah"

Paola Laforgia, presidente dell'Ordine dei giornalisti pugliesi: "M'è sembrato che il sistema dell'informazione abbia messo in secondo piano la vera vittima di questa tragedia". Credibilità a rischio?

BARI - Si svolgerà domani mattina a Bari, nella sede dell'Ordine dei giornalisti di Puglia, il consiglio straordinario sul caso di Sarah Scazzi, la quindicenne di Avetrana vittima di un efferato delitto rispetto al quale la magistratura è ancora alla ricerca della definitiva quadratura del cerchio.

Dopo oltre tre mesi di attenzione morbosa, l'interesse per la vicenda pare andare scemando lasciando spazio ad una serie di interrogativi, molti dei quali attinenti alla deontologia professionale nel giornalismo italiano. Alla vigilia del consiglio abbiamo intervistato la presidente Paola Laforgia.

Presidente Laforgia, perché ha deciso di convocare una riunione urgente del consiglio dell'Ordine sul caso Scazzi?

"Perché da un certo punto in poi l'attenzione mediatica su questo caso è degenerata in una eccessiva spettacolarizzazione che ha superato il limite del diritto di cronaca, sforando in un ambito che è quello della ricerca esasperata dell'audience. In molti casi sono stati illustrati particolari raccapriccianti o ci si è soffermati su dettagli che nulla hanno aggiunto alle cronaca di questo caso drammatico, ma hanno semmai alimentato curiosità morbose. Questo atteggiamento ha anche suscitato l'indignazione di molti cittadini e di parte del mondo dell'informazione. Credo che, per la categoria, riflettere su tali questioni sia un fatto ineludibile".

La morbosità che questa vicenda ha generato in una parte dell'opinione pubblica è stata intercettata da una parte del mondo dell'informazione con estrema disinvoltura. Quali sono i limiti oltre i quali non ci si può spingere?

"I limiti sono quelli del rispetto delle persone, della loro dignità, da vive o da morte. Ma anche il rispetto per i cittadini che ci leggono e che ci ascoltano in televisione, soprattutto di quelli più piccoli e vulnerabili, come i bambini e gli adolescenti che per quasi due mesi sono stati bombardati ininterrottamente a tutte le ore del giorno (anche quelle pomeridiane) da servizi ma anche da docu-fiction che hanno ricostruito la decine di volte e in modo ossessivo, e quando ormai tutto era già stato detto, l'orrore di Avetrana".

Lei ha accennato ad un mercato parallelo di informazioni e documenti alimentato dalla fame di dettagli, spesso inutili e ininfluenti, con il quale i talk show, per esempio, si sfidano a colpi di audience. Di cosa si tratta nello specifico?

"Su questo sono in corso inchieste da parte della procura di Taranto e quindi bisogna attendere il lavoro degli inquirenti. Si parla di persone che hanno chiesto denaro per la pubblicazione di foto dell'interno del garage dove e' stata uccisa Sarah, o di soldi offerti da trasmissioni televisive ai protagonisti di questa vicenda, parenti avvocati o amici, per partecipare alle numerose dirette".

L'Ordine potrebbe adottare delle sanzioni contro chi ha agito in violazione della deontologia? E di che tipo?

"Eventuali sanzioni saranno valutate nel caso si decida di aprire procedimenti disciplinari. Di certo la vicenda ha confini molto più ampi della Puglia perché se ne sono occupate tutte le testate nazionali e colleghi inviati da ogni parte d'Italia. Più che le sanzioni io auspico una riflessione seria da parte di tutti i giornalisti e gli organismi di categoria".

Presidente, come donna prima ancora che come giornalista, quale è il bilancio umano e professionale che trae da questa storia, che tra l'altro sembra ben lungi dal concludersi?

"Il bilancio è triste: innanzitutto perché una persona innocente e indifesa, ancora una volta una ragazzina, è stata uccisa dalle persone che le erano più care, di cui si fidava e che avrebbero dovuto proteggerla. E poi perché, a volte, mi è sembrato che tutto il sistema dell'informazione abbia messo in secondo piano la vera vittima di questa tragedia per mantenere alta l'attenzione e attrarre telespettatori e lettori anche quando non c'era notizia, presentando ipotesi e ricostruzioni fantasiose come notizie vere, interviste a una mamma distrutta dal dolore come scoop, senza riguardo per la sofferenza dei protagonisti di questa storia ma anche per i cittadini che, in molti casi hanno cominciato ad indignarsi. Il rischio da evitare è che, alla fine, venga messa a rischio la credibilità dei giornalisti che è un bene primario non tanto per la categoria, quanto per la nostra democrazia".

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